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Dal calendario delle stazioni capitolari della collegiata di Bormio sappiamo che già nel 1402 esisteva la chiesa di S. Maria di Piatta, poi dedicata a S. Anna. Nel 1675 Piatta non aveva ancora un sacerdote residente, ma era servita da un canonico del capitolo di Bormio e per tale motivo si determinò la costruzione di una abitazione per il beneficiale. Divenne vicecura con decreto del 29 settembre 1718 e fu eretta in parrocchia, con smembramento da Bormio, dal vescovo Pietro Carsana il 17 novembre 1886. L'antica chiesa medioevale fu rifatta nel 1797 e l'attuale chiesa parrocchiale fu costruita, non nello stesso luogo della prima, fra il 1926 e il 1930.

Riferimenti bibliografici

"La Valtellina negli atti della visita pastorale diocesana di Feliciano Ninguarda...", p.144.

BOZZI, Piccola.


C'era una volta ...
LA PARROCCHIA DI PIATTA
Curiosità,fatti e storie tratte
dall'Archivio Parrocchiale
dal 1700 fino ai giorni nostri
"Libro"
Battesimi, Matrimoni, Defunti
e Stato d'Anime della Chiesa
conparrocchiale
S.Maria delle Grazie
e anche dei Cresimati della
Onorata Contrada di Piatta.


Partendo dall'anno di acquisita salvezza
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La prima parte di questo registro contiene la descrizione di tutti i battesimi dei bambini di Piatta che si sono accostati al sacramento o nella stessa Chiesa di S.Maria delle Grazie di Piatta oppure nella Chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio del Borgo di Bormio, poiché la Parrocchia vera e propria sarebbe nata molto più tardi negli anni.
Il primo battesimo registrato a Piatta venne così descritto:  Anno 1700. Io Pietro Antonio de Fogarolis Teologo della Chiesa Collegiata dei S.S. Gervasio e Protasio di Bormio ho battezzato a Piatta il giorno 19 settembre un infante nato da Antonio figlio di Luigi Mottini e da Barbara Turcata (Turcatti) legittimi coniugi a cui fu imposto il nome di Giuseppe. Padrini furono Giovanni Mastella e Giacomina moglie di Giovanni Giacomo Turcatti entrambi di Piatta.
I nomi dei sacerdoti che battezzarono a Piatta tra il 1700 ed il 1721, ma con la residenza a Bormio e non presso la nostra parrocchia vengono di seguito elencati:

Canonico: Carlo Giuseppe Simon (De' Simoni)
Canonico: Pietro Antonio de Fogarolis
Canonico: Pietro Andrea de Casularis
Arciprete e Vicario Foraneo di Bormio: Antonio Zuccola

Queste sono alcune tra le tante curiosità che verranno tratte dal "Libro"presentandole all'attenzione di quanti credono opportuno conoscere, magari scoprire soltanto oggi, come è nata la nostra parrocchia e come hanno vissuto in paese le generazioni dei nostri "Progenitori", prima di noi.

Il primo vice parroco che, probabilmente, inizia a risiedere a Piatta fu Giovan Battista Facinus (Fazzini) che firma il suo primo atto di battesimo il 28 agosto 1721.

Dagli scritti del tempo trovati risulta che:
Nel 1717 Piatta era vice-cura della Parrocchia di Bormio e, quindi, i canonici spirituali che qui prestavano la loro opera erano chiamati vice-parroci, anche se risiedevano in paese.
Il 17 novembre 1886 diventa, invece, Parrocchia con territorio smembrato da Bormio e, quindi, con un proprio parroco.
Di seguito forniremo i nomi di tutti i sacerdoti che hanno prestato servizio a Piatta dal 1718 in poi.

Giovan Battista Fazzini di Morignone 1718 - 1737
  Giovan Pietro Lazzeri di Isolaccia 1738 - 1755
  Carlo Zanoli  di Isolaccia 1755 - 1777
  G.Pietro Maria Zanoli di Isolaccia 1778 - 1780
  Bartolomeo Silvestri di Livigno 1780 - 1787
6°  Gianantonio Giacomelli di Isolaccia 1788 - 1795
  Rocco Silvestri di Livigno 1795 - 1797
  Gianalberto Raisoni di Livigno 1797 - 1799
  Giovan Battista Simoni (in qualità di economo - canonico di Bormio) 1799 - 1801
10°  Cristoforo Santelli di Oga 1801 - 1807
11° Giacomantonio Secchi di Oga 1807 - 1821
12°  Filippo Nesini

(in qualità di economo - canonico di Bormio)

1821 - 1822
13°  Gianbattista Pietrogiovanna di Bormio   1822 - 1836
14°  Giacomo Galli   di Livigno 1836 - 1842
15°   Cristoforo Gasperi di Oga   1842 - 1881
16°   Bartolomeo Ambrosini 

(in qualità di economo - canonico di Bormio)

  1881 - 1883
17°  Antonio Bradanini (in qualità di economo - canonico di Bormio) 1883 - 1884
18°  Antonio Lazzeri  di Semogo 1884 - 1895
morto in giovane età per causa imprecisata e sepolto nel cimitero di Piatta, dove a tutt'oggi, è visibile la lapide a memoria. (Pianto da tutta la popolazione, sembra essere deceduto in seguito allo spavento e conseguente malore improvviso, dopo un agguato tesogli uscendo dalla Valfurva, dopo che ebbe prestato un servizio liturgico)
19°   Protasio Sosio

(rettore di S.Ignazio in Bormio- in qualità di economo)

1895 - 1896
20° Ignazio Andreola  di Valfurva 1896 - 1902
21° Angelo Rossatti di Mazzo V.   1902 - 1905
22° Luigi Rodigari di Piazza   1905 - 1923

dal 1912 al 1923 si sono succeduti dei canonici in qualità di economi spirituali:  
Giuseppe Urbani di Pedenosso  
Bortolo Mazza
Gervasio Sosio (rettore di S.Ignazio)  
Luigi Guglielmetti
Michele Molinari  di Tirano
Vincenzo Conti  di Milano  

23°  Luigi Sertorio di Livigno    1923 - 1932

fu colui che iniziò la costruzione dell'attuale

Chiesa Parrocchiale di S.Anna. 

Natale  Martinelli di Isolaccia

Amedeo Acerboni di Milano  

24° Stefano Armanasco di Tovo 1932 - 1938
25°  Giovan Battista Peri di Livigno   1938 - 1952
26° Gian Luigi Gatti (in qualità di economo - canonico di Bormio) 1952 - 1953
27°  Giuseppe Valgoi di Semogo   1953 - 1979
28° Angelo Bianchi

(prima come aiuto a Don Giuseppe, poi economo spirituale)

 1978 - 1980
29° Lorenzo Bonetti di Morignone    1980 - ......

COME E QUANDO SI SONO FORMATE

LE PARROCCHIE

DELLA VALTELLINA SUPERIORE


BORMIO - BORMIUM

Santi Gervasio e Protasio, martiri (19 giugno)

Menzionata come chiesa "battesimale" nei documenti di Carlo Magno (801) e di Lotario (824) collegiata fin dal secolo XI. L'antica chiesa incendiata durante la guerra con gli Spagnoli nel 1621, fu ricostruita a partire dal 1628; consacrata il 15 maggio 1824. Il campanile fu accresciuto nel 1551, con l'area cupola piramidale.


S.Nicolò - Furva (o Furba)
San Nicolò, (6 dicembre)

La parrocchia fu eretta nel 1426 (altri 1456) con territorio smembrato da Bormio. L'antica chiesa del 1228 fu riedificata una prima volta nel 1447 dopo un incendio e ancora nel 1673. Fu restaurata nel 1869 e consacrata il 2 dicembre 1932: dedicata ai Santi Nicolò e Giorgio.  


Madonna dei Monti  
Santa Maria

La parrocchia fu eretta nell'anno 1935 con territorio smembrato da Furva. L'antica chiesa era dedicata alla Beata Vergine del Carmine.La nuova chiesa fu edificata nel 1951. Consacrata il 7 agosto 1983 da mons. T. Ferraroni.  


Pedenosso - Pedenossum
Santi Martino e Urbano

La parrocchia già vice cura dal 1453 fu eretta in parrocchia l'11 ottobre 1624 con territorio smembrato da Bormio. La chiesa esistente nel 1399 fu successivamente restaurata e rimaneggiata, consacrata (documento N.Tosi 23 marzo 1685).  


Semogo - Semogum
Sant'Abbondio (31 agosto)

La parrocchia fu eretta nel 1629 con territorio smembrato da Pedenosso. La chiesa attuale fu edificata nel 1930 sull'area di quella antica, e consacrata il 10 ottobre 1932.  


Isolaccia - Isulacia  
Santa Maria Nascente (8 settembre)

La parrocchia fu eretta il 3 settembre 1737 con territorio smembrato da Pedenosso. L'antica chiesa, esistente fin dal 1520 e più volte ampliata, ebbe diverse denominazioni: S. Maria (1692), S.Annunziata (1766), S.Maria Assunta (1863), S.Maria Nascente (1892), titolo attuale. L'attuale fu iniziata nell'anno 1936 e consacrata il 16 agosto 1938.


Trepalle - Trepallum
Sant'Anna (26 luglio)  

La parrocchia fu eretta nel 1783 con territorio smembrato da Pedenosso. La chiesa è stata consacrata il 28 luglio 1931.  


Premadio - Premadium
San Gallo (3 ottobre) 

La parrocchia fu eretta il 27 settembre 1476 da Vescovo Branda de Castiglioni con territorio smembrato da Bormio. Fino al 1842 funse da parrocchia la chiesa di S.Gallo (consacrata nel 1470). Nel 1664 la sede parrocchiale fu trasferita all'antica chiesa di San Cristoforo (sec. XVI). La nuova chiesa edificata nel 1970 fu consacrata dal Vescovo Ferraroni il 22 luglio 1973.  


Livigno - Livinium  
Santa Maria (8 settembre)  

La parrocchia fu eretta dal vescovo Branda De Castiglione nel 1477 con territorio smembrato da Bormio. La chiesa dedicata alla Natività di Maria (sec. XIX) fu edificata sul luogo della precedente, di cui rimane solo il campanile: consacrata il 22 luglio 1892 dal Beato Card. A. Ferrari.


Oga  
Santi Lorenzo e Colombano (10 agosto)  

La parrocchia fu eretta con rogito del 16 dicembre 1632 con territorio smembrato da Bormio. La chiesa fu ricostruita nel 1532 dopo che un incendio devastò l'antica chiesa del '400.  


Cepina
Santa Maria Assunta (15 agosto)

La parrocchia fu eretta il 17 novembre 1886. La chiesa, nella struttura attuale risale al 1503, su una antica chiesa del sec. XIV.  


Santa Maria Maddalena  

Santa Maria Maddalena (domenica dopo 22 luglio)  

La parrocchia fu eretta il 30 novembre 1935 con territorio smembrato da Cepina; dal 1752 era cappellania. Alla chiesa del sec. XIV fu sostituita la nuova ultimata nel 1935 e consacrata il 18 agosto 1935. La frazione di Piazza è passata da Bormio alla Parrocchia di Cepina non appena la frazione di Santa Maria Maddalena è diventata Parrocchia a se stante.  


Sant'Antonio Morignone - Morignonum
Sant'Antonio da Padova (13 giugno)

Cappellania dal 1722, vice cura dal 1827; eretta in parrocchia il 17 novembre 1886. La località dopo essere stata alluvionata in data 18 luglio 1987 è stata cancellata il 28 luglio dalla grande frana della Val Pola che ha bloccato il percorso dell'Adda, formando un lago. Le chiese di S.Antonio (edificata nel 1682) e di San Martino (sec. VIII) sono andate distrutte. La comunità sarà ricostruita su un nuovo insediamento. La sede della parrocchia è provvisoriamente fissata presso "la Capitania". Il "Comitato di Paese" per la rinascita di Sant'Antonio Morignone ha sede in località Capitania-Vadisotto.


Piatta - Plata  
Sant'Anna (26 luglio)

Vice-cura nel 1717 fu eretta in parrocchia il 17 novembre 1886 con territorio smembrato da Bormio. La chiesa del 1500 fu ricostruita nel 1797.

La nuova parrocchia costruita dopo il 1930 fu consacrata nel 1936.

Siamo all'anno 1721 (millesettecento e ventuno). Le chiese sparse qua e là della valle che circonda l'ameno borgo di Bormio eran tutte figliali di questa plebana, dalla quale come dalla matrice partivano i pastori delle anime, i venerandi sacerdoti per prestare gli aiuti spirituali al poco numero di abitanti che ad esse appartenevano.

Cresciuta la popolazione, ed estesasi ad abitare in luoghi discosti dalla chiesa, il Ven. Clero di Bormio non si sentì più in grado di poter sempre prestarsi per ogni eventuale occorrenza che poteva accadere massime nell'assistenza agli infermi che dimoravano lontani dal centro.

D'altra parte essi stessi sentivano più che noi urgente ed impellente il bisogno d'aver in mezzo di loro il Ministro di Dio, il quale, sia all'istruzione religiosa, sia colla profana dirozzasse le loro menti ruvide e scabrose.

Che cosa si fece allora? Si radunarono i Capi-famiglia e affidarono agli uomini anziani (così chiamati coloro che avevano ricevuto dal restante della popolazione l'ufficio di provvedere nelle urgenze e nei bisogni qualche pubblica utilità) un affare di tanta importanza.

D'accordo col Venerando Capitolo dell'Illustre Collegiata di Bormio con a capo il M.R.Signor Arciprete e Vicario Don Giacomo Antonio Rocca, i suddetti anziani pensarono a far stendere un atto notarile col quale si passava alla dichiarazione della separazione della Chiesa di Piatta dalla Parrocchia di Bormio e sua immediata erezione a Vice Parrocchia.

Il giorno 22 (ventidue) settembre 1721 (millesettecento ventuno) il notaio pubblico di Bormio Nobile Gian Battista Casulario assistito dal messo della Vicinanza Nobile G.Battista Simoni dal M.R.Sig. Arciprete D. Giacomantonio Rocca dagli anziani Canclini Abondio di Giov. Pietro, Canclini Francesco fu Francesco, stese l'atto che trovasi in originale nei documenti di fondazione della Parrocchia in Archivio.

Nel 1717 però si eran già preparate le cose.

In occasione della Visita Pastorale fatta a Bormio dal S.E. Ill.mo e Rev.mo Monsig. Giuseppe Olgiati Vescovo di Como, si era a lui fatta supplichevole domanda se si fosse degnato, dietro le ragioni che la Vicinanza di Piatta esponeva (ragioni che ciascuno può trovare in originale nei documenti di fondazione della Parrocchia, in Archivio) di concedere che la Chiesa di S.Maria ed Anna  di Piatta e la Chiesa di S.Pietro e Marcellino si erigessero a Vice-Cura, fino allora dipendenti dal V. Capitolo di Bormio.

Il Vescovo ponderate le cose annuì alla domanda della Vicinanza, posta però condizione che essa si obbligasse a formare un beneficio sufficiente del mantenimento del Sacerdote scelto per la cura delle loro anime, e che fosse consenziente il Ven. Capitolo di Bormio.

Avuto il beneplacito del Vescovo si fece domanda al suddetto Capitolo, a capo del quale stava allora il M.R.Sig.Arciprete Don Antonio Baldassare Zuccala, ed egli pure acconsentì alle giuste richieste della popolazione di Piatta.

Essi allora rinunciarono a favore del futuro Vice Curato e tutti gli onori, ed oneri che pretesero avere nella Frazione di Piatta, riconobbero il diritto che la popolazione di essa aveva di eleggersi quel Sacerdote che meglio loro gradiva, ma vollero però i Canonici Decimani di Bormio che il Vice Curato di Piatta fosse eletto ogni nove anni, e poter fare ogni anno nella erigenda Vice Cura n° 3 (tre) stazioni. La prima nel giorno di S.Anna, nella quale lo stazionario si riservava il diritto di percepire L.4 locali di una refezione conveniente, ma si assumeva l'obbligo dell'applicazione della S.Messa. La IIa nel giorno di S.Pietro e Marcellino nel quale si doveva pur dare allo Stazionario L.5 con la refezione; e la IIIa nel giorno della Consacrazione della Chiesa coll'obbligo di passare allo Stazionario L.4 e la refezione come nelle altre stazioni.

Aveano pure addossato l'obbligo al Vice-Curato di portarsi nel giorno in cui dovea aver luogo la Stazione dalla Chiesa Matrice di Bormio a prendere la Croce e permettere che la seguissero tanto i Canonici     quanto gli aggiunti.

Facendoci un passo in dietro notisi come il Venerando Capitolo di Bormio s'era ricordato anche della propria esistenza, perché avea posta assieme alla convinzione che il vice Curato dovesse eleggersi ogni nove anni, anche quella che in tale circostanza dell'elezione o n'elezione si dovesse dalla popolazione di Piatta dar loro un vitello bello, grasso e sufficiente. (Vedi atto di  separazione).

3° - Una condizione era che il Vicecurato o nuova vice cura dovesse provvedere agli Oli Santi presso la Chiesa Collegiale di Bormio, mediante l'animo contributo di Lire locali 13 (tredici).

4° - Che il vice curato dovesse riconoscere il diritto di Superiorità della Chiesa Matrice intervenendo alla festa del Titolare S.Gervasio e Protasio, alla Consacrazione della Chiesa e Sabato Santo.

5° - Che vice Curato e popolo della nuova vice cura intervenga a tutte le Processioni alle quali interviene il vice Curato di Cepina e popolazione di essa.

6° - Infine che la popolazione di Piatta sia obbligata a versare una volta tanto  al Ven. Capitolo di Bormio L. 1.000 (lire mille locali) come tassa imposta per la sua sottrazione ai diritti del Capitolo di Bormio, e per supplire in parte al deficit che i benefici dei Canonici Decimani avrebbero sentito pel distacco della vice cura di Piatta, costituendo questa parte della vendita del Beneficio dei suddetti Canonici.

7° - Per ciò che riguarda il beneficio che dovea essere di mantenimento del futuro investito, tutta la popolazione di essa formalmente impegnata di dare ogni anno un capitale di L. 650 al vice Curato e supplire essa de suo per raggiungere le suddette L.650 ove le rendite vigenti non raggiungessero una tal somma.

Queste furono le condizioni imposte alla popolazione di Piatta rappresentata da suoi anziani se volea costituirsi a vice Parrocchia.

Il tempo che scorse dal 1718 al 22 settembre 1721 s'impiegò, come appare dai documenti, nelle pratiche necessarie allo scopo suesposto, forse ancora attendendo un Sacerdote idoneo ad assumersi il pesante ufficio di Cura d'Anime della nuova vice cura.

Il primo che appare eletto fu un Giovan Pietro Lazzari, ma costui resse per poco tempo la nuova vice Parrocchia perché ai 22 settembre 1721 troviamo che un altro venia ad occupare il posto da lui lasciato vacante per la morte.

Non si erano fin allora fatti alcuni accordi fra ed elettori  e perciò in questo tempo se ne sentì il bisogno. La popolazione di Piatta rappresentata dagli anziani, assistita dal M. Sig. Arciprete D. Giacomo Antonio Rocca faceva stendere un atto notarile col quale at perpetuam rei memoriam metteva in chiaro gli oneri ed utili appartenenti al suo vice curato.

quantunque essi si possano trovare anche in originale nel documento scritto dal Notaio d'allora Nob. Gian Battista Casulario fu Maria, credo opportuno per maggior comodità trascriverli, anche per timore che coll'andar del tempo questi fogli vecchi e sottoscritti non abbiano andar smarriti o diventino illeggibili.

Col successore del def. Lazzeri, Don Carlo Zanoli di Isolaccia si stringevano i seguenti patti da osservarsi pure da parte dei suoi successori.

1° - Il Vice-Curato è tenuto a celebrare ed applicare in ciascuna settimana N° 2 (due) St.Messe, una nel giorno di Domenica pro populo di detta vicinanza, l'altra fra la settimana in suffragio dei defunti. In queste S.Messe celebrate per i defunti infra Abdomandam s'intendon comprese anche quelle già da applicarsi per i benefattori della Chiesa. Nel giorno di domenica il suddetto sarà tenuto ad avvisare in Chiesa che anniversario occorre durante la settimana, affinché i parenti del defunto possano accorrere in quel giorno a suffragare l'anima.

2° - Il Vice-Curato è tenuto a disinpegnare col maggior zelo possibile l'alta missione della cura delle anime e stare alle prescrizioni                         secondo instrumentum separationis di più alla residenza.

3° - Il Vice-Parroco non avrà diritto di pretendere elemosina per amministrazione dei S.Sacramenti, accettò però il primo Battesimo che faranno fare coloro che sono congiunti in Matrimonio, pel quale si dovrà dan genitore un fazzoletto o cinque parpaiole.

Per il Matrimonio celebrato in Piatta si daranno al Vice Curato L. 3 con l'obbligo di applicare la S.Messa.

Se poi il suddetto invece di benedirlo ed assisterlo nella chiesa di Piatta dovrà portarsi a S.Pietro, gli si dovranno parpaiole 18 (diciotto) compresa l'applicazione della Messa.

4° - Il Vice Curato è obbligato nella seconda domenica di Aprile, Maggio, Giugno, Agosto e Settembre celebrare la Messa solenne nella Chiesa dei SS. Pietro e Marcellino, come pure nella seconda Festa di Pasqua e Pentecoste e nella Festa dei Santi Protettori di quella Chiesa che cade nel 2 giugno, se non è legittimamente impedito e il tempo sia favorevole.

5° - Il suddetto è tenuto ad impartire la dottrina Cristiana tutte le domeniche non solenni, dopo pranzo, quando non sia impedito o per infermità o per causa d'ammalati.

E' tenuto pure a predicare una volta alla settimana oltre alla domenica, in quaresima o per se o per altri e fuori dei giorni in cui si predica a Bormio, affinché volessero ascoltarne delle altre, oltre a quelle che si tengono nella propria chiesa.

6° - E' tenuto ancora nella terza domenica di ciascun mese fare la processione col SS. intorno al Cimitero (ora sagrato) e dopo la Messa e nella prima domenica farà quella del SS. Rosario dopo Vespro.

7° - Sarà tenuto nell'estate, se non è impedito, celebrare la Messa dell'Ave Maria, questo però per convenienza e non per giustizia; nei tempi cattivi per la campagna dire le Litanie, fare processioni e se sarà necessario, benedire la campagna, senza altro emolumento.

8° - Sarà tenuto ancora il detto Sig. Vice-Curato, dare la refezione ai M. R. Sig. Canonici stazionari nei giorni di S.Anna, dei Santi Pietro e Marcellino e della Consacrazione della Chiesa, e per questo la Chiesa contribuisca con L. 20, e la Chiesa e gli Anziani diano quanto è pattuito nella separazione, allo Stazionario in tal giorno.

9° - Per la S.Messa cantata sia a lui data l'elemosina di L. 3, per una Messa feriale però solo L. 2. Il vino da adoperarsi in ciascuna Messa tocca provvederlo allo stesso celebrante.

Nei funerali però lo provvederanno i dolenti.

10° - Avrà l'obbligo di far scuola ai ragazzi ed i genitori dovranno passargli una conveniente ricognizione.  

11° - In caso che si raduni la Vicinanza e manchi il Messo il Sig. Curato avrà la compiacenza scrivere lui stesso i patti che verranno in essa fatti.


CONFINI PARROCCHIALI

I confini della Parrocchia di Piatta sono i seguenti:

A levante i suoi confini raggiungono la cima del Monte Vallecetta, Gobetta, Boerio (quantunque di proprietà di Cepina), insomma dal Bosco Nuovo sino al fondo dei Prati di Boerio a Basec, al di sopra però della strada dell'Incant, per quello che riguarda il bosco a sud-est.

A sud più al basso della strada dell'Incant, confina col Rin di Vallecetta e comprende più esplicitamente Frascinè, con tutto il suo territorio e da Frascinè all'insù segue il confine destro del Rin. Comprende ancora tutto il territorio al di qua della valle così detta dei Cuntin, escluse però le case dei Cuntin, che secondo vecchia tradizione appartengono a Piazza, quindi a Bormio. Quindi abbraccia le case ai Magatelli - Palanga - Gotrosio di Fuori e Gotrosio di Dentro, la Gobetta,  il Plat, Premaiolo , la casa di Costa e Poira.

A ovest confina colla strada così detta del Carro, che mette al monte dei Clementi di Bormio circa a mezzo le coste.

A ponente. Seguendo il confine ovest si arriva dalla parte verso Bormio a raggiungere la strada che da Piatta mette a Bormio. A pochi passi più in là da questo punto d'incontro si trova la via carreggiabile per quelli di Feleit. Il confine della Parrocchia di Piatta giunge sino a questo punto. Da esso sale in linea retta sino alla sommità del monte. Questi sono i confini sempre rispettati fin ora e più vicini al vero, non essendosi mai fatta per il passato una divisione precisa tra parrocchia e parrocchia.


RISTARO E RIFABBRICA DELLA CHIESA PARROCCHIALE

Nell'anno 1796 i capi della Vicinanza di Piatta, vedendo che la Chiesa, che dovea servire a casa di Dio e contenere la crescente popolazione di Piatta, era disadorna ed insufficiente a contenere tutta la popolazione, si radunarono a consiglio e stabilirono l'ingrandimento o meglio la rifabbrica di essa. Il loro piano piacque al buon popolo di Piatta e d'unione si accinsero a preparare il materiale necessario. Preparato che fu, si fece il contratto con un Capo Mastro chiamato Giuseppe Maggini di Lucarno ed egli nel 1797 il 21 di Maggio si trovò qui sul posto per cominciare i lavori. Il contratto ammontava alla somma di lire locali 4.200 e per raccoglier le quali, mediante licenza del Vescovo di Como Monsig. Carlo Rovelli, si erano alienati alcuni beni della Chiesa. Anima dei lavori era il V. Curato D. Rocco Patrizio Silvestri, il quale con denaro e con lavori anche materiali animava            coll'esempio il suo popolo. Però dopo aver incominciato i lavori, atterrata l'angusta e disadorna chiesa di S.Anna, non si sa per qual ghiribizzo, lasciava quasi improvvisamente Piatta per portarsi invece a reggere la Parrocchia di Semogo.

Demolita la Chiesa, privata del suo Pastore, la frazione suddetta rimaneva orfana in preda all'universale scoraggiamento. Ma il Misericordiosissimo Iddio che non lascia mai incompiuta un'opera a sua gloria incominciata, mandò in mezzo ad essa un altro padre che provvedesse agli urgenti bisogni. Partito nel mese di Luglio 1797 D. Rocco, nel settembre del medesimo anno (29) veniva eletto a parroco un altro livignese nella persona di Gianalberto Raisoni. Costui con somma premura s'accinse a dar mano esso pure all'opera incominciata. Non erano erette allora che quattro mura. Egli fece sgombrare            il materiale interno. Fece mettere il tetto e nel novembre del 1797 (11) fu benedetta. In questo stato vi si ufficiò per tutto il seguente semestre. In questo tempo s'indissero delle questue in tutto il Contado di Bormio, il popolo preparò materiale e agli 11 Maggio dell'anno seguente si ripresero i lavori e felicemente si compirono al 26 agosto 1798. Così nel breve spazio di soli 15 mesi si compiva un'opera di tanta importanza. In ringraziamento a Dio di tanto favore si fece un Triduo, si cantò un solenne "Te Deum" e partecipò alla festa numeroso popolo dei Paesi circonvicini.

La Chiesa però quantunque fosse sufficientemente costrutta tuttavia lasciava in alcune parti a desiderare.

Nel 1889 il Parroco dietro consenso della popolazione ed approvazione del Vescovo intraprendeva nuove opere. La volta della Chiesa per l'umidità s'era d'alquanto scrostata e macchiata; la sagrestia era angusta, umida e l'umidità arrecava danno ai Sacri paramenti che in essa conservansi; la Chiesa stessa per la cresciuta popolazione era incapace di capierli (contenerli) tutti. Perciò il parroco D. Antonio Lazzeri penso di provvedere ai bisogni. Anzitutto fece riparare la volta, e non solo ripararla, ma anche pitturarla, e pitturare pure le mura laterali dal valente imbrattamuri Sig. Pedrini Antonio (strusci) di Bormio.

Fece ingrandire la sagrestia, e delle due che prima esistevano ne fece una sola più bella e più chiara.

Fece fare la loggia (tanto cara e desiderata dai mascalzoni) dai signori Falegnami Canclini Eusebio di Donato di Piatta e dai fratelli del medesimo Parroco Sig. Lazzeri Gervasio e Paolo di Semogo. Fece ristaurare e continuare il campanile dandogli la forma che conserva pure attualmente (17 gennaio 1907).

N. B.: Ricordiamo che, naturalmente, si sta ancora parlando della vecchia Chiesa e non dell'attuale costruita molto tempo dopo.


LA STATUA DELL'IMMACOLATA

Nell'attual chiesa di S.Anna trovasi un altare dedicato alla Beatissima Verg. Immacolata, portante un grandioso quadro rappresentante la gloriosa Madre di Dio, (ora collocato nell'oratorio dei confratelli) ma la popolazione invece di un quadro vedeva meglio sostituirvi una statua.

Aderendo ai desideri di essa, massime delle Figlie di Maria, il Parroco D. Luigi Rodigari acconsentì.

Palleggiato col fabbricator di Statue Sig. Nardini Giuseppe di Milano in poco tempo fece aprire nel muro una nicchia e collocarvi la statua tanto desiderata, della Madre SS. di Dio e madre nostra, di Maria Immacolata.

Venne solennemente benedetta dal M. R. Sig. Arciprete D. Carlo Santelli e fatto un triduo solenne ad onor della Madonna venne collocata nel luogo designato.

La spesa venne fatta per la massima parte delle figlie di Maria.


CHIESA DI S.PIETRO  

Fondata nel 1537 quest'antica chiesetta posta in amena ed incantevole posizione e che vanta di conservare tra le sue mura importanti e preziosi affreschi del secolo XVI appartenenti come si crede al valente pittore Valorsa aveva bisogni di pronti ristauri, minacciando in caso contrario di rovinare quanto di prezioso in essa conteneva.

Apriamo una parentesi per spiegare che:

Qualche anno fa è stata rimossa la pala che nascondeva il prezioso affresco dell'Annunciazione e la finestra rotonda posta nell'abside. In quell'occasione si è potuto trovare la firma dell'autore degli affreschi e la data:  

Opus Vincentii Brixiensis  

Opera di Vincenzo da Brescia 1545  

Con questa data e firma si può altresì ritenere che gli affreschi della chiesa di S.Lucia (nell'omonima frazione) sono dello stesso autore in quanto anche a S.Lucia è riportato l'identico affresco dell'Annunciazione e identica data 1545.

Riguardo alla pala rimossa, la pala lignea è ritenuta del sec. XVI. La tela, che rappresenta i Santi Protettori: Pietro - Erasmo e Marcellino è indubbiamente più recente.  

L'iscrizione sulla stessa pala

et Post Haec in terris visus est cum Hominibus conversatus est (Baruck III- 38)

ha fatto pensare ad una Natività; infatti in Parrocchia è stata ritrovata una tela antica che riproduce appunto una Natività - con misure che corrispondono bene alla pala.

La tela oggi è in atto di restauro e speriamo di poterla ripresentare presto all'attenzione dei parrocchiani.

Già nel 1900 in occasione della Visita Pastorale Monsignor Valfrè Vescovo di Como avea minacciato d'interdirla qualora entro un anno non si fosse provveduto pei restauri occorrenti. Si era quasi ridotta senza tetto, le mura si erano sconquassate, si aprivano in crepacci; il pavimento interno molto antico e fatto in astrico s'atteggiava ad onde di mare; le finestre sconquassate e sconnesse lasciavano passare come i muri senza intoppo la gelida brezza mattutina. Mancando i mezzi si stava innanzi alla meglio. Ma nel 1903 il zelante Parroco D. Angelo Rossatti di Mazzo si mise con impegno e riuscì a compiere quanto era solo rimasto nel desiderio del suo antecessore.

Si raccolsero offerte in Paese a Bormio e con esse in poco tempo riuscì a rimettere le cose a posto.

Si rifece il tetto, si costrusse (costruì) il pavimento in cemento si rimisero le porte sconnesse, per le quali anche chiuse, non solo transitavano gatti e sorci, ma benanco animali di maggior entità; si restaurarono i muri tanto all'interno quanto all'esterno in modo da poter celebrare con maggior entità; si ristaurarono i muri tanto all'interno quanto all'esterno, in modo da poter celebrare con minor indecenza, e così si fece cadere l'interdetto che ormai da due anni pesava sopra di essa.  


INCENDIO TOTALE DELLA FRAZIONE DI S.PIETRO

Anno 1904 - 4 Agosto

Erano le ore 15.00 del dì 4 Agosto 1904 e la campana di S.Pietro diffondeva intorno intorno i suoi lugubri rintocchi. Dietro la chiesetta omonima di recente restaurata s'innalzava una colonna di denso fumo nerastro; l'incendio era scoppiato nel centro della frazione. Un vento impetuoso batteva su que' rocciosi paraggi in direzione di nord, alimentando il fuoco che in un attimo prendeva spaventose proporzioni. Fu vista come una coda di fuoco staccarsi dal primo gruppo di case e, volando, portare la distruzione ad un altro gruppo alla distanza d'una sessantina di metri. Mezz'ora dopo la massima parte della frazione era una fornace ardente.

Ai lugubri rintocchi della campana, alla vista del fumo e del fuoco, da tutti i paesi circonvicini accorse gran quantità di gente, ma per mancanza di acqua e contro quel vento forsennato non giovarono i buoni desideri dei pronti soccorritori. Non si poterono salvare che poche masserizie e tutto il raccolto di quell'anno fin allora fatto, tutto andava in fumo. Molte famiglie rimasero completamente senza casa e senza tetto, molti colle sole vesti che indossavano in quel giorno. La carità cristiana però non lasciava senza soccorsi que' miseri cui la fortuna avea dato ed applicato un colpo così fatale.

Sua Ecc. Monsig. Vescovo Valfrè informato per telegramma mandava subito un generoso soccorso di L. 500; comitati di beneficienza s'istituirono ogni dove, ai Bagni, a Bormio, A St. Caterina, nei singoli comuni del Contado, in modo che in poco tempo e con denaro si poté portare soccorso a que' poveri disgraziati. Il pianto però cagionato da questo incendio non era ancora terso; ancora fumavano ed eran ancor caldi i muri dei miseri avanzi di esso quando il dito di Dio era già preparato per mandare un'altra volta sulla desolata roccia di S. Pietro un castigo ed una piaga uguale alla prima e della prima peggiore. Era il tempo ed il momento della mietitura. Parecchi aveano, al momento del primo incendio, mietuto e lasciato nei campi la segala riunita in decime, per seccare. Almeno questa raccolta la poterono salvare. Capitato l'incendio e passato, pensarono a provvedersi un locale per depositare questo raccolto presso le famiglie non danneggiate, le quali volenterosamente si prestarono a quest'atto di carità e di pietà. Non erano ancor scorsi otto giorni, quando nuovi e più lugubri rintocchi venivano annunciati a S. Pietro.

Si era al 10 Agosto 1904.

Tutti si meravigliavano, tutti imprecavano contro un incuria così scriteriata, ma eccitati dalla pietà accorsero di nuovo a portare quel soccorso che poterono. Nel primo incendio furon distrutte tutte le case dalla metà in fuori del paese; ma nel secondo rimanevano da distruggere quelle dalla metà indentro. E furono distrutte radicalmente con tutto il raccolto di quell'anno. Qui si constatò proprio il dito vendicativo di Dio che veniva a pagare gli abitanti di questa frazione per le liti continue, per le discordie in cui erano facili cadere, per la poca santificazione della festa, e per gli odii accaniti che tanti vicendevolmente si portavano e per lungo tempo. Ad ogni modo, se Iddio da una parte percuoteva, dall'altra risanava. Coll'incendio tolse da tante case l'occasione dei litigi e tutti si misero a fabbricare da sè abborrendo qualunque comunanza. Permetteva ancora il Pietosissimo Iddio che buoni e malvagi si rincorressero a compassione e venissero in soccorso dei danneggiati e si raccogliessero in poco tempo circa L. 8.000 che furono distribuite, in proporzione del danno, alle famiglie, escludendo da queste abiti, panni e generi alimentari, i quali come i più urgenti vennero dispensati, non appena furono raccolti. Vittime, grazie al Cielo, non ve ne furono. Da Bormio partivano, e quindi si distribuivano, i soccorsi da un comitato "pro S. Pietro" formato dal Sig. Arciprete D. Carlo Santelli, dall'On. Cav. Sig. Pietro Rini - Sindaco di Bormio e dal Sindaco di Valle di Sotto, ecc. e con questi, quantunque al bisogno si richiedesse ben altro tuttavia si poté cominciare la rifabbrica della nuova frazione, corrispondente ai bisogni dei tempi e con maggior comodità ed estetica, tanto all'interno quanto all'esterno, ed anche corrispondente alle prescrizioni della    Prefettura di Sondrio.


Acqua potabile  

 1906  

 

La scarsità d'acqua in paese, che si verificava massime d'inverno, nel tempo di maggiori geli, fece nascere ad alcuni, oppugnanti parecchi, la felice idea di condurre in paese e d'aumentare la scarsa esistente mediante tubazione. Si tenne adunanza, si fecero delle sottoscrizioni, si ideò il luogo che doveva servire a sorgente di presa.

Ma sopra di questo non furono unanimi i pareri. Chi consigliava di condurre l'acqua dalla Madonna del Soccorso, al Santel, altri di condurre quella del Ronchèt, altri ancora, già che si faceva la spesa non farla per poco, ma condurre tanta acqua quanta ne bastasse non solo per uso domestico, ma anche in caso di incendio.

Questa ottima idea, per quanto fosse oppugnata, prevalse. Si doveva ora passare alla scelta della sorgente sufficiente al bisogno ed alla idealità. Si girò, da una Commissione a tale scopo nominata, capo il Sindaco del Comune, Sig. Egidio De Gasperi di Cepina e si trovò una sorgente abbastanza feconda ed ubertosa nella località Mariciane, ma su territorio privato.

Qui la Commissione si trovò dinanzi ad un problema.

I privati a cui l'acqua apparteneva, l'avrebbero concessa? E se concessa, sarebbe concessa gratis?

Si domandò, e mentre prima si fecero ogni promessa, quando si trattò di formulare un documento si opposero mille ostacoli.

... Trovato questo ostacolo, dove si credea trovare invece appianata la via, si salì dalla Commissione suddetta più in alto verso nord delle Mariciane e quivi in territorio comunale nella località Planel de li Fontana, per rinvenire tanta copia d'acqua da servire non solo per Piatta, ma anche per S.Pietro, Ciuk, Ranzona. E' vero che costò un po' di più, essendo più lontana, la tubazione, ma vi fu certo ancor guadagno, stante che non si dovrebbe pagarla ad alcun proprietario, essendo proprietà comunale. Trovata l'acqua sufficiente, fissato il luogo si dovea pure, per necessità di cose, stabilire i mezzi di conduttura e prima ancora fissare i cespiti sui quali si potesse far assegnamento per le spese occorrenti. Si trovarono e si preparò ogni cosa. Il governo a queste opere di pubblica utilità non manca mai di prendere parte.

Si stabilì di fare un prestito, garante il comune, presso la Banca Depositi e Prestiti di Milano, di quanto potesse bastare per la provvista di tubi di ghisa, ecc.... Si fece fare dal Sig. Ingegnere Alfredo Cola di Bormio il progetto dei lavori e delle spese e non appena fatto, si fece istanza al Governo se fosse concorso al  pagamento dell'annuo interesse presso la suddetta Banca. Il Governo si sottomise al pagamento annuale del L.1,50% sull'interesse, restando a carico della popolazione il restante L. 1,50%.

Si fece un documento notarile col quale tutti i capofamiglia si impegnavano a prestarsi coll'opera o col denaro a questa bellissima impresa e con questi precedenti si diede principio.

Ogni famiglia abitante o possidente in territorio di Piatta e S.Pietro fu obbligata in forza del documento surriferito a prestarsi per lo scavo in proporzione di censo, di famiglia e dei membri di essa.

Lo scavo venne cominciato qui sopra il paese; nello scavo si posero i tubi, che in questo frattempo furono ordinati e spediti. Da un'apposita Commissione formata da n° 5 membri quali più e quali meno attivi. I membri di essa furono: Sertorelli Giuseppe fu Giacomo, Canclini Giacomo fu Tommaso, Demonti Abondio, Pietrogiovanna Marcellino e Sac. Rodigari D. Luigi Parroco e Segretario di detta Commissione.

Appena giunti i tubi di ghisa, idranti e saracinesche, trovarono già il posto a loro assegnato. Presto si ordinò al fabbro Valgoi Gervasio di Semogo, abitante, esercente in Bormio, di prestare la sua mano d'opera per la saldatura, che venne eseguita con sufficiente accontentamento del Paese. Si terminò questa operazione, la prova, la copertura dei tubi verso il principio del maggio 1907. Qui i lavori si dovettero per un momento sospendere per non apportar troppo danno alla campagna, che in questa stagione andava sempre più rinverdendosi di erboso raccolto.

Si continuarono solo nella costruzione della vasca d'ammortamento dell'acqua che discende impetuosamente da S.Pietro, vasca posta a circa 150 metri sopra la Chiesa, (di proprietà Sertorelli Biagio fu Giovanni e consorte Praolini Maria).

Nel cisternone fu rimessa l'acqua, solo provvisoriamente, che si fece deviare dal rigagnolo dell'Al, per provvedere alla scarsità d'acqua in paese e per averla pronta in caso d'un disastroso incendio.

Nel settembre 1907  si ripresero i lavori di scavo e di conduttura al di sopra la vasca d'ammortamento sino a S.Pietro e furono posti tubi di cemento, in parte fatti spedire da una ditta di Bergamo, e in parte dal sig. Abramo De Gasperi di Cepina. Ma dopo questo lavoro il gelo di novembre impedì che si desse mano a d'altro e si sospesero. Appena nel 1907  si poté, l'ardente attività d'un membro della Commissione, Giacomo Canclini fu Tommaso, che desiderava veder ultimato quanto prima quest'opera, volle riprenderli, nonostante le critiche e le opposizioni che incontrava in paese, perché qualcuno non voleva si andasse fino al Planel de li Fontana a prender l'acqua, acqua che si poteva avere con minor spesa intubando quella del Ronchèt. Le opposizioni furono vinte, le critiche non ascoltate, i lavori continuati. Si cominciò a mettere i tubi di ghisa sotto pressione sopra S.Pietro sino alla strada della Liglia che conduce al Ciuk. Qui si fece un'altra vasca d'ammortamento più piccola di quella già costruita a Piatta in territorio comunale e senza opposizioni di sorta. Si devon lodare que' buoni terrieri di S.Pietro per le loro volenterose prestazioni fatte in queste circostanze; ma essi, già ustionati una e due volte dall'incendio, che tutto distrusse le loro abitazioni e i raccolti, troppo, per esperienza, capivano l'importanza d'aver la comodità dell'acqua vicina e non dover ricorrere per essa anche d'inverno fino al Rin .

I lavori continuarono più o meno interrotti tutta l'estate. Si mise la tubazione in cemento dalla vasca d'ammortamento di S.Pietro sino al fondo della costa vicino al Monte. Si prevedeva che si fossero messi tubi di cemento lungo il percorso della costa suddetta sino alla vasca di presa, questi per la pressione dell'acqua e per la precipitosa cadenza si sarebbero rotti infallibilmente; si pensò bene di mettere i nuovi tubi di ghisa e così assicurare la partita.

L'opera venne eseguita. Si preparò anche la vasca di presa e condotta a termine. Verso la fine di ottobre 1907 in pochi giorni si preparò anche la fontana di S.Pietro e così si poté fare l'inaugurazione dell'acqua, fatta con una certa solennità. S.Messa cantata a S.Pietro, benedizione con la reliquia, Processione sino alla fonte e benedizione dell'acqua seguita da un breve discorsetto tenuto dal Parroco e finalmente un dolce simposio in buona compagnia, fra cui presero parte allegri e contenti tutti que' buoni terrieri, singolarmente tassatisi a tal uopo.

Erano soddisfatti , felici, una comodità simile non l'aveano ancora goduta, parea loro di sognare, ma, pure, era realtà. Volere è potere. Deo Gratias.

A Piatta l'acqua non arrivava ancora, perché non si poterono compiere tutti i lavori di scavo sotto S.Pietro avendo dovuto lavorare con mine. Ma a Piatta l'acqua non scarseggiava, sebbene non giungesse ancor la potabile, perché si era provveduto a quella grassa dal Rin e rintrodurla nei tubi al Dossaccio, e così, provvedere di acqua tutto il paese, anche     la popolazione più in là del paese verso Bormio dando loro una fontana con lavatoio. La rigida stagione impedì che si continuassero i lavori, e si sospesero lungo la parte che rimaneva d'autunno e d'inverno successivo 1907 - 1908.

In primavera 1908 si ricominciarono e si ultimarono quasi del tutto, cosicché anche il paese di Piatta poté assaggiare una buona volta l'acqua limpida e chiara, potabilissima del Planel de li Fontana e sentirsi ristorata.

I lavori si compirono, o quasi, ma il denaro per pagare gli operai? Ho detto, anteriormente, d'un imprestito presso la Banca Depositi e Prestiti di Milano fatto dal Comune e resisi garante tutto il paese, mediante il documento notarile.

Quest'imprestito era la sorgente del denaro, la quale dava acqua o meglio denaro per soddisfare le spese non lievi che si dovettero riscontrare.

Le spese per la provvista dei tubi, tanto di ghisa, quanto di cemento, idranti, saracinesche, cemento, giornate di fabbro, muratori, di tubi di canapa, lance, ecc. ammontavano a lire 12.000.= A queste si devono aggiungere altre 2.000 lire circa per giornate di manovali ed altri operai e spese occorse, come dalle specifiche presentate dalla Commissione, risulta.

Il tutto ammontava a lire 14.000.= Fu una spesa a cui non si credeva d'arrivare, ma, sia perché molti non alzarono paglia, e per questo si dovettero mandare operai in loro supplenza, sia per le spese impreviste e fuori progetto, ma necessarie, si dovette arrivare a quella somma.

Come si salderà questo debito? L'imprestito fu fatto col beneficio di saldarlo a mezzo rate d'ammortamento. Si domandò e si ottenne il saldo nello spazio di 10 anni. Ogni anno, in un apposito Ruolo, ove sono elencate tutte le famiglie utenti dell'acqua potabile, il censo di ciascuna di esse, i membri di cui si compone, nella proporzione di 3/7 sul censo, di 2/7 sulla famiglia, di 2/7 sui membri di essa, viene assegnata la quota che tocca ad ogni famiglia. Il ruolo viene firmato dalla Commissione, vistato dalla stessa, passato all'Esattore Comunale per la riscossione, e tutti debbono pagare, anche più di quanto loro, strettamente parlando, toccherebbe, avendo l'Esattore Comunale il 5% su quanto riscuote. Così i capricci di non pagare in mano alla Commissione si scontarono pagando all'Esattore il 5% in più della loro tangente.

L'ignoranza, socia indivisibile della malpiacenza, si manifestò a chiare note nel popolo di Piatta, in questa circostanza, e un biasimo sentito parta a suo carico da queste pagine e serva esso d'ammaestrare e ben dirigere i posteri. Se in queste circostanze difficili e scabrose, di condur l'acqua si avessero ascoltate le forti critiche, le parole più che offensive che molte volte venivano lanciate contro i membri della Commissione più attivi, certo che acqua in paese non sarebbe mai giunta e tutti n'avrebbero sofferto grave danno. Si perseverò nei lavori, affrontando non piccoli ostacoli e finalmente s'ottenne lo scopo. Chi la dura la vince.        Laus Deo.


DISASTROSO INCENDIO
9 Gennaio 1910

Con cuore ancora palpitante di dolore e con mano tremante, m'accingo a descrivere il disastroso incendio che colpì questa povera Piatta la notte dall'otto al nove gennaio 1910.

Era una notte fredda e gelata d'inverno: serenissimo il cielo, soffiava solo da settentrione un venticello acuto e penetrante che obbligava a rinchiudersi nelle stanze ben riscaldate per non rimanere assiderati. La calma, dopo le ordinarie faccende di casa della sera, si era ormai stabilita in paese; un silenzio sepolcrale dominava su di esso. Le tenebre della notte erano rotte di quando in quando dal fioco chiarore di luci o lanterne di qualche vaccaro o vaccara che prima di riposarsi calava nella stalla per dare un ciut del bestiame abbandonato alla sera, dopo il pasto e la muntura, oppure da altro lume di qualche donna che ritornava dalla casa vicina dove, in chiacchiere e in lavori, avea passato qualche ora della sera. Alle undici di notte tutto il paese era ormai in braccio a Morfeo e già sognava i placidi sonni. Alle undici e mezza circa le donne che abitavano nelle case a destra della strada che da Piatta conduce a Bormio, furono svegliate di soprassalto da una detonazione simile allo scoppio di una mina; nell'aprir gli occhi un chiarore sinistro, che barbagliava già nella vicinanza delle finestre delle loro stanze, colpì la loro vista. Un grido di spavento uscì dalle loro bocche. Precipitarono dai letti, corsero alle finestre gridando al fuoco. Le vampe, intanto, prendevano più larghe proporzioni, sempre più. Partivano da un a casa del centro e portate dal vento, piegandosi ora a destra ed ora a sinistra, ora a nord ed ora a sud, appiccavano fuoco a quanto combustibile trovavano. Chi può immaginare l'orrendo spettacolo? In cinque minuti pei tetti tutti ricoperti di legno, e quindi facile esca per le fiamme, fu una fornace ardente dalla fontana delle Liberate sino alla Chiesa. Il grido di quelle donne, l'accorrere per le strade strepitando, il chiarore sinistro che sempre più si diffondeva fu causa che in poco tempo tutto il paese fosse in modo atterrito. Prima cosa fu quella di chiamare la gente abitante nelle case già ardenti, e visto che ormai tutti erano in moto pel salvataggio del loro bestiame, si cercò di sottrarre alle fiamme quanto si poté. L'incendio avea preso tali proporzioni che in nessuna maniera anche con pompe e macchine si sarebbe potuto domare. Circa a mezza notte arrivò il soccorso tanto desiderato. I pompieri di Bormio, con macchine, soldati, borghesi d'ogni classe. Il popolo di Cepina, a cui si deve dare certo una lode, fu talmente pronto ad accorrere che arrivò quasi insieme ai pompieri di Bormio, e prima di ogni altro popolo. Ma, in generale, a tutti si deve dare una lode, perché tutti si sono impegnati a tutti fecero quanto le loro forze permisero. Il carro pompa di Bormio giungendo in paese trovò ostruzionata la via per le immani fiamme che l'attraversavano, fu costretto, abbattendo siepi, steccati, ecc. a passare sotto l'abitato, sui campi per portarsi qua sotto la casa parrocchiale e immettersi sulla via. In un attimo furono adattati i tubi e le macchine collocate all'Al eseguivano il loro ufficio, spingendo acqua a tutto potere nei tubi. In questo tempo si utilizzarono anche due pompe sugli idranti già preparati. Andava acqua dappertutto, ma ormai era troppo tardi e le case in fiamme si dovea lasciar bruciare senza speranza di salvarle, solo procurare di isolare il fuoco. La chiesa e la casa parrocchiale esse pure avean cominciato ad essere vittime delle fiamme. Che fare? Una mezza compagnia di alpini forti e coraggiosi agli ordini del loro capitano si spinsero sul tetto della chiesa e da qui sul crestone di fronte. Di là non si mossero e con due lance spegnincendio bersagliavano le case fronteggianti e la chiesa stessa. Lingue di fuoco si spingevano fino al campanile e poco mancò che pure questo andasse in fiamme. Intanto colavano sotto forma di accesi carboni i telai delle finestre della chiesa dalla parte nord e sud, e si temeva che da un momento all'altro pure la chiesa andasse in fiamme. Il SS. fu asportato nel soprastante locale scolastico e depositato così alla meglio sopra un tavolo con un grande crepacuore del parroco di dover così trattare Gesù in Sacramento. Gli oggetti preziosi della chiesa raccolti in fascio ed essi pure trasportati sui campi e dati in custodia delle B. Guardia di Finanza fino al mattino. La casa parrocchiale? Essa era difesa dal corpo dei pompieri di Bormio che lavoravano indefessamente con due pompe a respingere le fiamme che come vortici tutto voleano trascinare tra le loro sfere. Per cinque ore continue si lavorò a tuttouomo tanto dai pompieri sulla casa parrocchiale quanto dai bravi militari sul crestone della chiesa. Più volte si videro bragiate le scandole in legno che coprivano il piovente sud della casa parrocchiale, ma sempre col pronto soccorso dell'acqua si poté allontanare il pericolo. Per precauzione, però, da essa venne spostato ogni mobiglio lasciandola nuda e squallida da ogni suppellettile. Era un orrore il vedere un tale disastro. Il cuore del Pastore non poteva più reggere a tale rovina, non pel danno da lui sofferto, ma sibbene pel timore che qualcuno, data la tarda ora in cui scoppiò l'incendio, fosse rimasto vittima. Girò il Paese, s'informò come poté, nel tempo in cui estranei asportavano il suo mobiglio, ma ben poche informazioni poté assumere, vedendo ben poche delle sue pecorelle, ma solo estranei. Anche quelle poche in preda alle più vive e desolanti ambasce. Consolava come potea in simili circostanze, ma avrebbe avuto bisogno lui pure prima degli altri, conforto, sollievo e ristoro. S'informò come poté e venne rassicurato che nessuna vittima umana si dovette lamentare nell'incendio. Respirò e ringraziò il Signore e S.Anna che avessero voluto salvare il suo popolo. Il fuoco, intanto, andava man mano consumando le sue risorse e in molte parti rimanevano pustizzoni ardenti e fumo sinistro, di fiamme non se ne vedevano più. Cominciava a farsi giorno finalmente, ma ahimè, che giorno! Che domenica si passò! Uno non avea vesti, l'altro mancava di ogni alimento, tutti senza casa. Bestiame errante e ruggente ancor per la campagna. Fieno bruciato. Un odore di incendi per tutto il paese, rovine ancora fumanti. Dio mio, che squallore di morte! Si pensò alla meglio. I poveri incendiati furono caritatevolmente accolti nelle case salvate, si diedero loro provvisoriamente vesti e cibo. Subito s'istituì un comitato di soccorso a Bormio. Da ogni paese arrivavano provvigioni di ogni genere pei primi bisogni. Insomma il Buon Dio che avea aggravato sua Santissima mano col castigo, parea ora impietosito per questo povero popolo ed eccitò la generosità nel cuore altrui per un pronto soccorso. Il parroco provvide per i primi bisogni di cibo portandosi dai negozianti del paese ed assicurando loro che a nome suo dessero agli incendiati, in caso si presentassero quanto era notato di sua mano sopra un biglietto che avrebbe lasciato ad ogni incendiato bisognoso che avesse ricorso a lui. In questo modo si provvide alle prime urgenti necessità. I disgraziati ebbero condimento, farina, riso, pane, olio, insomma quanto aveano bisogno più stretto. Il tutto ammontante a circa L. 200 fu saldato poscia con denaro offerto a favore degli incendiati, non avendo il Parroco mezzi di pagare queste spese, sebbene fossero state ordinate da lui. In paese si raccolse fieno e paglia pel bestiame. Il fieno raccolto pel triduo dei morti, non ancor venduto, venne distribuito gratis in proporzione del numero del bestiame che ciascuna famiglia avea. Della segale dei morti parte fu essa pure distribuita alle famiglie più bisognose per farsi un po' di pane. Insomma si cercò di alleviare nel miglior modo possibile, ciascuno secondo le proprie forze, questi poveri disgraziati colpiti da inumane iettature. Il comitato di Bormio, nominato ivi perché nominandolo qui non "fossero delle parzialità" per ragione di parentele, si impegnò a tutto potere mandando dei reclams per ogni dove vi fossero amici e conoscenti, sollecitandoli di soccorso. Le lontane Americhe, la Svizzera videro gli stampati portanti la notizia del disastro ed assieme la preghiera del soccorso generoso si raccolse in questo modo circa L. 22.000. Anche il Sommo Pontefice Pio X cui si ricorse per sussidio, non volle esser secondo a nessuno, ed immediatamente fece spedire L. 1.000 mille. S.M. il Re, la Regina, il Governo, tutti mandarono generosi soccorsi. Tra i benefattori più cospicui si deve notare a perenne memoria dei posteri la signora Paolina Ghigo - Pescarolo di Torino, la quale, venendo in questo paese ogni anno e facendo celebrare una funzione particolare il giorno della Natività di Maria SS., riprese affezione e volle costruire a sue spese una casetta a beneficio dei poveri di Piatta, intitolata alla Consolata di Torino. Di esse si parlerà in seguito.


Memorie

Il 14 maggio 1795 era nominato Vice Curato il Sac. Rocco Patrizio Silvestri, da Livigno e, impressionato dall'angustia della chiesa esistente, si mise all'opera per costruirne una nuova, più ampia e decorosa.

In data 20 settembre dello stesso anno 1795 troviamo scritto:

"Congregata in quest'oggi l'onorata vicinanza di Piatta ad istanza dell'attuale
anziano di questa ven.da chiesa e di me inf.ta per deliberare circa il ristabilimento necessario a farsi della chiesa, ha saggiamente determinato e stabilito di accingersi subitamente all'impresa di ristabilirla e ripararla nell'anno prossimo venturo, almen per quel tanto che si potrà senza pregiudizio. Circa poi il disegno da prendersi s'è determinato di alzarla tutto intorno quel tanto che si crederà necessario per far che riesca opera bella a dissegno compiuto. A questo fine s'è prudentemente giudicato di eleggere quattro deputati che presiedino a tutta l'opera, invigilino, esortino: come di patti son stati eletti e nominati i quattro inf.ti cioè di Piatta Gio. Dom.co  Pedrana e Cristoffero Sertorelli; di Gotrosio Antonio Gallona fu Lorenzo; di S.Pietro Giacomo Praolini d.o del monte, incombenzati e pregati dall'intera vicinanza di voler assumere quest'incarico e diligentemente amministrarlo sempre colla direzione ed assistenza anche di me infrascritto così avendomi graziosamente provvisto la vicinanza sud.ta ed ancora assieme cogli anziani della chiesa che saranno pro tempore. La vicinanza poi intiera si è obbligata e sottomessa di prestarsi gratis a tutta la spesa e a tutto il lavorio di manoalità, condotte ed altro che abbisognerà tanto prima che nel tempo. Ai sopradetti deputati poi la vicinanza ha dato ordine di cominciare senza remora a preparare disporre per lavorare a tenor che la saggia prudenza gli detterà. Questo ordine dell'intiera vicinanza son stato pregato io inf.to di scriverlo a futura memoria e pronta esecuzione.  

In fede
Don Rocco - Patrizio Silvestri
di Livigno  V. Curato


A.° 1796 lì 3 luglio.

      Congregata l'On.ta Vicinanza pensando a far dinaro per l'imminente ideata pubblica della chiesa ha determinato che si faccia una raccolta di fieno e di grano quanto maggiore si potrà ogni anno al tempo della raccolta avendone ancora eletti i deputati ai quali quando il ricerchino si passerà quella ricognizione che sarà di giustizia.

  In fede  
 Don Rocco Patrizio sud.to  

A.° 1796 li 4 7bre.

      Radunata more salito l'Onorata Vicinanza ha decretato in esecuzione dell'antecedente partito dei 20 9bre dell'anno scorso che lavori colla massima assiduità a preparare i materiali per la fabbrica della chiesa: ha cambiato il deputato di S.Pietro Giacomo Praolini d.o d'Urbano: di più si sono eletti due altri deputati cioè S.r Urbano Praolini, e S.r Abbondio Canclini i quali assieme a me Vice Curato dovranno diriggere la fabbrica, e specialmente pensare a far l'accordio col Mastro Giuseppe Masini e preparare il dinaro necessario riscuotendo le Polize semplici fatte negli ultimi anni, i residui limosine che affine di dar principio alla d.a fabbrica nella prossima primavera.  

  In fede  
Don Rocco Silvestri sud.o V.C.  

A° del Signore 1797 in giorno di domenica li 21 del mese di Maggio. Piatta.

      In esecuzione degli antescritti ordini e partiti di vicinanza legalmente congregata fin dall'anno scorso dopo che decisamente si stabilì di voler venire alla tropo necessaria rifabbrica di questa V.da Chiesa di S.Maria e S.Anna non si mancò di cominciare in sull'atto a dar mano con ogni possibile attività alla preparazione di materiali necessari al fine inteso. E prima di ogni altra cosa si pensò a far l'accordato come all'ultimo antescritto ordine e Partito di Vicinanza. Questi i fatti segni il giorno 2 di ottobre dell'anno scorso 1796 nel quale fu rogata la scrittura dell'Accordio coi patti, riserve, spiegazioni e limitazioni, e clausole opportune e necessarie. Questa scrittura venne estesa e pubblicata dall'Ottimo Signor Notaio Francesco Antonio Schena stipulata per una parte dagli Agenti - Anziani e Deputati della Ven.da Chiesa e rispettiva Vicinanza, e dall'altra dal Sig. Giuseppe Magini di Imagna Pieve di Lucarno, quale si assunse l'obbligo di questa fabbrica, quall'uomo capace di fedelmente eseguirla. L'opera intera fu delineata e descritta partitamente nella sua scrittura a capo per capo talché questa serve tutta assieme e di Scrittura d'Accordio, e di dissegno dell'opera da farsi. A chi piacesse risaperne i fatti e le condizioni reciproche di tale contratto potrà leggere la sud.ta Scrittura quale conservasi insieme all'altro di questa chiesa. L'opera intiera fu accordata al sud.to Magini pel prezzo di L. 4.200.= nella nostra moneta comune di Bormio obbligandosi egli a tutta la maestranza e manoalità necessaria, con l'obbligo solo di dargli tutto il materiale necessario al piede della fabbrica e di qualche aiuto ai giorni festivi. Stabilito così questo contratto sempre con maggior impegno si dovette pensare al preparamento dei materiali.

La prima cosa a cui si dette mano fu la calcina. Si pensò di voler ordinare una fornace nella vicinanza, acciò riescisse e per questo e per li futuri bisogni, ma l'impossibilità di poter ritrovar i sassi di calcina comprovata da più periti fece tosto desitere da questo pensiero. Si pensò dopo di voler andare a Cipina, ma questo pure fu annullato per motivo della lontananza. Per ultimo si risolvette di andar a Furva, sperando ancor che un popolo numeroso com'è questa vallata insigne, non avrebbe mancato di prestar qualche caritatevole aiuto, il che però non si fece, penso io, perché la fatica sempre pesa. Mandato a questo effetto un obbligante memoriale all'Ill.re Consiglio Ordinario di Bormio si ottenne il rescritto n° 25 piante da potersi tagliare metà gratis nel bosco di Valserasina. Si domandava di più e in boschi più commodi, ma l'ambizioso interesse de' Signori Bormini non acconsentì di favorire di più un opera così lodevolmente Santa. In tutto il restante dell'autunno e dell'inverno successivo non si fece altro che tagliare e condurre questa legna. Molte furono le fatiche che ci volero, e più molti gli incomodi. All'aprirsi poi della Primavera con maggior sollecitudine si diede mano a preparare e condurre i sassi convenevoli per far questa calcina. Non è a ridirsi il lavoro che ci volle, lo sanno coloro che l'hanno fatto: l'incomodo riuscì massimo per aver dovuto condurre la maggior parte de' sassi dalla contrada o torrente di Uzza fino a S.Antonio. Qui addietro si darà la distinta di tutto lo speso a far fare questa fornace di calcina, non computato però il molto delle giornate che tutte si fecero gratis dai vicini, come pure si darà la distinta del ricavato dalla calcina venduta. A' 25 del mese di Aprile a sera gli si diede il fuoco quale si mantenne fino ai 30 dello stesso parimenti fino a sera: mentre essendosi usata ogni attenzione sortì egregiamente bene ed onnimamente cotta. Nella seguente festa si condusse gratis parte dai vicini, parte da quei di Bormio e parte da alcuni di Furva. Da venti a venticinque carri incirca fu condotta sulla fabbrica ed il restante cioè di 33 carri circa fu venduta a L. 25.= per carro. Terminato così questo incomodissimo lavoro per la lontananza più non si aspettava che la venuta dei Mastri a dar principio; cresceva intento ogni giorno di più l'impazienza di vederli arrivati: questi tardarono a venire dai primi di maggio sino ad oggi giorno antescritto 21 maggio. Si cominciava quasi a temere che non volessero più venire, e già s'era pensato a provvedere altrimenti. Ma intanto fedelmente arrivati in questo stesso giorno s'è dato principio a levar i tetti, gli altari, etc. preparando il lavoro per non perder tempo. Invocato pertanto il Divin Aiuto e la celeste benedizione sopra la fabbrica mediante l'Esposizione del S.s. Sacramento e canto delle Litanie de' Santi fatto in questo dì a questo fine radunatosi formalmente l'intiera vicinanza, decretò la condotta della sabbia ed altri necessari materiali da farsi a giornata dai vicini concordemente gratis, cioè due giornate senza condotta di bestie ed una colla condotta e finito un primo giro d'ogni famiglia cominciarsi tantosto un altro collo stesso ordine. Nel seguente lunedì li Mastri cominciarono a demolire con ogni attività, ed in seguito han proseguito e proseguirono il lavoro. Ottenutosi previamente dall'Ill.mo e Rev.mo Mons. Vescovo di Como Carlo Rovelli il decreto favorevole di poter dar mano all'opera impiegar le rendite della Chiesa, e durante la fabbrica di poter celebrare la Messa e fare tutte l'altre funzioni nel vicino Oratorio previa però la Benedizione secondo il rito di questo, il Sig.r Can.co Sertorio Pierantonio a questo specialmente delegato venne nel dì 24 dell'antescritto mese di maggio a farne la funzione solenne e da questo giorno tutte le funzioni si fanno nel sud.o Oratorio fino a che la Chiesa siasi decentemente ridotta. Il sullodato Decreto del Vescovo, unitamente all'attestato della Benedizione solenne dell'Oratorio esistono nelle memorie di questa Chiesa.

Sembrando intanto che sebben la fabbrica avesse cominciato, mancasse lo zelo e la premura de' Vicini in prestarsi alla condotta de' materiali, fui io il primo che misi sott'occhio un altro dissegno fuori dall'accordato lontanissimo dalla bellezza e maestà del primo, lo proposi ai Mastri Capo; e comecché l'interesse lo lusingava facilmente, s'indusse a cambiar la natura del contratto abbracciando il secondo: salva però in questi frangenti l'approvazione della vicinanza; cominciai a far lavorare su questo secondo dissegno: proseguiva, quando, informatisi di questo, alcuni vicini cominciarono a richiamare fortemente. A questo punto conobbi che la vicinanza voleva durare nel dissegno e contratto primiero: feci dunque in allora desistere da quel lavoro ed aspettai alla Domenica prossima successiva che cadde ai 4 giugno in cui, formalmente congregata, previo l'avviso, la vicinanza, a pieni voti si decretò l'insistenza sul primo contratto, ricusando onnimamente il secondo: non ebbi affronto da questa contraddizione che mi fece il mio popolo; perché già da principio la conobbi ragionevole. Io insistetti sulla necessità di aver maggior diligenza e premura nella condotta de' materiali; tutto mi si promise, ed in effetto in questi primi giorni, molto si lavorò con buona unione. Vedo, però, che sono solo al principio e che moltissimo mi manca, in altro non ho riposto la mia fede e confidenza che nell'assistenza e nell'aiuto divino: opero e lavoro per la casa di Dio, egli mi assisterà e mi provvederà ne' più difficili bisogni.


Ad æternam rei memoriam A° 1798 die 27a.

Il cittadino Parroco di questo luogo Rocco Patrizio Silvestri dopo che ebbe fatto demolire l'antica piccola eseurissima Chiesa di S.Anna, dopo che ebbe dato principio alla nuova rifabbrica conforme l'accordato come costa dalla scrittura d'accordio ed avvenne, che fu eletto Parroco di Semogo per conseguenza nel mese di Luglio 1797 diede la rinunzia al Popolo di Piatta. Inseguito a tale rinunzia fui eletto io Gianalberto Raisoni di Livigno in Parroco di Piatta nel dì 29 Settembre dell'anno sud.o 1797.

I posteri potranno immaginarsi in quale stato trovai questa Chiesa Parrocchiale nel mio ingresso in essa, mentre eran percorsi solo cinque mesi, dacché si era dato principio alla ristaurazione; non si vedevano che quattro pezzi di muro innalzarsi tra i muri di sassi ed altri materiali. Dovetti sul punto accingermi a far coprire col tetto queste mura, e sgombrate al di dentro per quanto fu possibile dal materiale, così in questo stato fu benedetta nel giorno 11 novembre dell'anno sud.o - 97; e così come trovasi ufficiata per tutto il seguente inverno. Alli 11 di Maggio dell'anno 1798 arrivò il capomastro Magini con altri tre compagni e riasunse il lavoro colla massima attività. Non è da ridirsi quanto io m'impegnai nel decorso dell'inverno per accumulare dinari, onde poter in breve ridurla a termine. Ordinai a questo fine una questua generale per tutto il contado: io medesimo andai a Livigno a questuare, e raccolsi un'abbondante limosina, come può vedersi al seguente registro. Non è nemmeno da ridirsi quanto il popolo di Piatta affaticò per prestare il necessario materiale, sassi, sabia, calcina e gesso; di solo gesso ne condussero 29 carri dalla Val-Furva, cavato propiamente dalla miniera. Fortunatamente si trovò una profonda vena di sabia bellissima nel fare lo scavo per il novo cimitero dietro il coro, da dove si cavò tutta la sabia necessaria per terminare l'opera. Tra per l'appunto l'anno della rivoluzione: quanti timori, quante spese, quante fatiche anche a motivo della rivoluzione?! Eppure ad onta di tutto questo, nell'atto che la fabbrica andava a grandi passi avanzandosi, si fece altro novo accordio col med.mo Magini, cioè si fece stabilire la facciata della Chiesa al di fuori e rifare la sagristia (ciò che non entrava nel primo accordio) per il prezzo di L. 300. Onde può ognuno immaginarsi quanto dovesse essere attivo e indefesso il Popolo nel prestare i materiali per una fabbrica che si credea poter ridurla a termine appena in tre anni. Eppure tutto si compì gloriosamente nel breve spazio di soli quindici mesi con gran stupore e meraviglia dei Popoli circonvicini.

Terminata in così ottima e lodevol forma la Chiesa, partirono i Mastri il dì 26 agosto -98; ed io pensai ben tosto per fare a Dio, alla gran V.M. ed alla gloriosa S.Anna un solenne ringraziamento per l'assistenza prestataci nel decorso tutto della fabbrica. Ordinai a questo fine un solenne triduo da cominciarsi il giorno 8 Settembre. Fu, infatti, eseguito nei giorni 8 - 9 - 10 Settembre 1798 - con lo sparo di mortai in tutti i giorni, colla Messa Solenne, e Vespri ancora in Terzo, con predica mattina e sera, coll'intervento di molti sacerdoti, col numeroso concorso di popolo da tutte le terre circonvicine, con esposizione del Vener. con solenne Te-Deum in tutte tre le sere, in somma fu eseguito con grande solennità, e con altrettanta pietà, divozione ed allegrezza del mio popolo.

Tuttociò sia detto affinché i posteri vengano animati dall'esempio dei suoi antenati ad essere solleciti nel mantenere decente ed adorna la Casa di Dio.

Anno 1799 lì 7 Novembre.

Avendo il Venerando Capitolo di Bormio per l'attuale vacanza di parroco in questa V.Cura eletto me per tenere l'antico suo diritto a supplire alla veci di Parroco quantunque inabile a tal peso e vedendo io Can.co Giovanni Simoni, che nonostante le fatiche sostenute dal mio Antecessore Gian Alberto Raisoni nel rifabricare la Chiesa atterrata dal rev. Sig. Don Rocco Patrizio Silvestri, vi mancava quello che era più necessario, vale a dire la metà del tetto di essa, perciò per ovviare quei pericoli che nascer potevano da questa mancanza e quindi patire la recente fabrica, contro ogni aspettazione oltimamente riuscita, ho stimato d'inviare, come difatti trasmisi, una mia lettera ad ogni parroco di questo esimio Contado, supplicandoli di permettere che nelle loro Parrocchie facesi fare una questua per gli occorrenti bisogni di questa chiesa, con cui ancora loro raccomandai caldamente, che in giorno festivo eccitassero i loro popoli a concorrere con le loro limosine a dar soccorso a questa povera vicinanza e chiesa mancante dei mezzi necessari al riattamento de' tetti; ed altre spese. Quindi dietro alle mie istanze, avendo avuto una favorevole accondiscendenza da detti Rev.di Parrochi ho spedito per le Parrocchie dell'intiero Ecc. Contado alcuni uomini di questa vicinanza a raccogliere le limosine de' fedeli, quali essendo state a me consegnate perciò di esse ne darò il dovuto conto distintamente, acciò ogniuno veder possa dove e in che sono state impiegate.

Legenda:  

Vicinato       = Popolazione
Tosto           = Presto
Comecché    = Siccome

      Il Sacerdote Don Luigi Sertorio promosso dalla Coadiutoria di S.Maria Maddalena in Valdisotto alla Parrocchia di Piatta nell'Aprile del 1923, continuando e favorendo l'iniziativa già in corso da alcuni anni per la costruenda nuova chiesa si impegnò nella raccolta delle offerte. Intanto andava procurandosi un progetto che soddisfacesse ai bisogni della Parrocchia. Fu incaricato il Sacerdote architetto Moioli insegnante al collegio di Gorla Minore, ma siccome il progetto fatto da lui riuscì di proporzioni troppo vaste veniva ridotto nelle misure dall'Ingegnere Comm. Vitali di Sondrio.

      Dopo una serie interminabile di questioni con i privati per il passaggio (tutte le opere buone al loro inizio devono esser fecondate dall'opposizione, dalle difficoltà che ritemprano l'animo e la volontà per far fiorire e maturare l'iniziativa) superate dalla risolutezza e dalla costanza di Don Luigi Sertorio si poteva finalmente dare inizio ai lavori. I fondi della località Sompdos scelta per la costruzione della Chiesa venivano donati alla fabbriceria dai singoli privati:

      Da parte della Pedrana Elisabetta zappativo distinto con il mappale n. 4386 =a di are 3.00 estimo L. 1.50

      Da parte di Pietrogiovanna Primo ed Enrico zappativo distinto con il mappale n. 4386 =c di are 3.00 estimo L. 1.50

      Da parte di Pedrana Maria zappativo al mappale n. 4386 =d di are 2.90 estimo L. 1.45.

      Fu istituita una commissione che cooperasse con il Parroco alla direzione e alla amministrazione del finanziamento dei lavori composta dalle persone più influenti in paese e precisamente dai signori - Dei Cas Onorio - di Bonaventura - Canclini Daniele fu Nicolò - Dei Cas Pio fu Abbondio - Bracchi Francesco fu Cristoforo - Canclini Emilio fu Casimiro - Canclini Innocente fu Casimiro.

      I lavori intanto entrarono nel loro pieno sviluppo. La popolazione, ad eccezione di pochi, erat cor unum et anima una di fronte alla grande opera alla quale si accingeva; e si impegnò di fatto con giornate gratuite, con offerte generose in denaro e lagname. Una lode particolare va fatta ai giovani i quali con entusiasmo meraviglioso si prodigò al trasporto gratuito dei sassi specialmente d'inverno sulla neve con le loro slitte.

      Furono occupati alla costruzione tutti i muratori della frazione sotto la direzione del Capo-Mastro Pedretti di Grosio.

Il giorno fissato per la benedizione e posa della prima pietra fu il 2 maggio 1926. Presente una grande folla venuta da tutti i paesi del bormiese e tutto il clero del vicariato si svolse la cerimonia suggestiva. Il sacerdote Carlo Santelli arciprete vicario foraneo di Bormio delegato dall'Ordinario alla benedizione della prima pietra rivolgeva al popolo parole di incoraggiamento ed elogio. Nella pietra si depose una pergamena ranchiusa in un      astuccio con la seguente dicitura (in latino):

Ad Perpetuam rei memoriam

la cui traduzione così recita:  

Anno del Signore 1926 giorno
11 mese di Maggio
Pio XI Papa
Rev.mo Canonico Antonio Piccinelli
amministratore della diocesi di Como
(essendo vacante il vescovo)
Vittorio Emanuele III°
Re d'Italia
-------
Clero e popolo presente

insieme con i fabbriceri
il Molto rev. Carlo Santelli Arciprete di Bormio

delegato dall'ordinario
benedisse e pose

la Prima Pietra
della nuova chiesa parrocchiale
da erigere ad onore di S.Anna
mentre tutta la popolazione
applaude e prega.
- seguono le firme -


Volantino distribuito in tutto il mandamento:


Nuovo Parroco
1932

Nominato prevosto di Vervio il Parroco Don Luigi Sertorio gli succede il Sac. Stefano Armanasco di Tovo che si investe del beneficio parrocchiale di Piatta il giorno 24 maggio 1932 tre giorni dopo la sua ordinazione sacerdotale, e prende possesso il giorno 10 luglio 1932.


Triduo alla B.V. del Soccorso 
24 - 26 Luglio 1932

Imperversando da due mesi e più il cattivo tempo che minacciava seriamente il raccolto dell'annata, i capi-famiglia di questa frazione fecero istanza presso il parroco perché si facesse un triduo propiziatorio alla Madonna del Soccorso. Tutta la popolazione si strinse attorno al  S. Simulacro; il giorno 24 Luglio 1932 fu portata processionalmente alla Parrocchiale dove rimase fino alla sera del 26 festa di s.Anna titolare della parrocchia.

      La Madonna del Soccorso venerata con fede cantante da tutte le popolazioni del Bormiese anche nel passato glorioso per le grazie ricevute, portata sul suo trono trionfale dai Confratelli del S.S. Sac. è passata sorridente e benedicente attraverso le nostre campagne e fu riaccompagnata la sera del 26 Luglio da centinaia di figli venuti anche da altri paesi, alla sua cappella.

      Folla entusiasta e devota, si può dire tanto più entusiasta e riconoscente alla Madonna del Soccorso che già incominciava ad esaudirla regalando dopo due mesi di pioggia la prima giornata splendente di sole. Il triduo solenne e devoto per le funzioni solenni e le numerosissime S. Comunioni si conchiudeva con la trionfale processione lasciando nel cuore del popolo un grato ricordo e una fede rinnovata.


Visita Pastorale
19 Ottobre 1932  

S. Ecc. Mons. Alessandro Macchi esce dalla Valfurva e sale a Piatta. Tutta la popolazione di questa parrocchia si è raccolta ad incontrarlo al dosso del Cimitero. Stendardi, croci, veli bianchi, Confratelli, Consorelle, le fanciulle della poesia, la musica, una bella processione attendeva, S. Ecc. Mons. Vescovo per accompagnarlo alla parrocchiale. Alle ore 16 la automobile di S. Ecc. attraversa il ponte di Combo, e sale la strada di piatta. Un ondata di entusiasmo si diffonde tra la gente che attende ansiosa. S. Ecc. discende dalla macchina sorridente e benedicente alla popolazione applaudente mentre la musica un inno trionfale. S. Ecc. sosta al Cimitero per il suffragio di rito e giunse alla parrocchiale attraverso le vie pulite e ornate di piante resinose. Mons. Vescovo impartisce la benedizione con il S.S., visita il Tabernacolo, gli altari , la chiesa, umida piccola piegata alle pareti e sulla volta; bella solo come S. Ecc. diceva alla popolazione, per la fede e la pietà dei figli suoi che la frequentavano con amore e l'hanno occupata, durante la cerimonia della visita Pastorale, tutta anche negli angoli e negli altari per partecipare alla S. Messa e Comunione generale. Ma bisogna soggiungere subito che Piatta è alla vigilia di un'inaugurazione di una nuova chiesa che guarda come a protezione sulla valle pianeggiante e saluta il viandante con il suo campanile snello e presto con la voce delle sue campane. E' facile scrivere queste cose ma è doveroso pensare ai sacrifici di questa gente che non ha né può avere grandi risorse; pensiamo ancora a quel Sacerdote che per anni spinse e guidò la popolazione di questo paese all'ardua ma tanto necessaria impresa. Sua Ecc. amministrava la S. Cresima a 70 bambini. Trovava poi nella sua occupatissima giornata, il tempo di visitare la Chiesa nuova. La esaminava in tutti i suoi particolari dando consigli oppurtuni, suggeriti dalla sua rara competenza e illustre e generoso mecenate faceva consegnare al Parroco L. 500 a titolo di incoraggiamento a proseguire i lavori. Lasciava la Parrocchia promettendo sarebbe venuto presto per la Consacrazione della Chiesa.


La Morte del Santo Missionario
Giosuè Dei Cas  (4 Dicembre 1932)  

       Il nostro buon ed umile fratello Giosuè Dei Cas fu Anacleto è morto a Wau nel lazzaretto dei lebbrosi, lebbroso lui pure. Pagò la sua vita nel nascondimento e nel dolore, là nel suolo africano proprio là dove le Missioni portano come sigillo particolare il sacrificio. Nato nella frazione Burat il 27 settembre 1880 nel 1905 si presentava all'istituto Missioni Africane di Verona. Figlio della montagna, aveva della montagna l'ingenua franchezza. Il suo portamento interiore non era che la scorza che nascondeva un cuore esuberante di giovinezza, di una giovinezza forte e rigogliosa, sempre fresca, perché nutrita dall'amore per Iddio e per le anime. E precisamente andava per consacrare le sue energie a coloro che tra i poveri sono i più poveri, i figli della povertà: i neri dell'Africa Centrale.  

      Il Campo del suo Lavoro: L'anno 1907 egli partiva per l'Africa, modesto senza alcuna pretensione, quasi meravigliato di essere stato riconosciuto buono per una causa così grande. La sua prima campagna fu tra gli Scilluk: Popolo fiero e superbo e selvaggio ostinato e restio ad ogni infiltrazione europea. Giosuè Dei Cas vi giungeva sorridente, quasiché attendesse da lungo tempo di penetrare in quel popolo. E fu amato. Lavorò 13 anni consecutivi. Fu poi richiamato in Italia per un po' di riposo e nel 1924 ritornò tra i suoi fieri Scilluk con l'entusiasmo dei suoi primi anni. Ma il Signore attendeva il suo Apostolo e gli preparò una prova amara si, ma degna del suo servo. I suoi giudizi non sono i nostri e le sue vie non sono le nostre.

      Un giorno il nostro Giosuè si accorse di aver contratta la lebbra. Ebbe un istante di sorpresa e di tristezza. Non era la terribile malattia che gli faceva paura, no: era il pensiero di non poter più lavorare fra i suoi neri. Ma quando seppe che i suoi superiori avevano già potuto trovargli un posto in un lebbrosario della missione, il sorriso sfiorò ancora quelle sue labbra che già cominciavano a sentire gli effetti del male. L'apostolato per lui era assicurato e ripeteva allora:"La mia malattia non è più una croce, è una fortuna, posso essere più missionario di prima".

      Fra i lebbrosi a Wau, nella missione di Bahr el Ghasal il governo inglese ha aperto un lebbrosario, per riunire tutti gli sventurati colpiti dalla crudele malattia ed applicare ad essi in nuovo rimedio scoperto dopo 10 anni di studio.

      Questo rimedio è dato dall'olio dell'Hiduocarpus e si somministra agli ammalati due volte alla settimana con iniezioni, e riesce a salvare anche il trenta per cento degli ammalati all'ultimo stadio. Nel lebbrosario di Wau entrava il 10 ottobre 1928 il fratello laico Giosuè Dei Cas per pregare, soccorrere e soffrire e morire come i suoi fratelli di sventura con il sorriso sulle labbra e la gioia nel cuore. Rimane di lui una lettera da cui emana una fragranza di zelo una semplicità ammirabile:"Il Signore dice: mi ha dato questa infermità come una piccola croce da portare ed io l'abbraccio serenamente. Passo la mia giornata tra i miei cari fratelli neri e parlo loro della bontà di Dio. Ma ciò che mi rende felice è questo: ogni mattina un padre viene apposta da Wau per celebrare la Messa. Mi hanno detto che mi si provvederà un Tabernacolo e poi rilascerà qui vicino a me il Signore. Io non posso desiderare di più. E non è questo un Paradiso? Chi più beato di me?" E svolse il suo programma di apostolato con una bontà ed una delicatezza tutta sua propria essendo l'anima di quello  sventurato.

      La morte l'accettò con il sorriso del servo buono e fedele, l'accettò e l'offrì a Dio, perché fosse preservazione di altre vite più giovanili. A un confratello che negli ultimi istanti gli diceva di confidare in Dio rispondeva:"E' meglio che muoia io stesso e che siano conservati i più giovani e più forti di me" anima veramente apostolica gode ecclissarsi, perché restino coloro che possono attuare il Regno di Dio. Spirava lasciando alla terra il suo corpo coperto di piaghe e di miserie, piaghe e miserie che si sono già cambiate in gemme brillanti per il Paradiso.


Funerali in Parrocchia

Il giorno 19 dicembre 1932 tutta la popolazione di Piatta con numerosi interventi dai paesi vicini tributava gli estremi onori ad un umile suo figlio Giosuè Dei Cas. La salma non c'era, riposa dal 4 dicembre nell'umile cimitero di Wau nell'Africa Centrale. Umile pagina di sofferenza la sera. Pastore sulle montagne dello Stelvio a 25 anni ne cambia le umili vesti con quelle di povero frate entrando nella Congregazione dei figli del S.Cuore di Msr. Comboni di Verona. Poi l'Africa fu la sua passione; ritornato nel 1920, nonostante il permesso, anzi l'insistenza  del suo superiore non volle rimanere a casa più di un mese. Ripartì: curando i lebbrosi lo colse la terribile malattia, ma quanto tempo si passò prima che si decidesse a far conoscere il suo eroismo alla sorella ed al fratello. Scriveva spesso ma sempre nel nativo dialetto, portando un caro ricordo della patria che non avrebbe più riveduto, poi le sue lettere vennero a mancare, forse le dita erano cadute: il 12 corr. un laconico telegramma informava l'Istituto di Verona della sua scomparsa avvenuta il giorno 4 dicembre 1932.

      Una parabola di lode guasterebbe l'insegnamento ed il monito che dalla sua tomba pur lontana sempre si sprigiona.


Chiesa Nuova
Continuazione dei lavori

Aderendo al desiderio di S. Ecc. Mons. Alessandro Macchi, vescovo di Como, di donare sollecitamente al culto la nuova Chiesa in sostituzione della vecchia ridotta ormai a uno stato compassionevole e indecorosa per l'esercizio del culto, si diede nuovo impulso ai lavori. La nuova Chiesa all'epoca della visita Pastorale 19 - 20 ottobre 1932 per quello che riguardava l'assetura* (tetto, intonaco e finestre) era ormai ultimata, mancava il pavimento, luce e suppellettili. Il pavimento si presentava con un sottofondo in cemento greggio che nascondeva un bloccaggio di circa 40 cm di sassi fatto completamente sulla roccia. E la chiesa poggia con le sue fondazioni veramente sopra firmam petram, la muratura e posta a fior di terra, il fondamento scende alla profondità di mezzo metro nell'angolo nord della facciata. Ricchi di progetti ed intenzioni, ma poveri di risorse si deliberò di provvedere alle cose più necessarie e che importavano minor spesa. I falegnami del paese Canclini Innocente fu Casimiro, Dei Cas Onorio fu Bonaventura, Canclini Erminio di Bonifacio e De Monti Giovanni fu Abondio seguendo i disegni tracciati dal Maestro Cesare Rini di Bormio - diplomato all'accademia di Brera e insegnante disegno nelle scuole di avviamento professionale di Bormio eseguirono le balaustre, il pulpito ultimato il 20 agosto 1933 rivestito da 4 tavolette riccamente intagliate e poi applicate al pulpito dallo stesso, Maestro Rini Cesare rappresentante i simboli dei quattro Evangelisti, la bussola della porta centrale e l'armadione delle Confraternite in fondo alla chiesa. Contemporaneamente veniva fatto l'impianto della luce elettrica dall'operaio elettricista Tenci Giovanni Antonio di Gervasio abitante a Ranzona. Il filo partendo dalla Sagristia sale nel cornicione e lo percorre tutto nell'intorno con una diramazione per ogni lesena.  Si decise di far un impianto interno per ragioni estetiche e di pulizia.


Sopralluogo del Sig. Ingegnere
Antonio Giussani di Como

Il giorno 21 maggio 1933 l'illustre dott. Ing. Antonio Giussani di Como membro della Commissione Diocesana di arte sacra appositamente invitato faceva un accurato sopralluogo alla Chiesa vecchia, agli altari, alla suppellettile che a suo tempo sarebbe stata trasportata in Chiesa nuova. Detto sopralluogo portava a queste conclusioni:

"Rev. Sac. Stefano Armanasco parroco di Piatta

      In relazione al mio sopralluogo data del 21 cm insieme con mio nipote sig. Gabriele Giussani, che ha una speciale competenza in architettura, le comunico il nostro concorde parere:

1-L'altare maggiore della Chiesa vecchia è una buona opera d'arte che necessita di essere trasportata nella Chiesa nuova.

2-Lo stesso dicasi dell'ancona appesa all'alto dell'abside;

3-Idem per l'ancona dell'altare di Sinistra (S.Francesco);

4-Per l'ancona dell'altare di destra si potrà togliere il tabernacolo che non è proprio ne necessario ne utile, in modo di avere la simmetria con l'altare di sinistra che non lo ha.

Siccome poi le dorature moderne splendono troppo, con io consiglierei di darvi una velatura.....

In detta circostanza esprimeva il suo parere intorno al pavimento e diceva:

 5-Riguardo al pavimento io sconsiglio di usare piastrelle di cemento semplice intarsiate a disegno, perché ritengo che avrebbero una piccola durata e verrebbero pertanto laccate. Io mando due preventivi: uno della ditta Enrico Sanpietro di Como, che sta lavorando a Bormio (nel nuovo garage Perego all'inizio del Paese dove lo stradone si biforca) l'altro della ditta Ambrogio Bernasconi e F. che lavora molto in Valtellina.

Il Sanpietro farebbe il pavimento a mosaico veneziano come il tipo allegato, per cui chiede L. 25 per i campi e L. 42 per le forme, oltre il trasporto e l'energia elettrica per la lucidatura a macchina.

Il Bernasconi farebbe il pavimento a piastrelle di famiglia, come al disegno allegato al prezzo di L.20 il mq. che io ho ridotto però a L. 19. Il disegno allegato è identico a quello del Santuario del Crocifisso di Como e sarebbe tutto a cassettoni bianchi e neri.

Se Ella potesse mandarmi le planimetrie della Chiesa io stesso potrei segnarvi il disegno esatto del pavimento. La ditta Bernasconi è ottima e sicura ed io me ne valgo quasi sempre per i miei lavori di studio. Io ritengo in questo modo di aver risposto a tutte le sue domande, e se di qualcuna mi fossi scordato scriva pure liberamente.

Con cordiali saluti.  
Sig. Antonio Giussani


In seguito a questa relazione il giorno 5 giugno venne raccolta la Commissione della Chiesa Nuova per sentire il parere dei componenti intorno alla pavimentazione della Chiesa stessa, in questa circostanza il cronista ebbe occasione di rilevare diversi pareri. Tot capita tot sententiæ. Il noto adagio dei nostri padri trova le sue ragioni di essere anche nelle cose di minore importanza. Chi l'avrebbe voluto in legno ed erano i falegnami, chi lastroni di granito di S.Antonio o in pietra dolce di Grosio come gli stipiti delle porte centrale e laterali trasportati da Grosio dall'inclito capo-mastro Pedretti che presiedette ai muratori nella costruzione della Chiesa, chi ancora in piastrelle di cemento, altri più progrediti ma meno economici in piastrelle di marmo. Prevalse il parere di chi decise di pavimentare la chiesa in piastrelle di famiglia a compressione idraulica.

      Si interrogarono due ditte, la ditta Ghilardi di Milano e Bergamo e la Bernasconi di Como le quali in concorrenza tra loro proposero i loro prezzi e le loro condizioni e dato l'interessamento dell'Ing. Giussani si diede la preferenza alla ditta Bernasconi.


In data 14 giugno 1933 l'Ing. Giussani scriveva:

      Rev. Parroco di Piatta

      Mi affretto a mandarle la regolare lettera di preventivo, delle ditte A. Bernasconi in data 12 c.m. in cui vedrà che son riuscito a ridurre il prezzo da L. 19 a 18,50 al mq. Badi che nella lettera è segnata la profondità di 4½ cm. del sottofondo sotto il piano finito del pavimento, ma manterranno anche cm. 3½ se il piano di sottofondo è già ultimato, come mi pare di aver visto; Le mando lo schizzo del pavimento della navata con il disegno delle piastrelle. Riguardo alla Sagrestia mi par bene fare un disegno semplice a dama. Per il Presbiterio Ella può scegliere un disegno a cassettoni con al centro una piastrella decorata.
Ella può fidarsi pienamente dalla ditta Bernasconi tanto più che il suo capo verrà a passare le vacanze a Bormio con la famiglia e quindi potrà ben dirigere il lavoro.

Mi ritengo a sua disposizione per qualunque occorrenza. Con cordiali saluti. 

Sig. Antonio Giussani 


Trascrivo la lettera della ditta A. Bernasconi nella quale vengono esposte le condizioni poste dalla ditta stessa in merito al lavoro:

      Rev. Parroco di Piatta

Come da sua pregiata segnamo il prezzo e condizioni per la fornitura del pavimento della nuova chiesa di Piatta.

Pavimento alla chiesa presbitero e sagrestia per circa mq.240 coi vani da eseguirsi con mannette mosaico levigate quadre di 20x20 a fondo unito, bianche e nere. Campo a disegno formato a cassettone e fasce laterali bianche e nere come contro ordine. Merce data franco a ½ camions a Piatta e posa in opera nel posto a ½ nostro operaio al prezzo di L.18,50 al mq. a vostro carico preparazione sottofondo a cm. 4½ sotto il livello del pavimento finito; le forniture della malta e cemento per la posa e la manovalanza in aiuto al nostro operaio.       Pagamento 50% alla posa in opera e la rimanenza entro il 1933 netto di sconto. Lavoro eseguito a regola d'arte con materiale ottimo e ben levigato.

Per la fornitura della malta q.li 3 di calce e 10 di cemento Portland tenendo conto che il camion grosso non può arrivare a Piatta e quindi si deve ricaricare il materiale a Bormio su un altro più piccolo con maggiore spesa di trasporto siamo certi che troverete il prezzo segnatovi di vostra convenienza non avendo proprio nessun margine.

      Restiamo in attesa di una cortese conferma e con distinta stima salutiamo.
Como, 12 Giugno 1933
A. Bernasconi


Accettate le condizioni offerte si procedeva alla ordinazione del lavoro. Il primo luglio 1933 giungeva il materiale da Como, camion e rimorchio con circa 100 q.li e l'operaio mandato dalla ditta, certo Corti di rebbio; due giorni dopo poteva iniziare il lavoro che ultimava in quindici giorni precisi. Con quella Chiesetta ricca di luce, che rappresentava l'epilogo di tutto un cumulo di sacrifici di una popolazione volenterosa e tenace, appariva finalmente, se non ultimata, almeno in grado di accogliere i devoti per l'assistenza ai S.S.Riti. La ripresa del lavoro dei falegnami segnava l'inizio del mesto esodo dalla chiesa vecchia di quelle anticaglie sfuggite all'incendio della Sagrestia (nel maggio del 1915 dopo la funzione ad onore della Madonna gli inservienti vuotavano i carboni ancora accesi del turibolo nella cassa del carbone e a notte inoltrata si sviluppava un violento incendio che distrusse l'oratorio dei confratelli soprastante alla sagrestia stessa e vari oggetti della Confraternita del S.S. Sacramento e della sagrestia tra cui un' antica croce astile di valore se le affermazione di tecnici di Piatta sono attendibili). Cassettoni con il fondo marcio fradicio per l'umidità sofferta nella sagrestia vecchia, armadioni male in gamba.      A questo punto come era impietosito giunge ancora all'orecchio del cronista il tono elegiaci dei commenti degli anziani del paese che mal si adattavano a quell'esodo improvviso. Atteggiati a a modesti precettori forti della loro formidabile esperienza presumevano opporsi all'abbandono di quella chiesa che riepilogava loro un passato denso di cari e preziosi ricordi. Vecchietti indignati conservatori tenaci, crocchietti di vecchiette refrattarie al progresso aiutavano l'esodo di quella roba, e i falegnami iconoelausti che avevano osato persino smantellare l'altare maggiore. Poveretti! Il loro atteggiamento è giustificato dalla venerazione direi quasi dall'attaccamento affettuoso che essi sentivano per la loro chiesa, e il distacco che essa doveva essere per loro un passo, un taglio doloroso. E' doveroso però aggiungere che in seguito lodevole anzi ammirabile divenne la loro accondiscendenza e la loro cooperazione morale e materiale quando videro la nuova chiesa mettersi bene. I cassettoni di sagrestia vengono riveduti e riattati, quello delle pianete e calici viene accorciato di 10 cm., perché fosse adattato alla piccola sagristia posta a levante. L'altare maggiore smontato nelle sue diverse parti attende di essere ricomposto. Si comincia dalla pala o ancona  trovata ancora in ottimo stato.


Ancona dell'altare

        E' del solito tipo architettonico a colonne, in legno scolpito, dipinto e dorato. Sulla base sono festoni di frutti e statuette. Ai lati si innalzano due colonne, tortili e ornate di volute foglie, ecc., foglie d' acauto, tralci con grappoli e statuine, sormontati da capitelli compositi. Sopra è il fastigio spezzato coi tronconi attorcigliati a volute su cui sono seduti angioli con fiori e da cui pendono festoni di frutti. Nel mezzo del fastigio e tra ricchissime volute fogliaccee espanse e accartocciate, una targa con il monogramma IHS e la data 1692. La tradizione la vorrebbe importata dal paese di Munster. Fu trasportata alla chiesa nuova il giorno 20 agosto 1933. Smontabile a base, le colonne, il fastigio potè essere rimossa con facilità ed essere ricomposta nell'abside della chiesa nuova a mt. 2,30 del pavimento sorretta da due mensole di legno. L'altare maggiore eccettuate le riparazioni estremamente necessarie fu conservato nelle sue linee primitive; fu abolito soltanto il gradino superiore dei candelabri. Piccolo questo altare con due semplici gradini sopra la mensa (per i candelabri) ornati da due fasce intagliate applicate al frontespizio, l'una settecentesca e barocca rimane con attesa di essere costituito da un altro più decoroso. Detto altare e sormontato da un tabernacolo a tempietto in legno riccamente colorato. Tra le colonnine ornate di foglie e tralci dorati, sono cinque nicchie in forma di finestrine barocche, con entro statuette scolpite. Al centro è quella del Redentore, legato alla colonna, ai lati sono la Vergine, S.Cristoforo ed altri due Santi. Sovrasta le colonne una ricca trabeazione retta da capitelli compositi. Sopra di essa una piccola balaustra e una mezza cupoletta sulle cui facce sono ornati di volute e di testine di Cherubini. Sono recenti le due statuette di cm. 17 rappresentanti S.Gioacchino e S. Anna poste in alto a fianco della mezza cupoletta. Furono eseguite da Toloni di Villa Dallegno (Ponte di Legno) come saggio per altri lavori che avrebbero dovuto eseguire.


Benedizione della Nuova Chiesa

Ultimati i lavori del pavimento e dell'altare maggiore la Chiesa apparve sufficientemente decorosa per lo svolgimento dei S.S. Riti. Si era pensato alla consacrazione, ma data la inclemenza della stagione già avanzata si decise di rimandarla ad un tempo più propizio. Sua Ecc. Mons. Vescovo Alessandro Macchi acconsente ed autorizza l'Arciprete di Bormio Sac. Dottor Evaristo Peccedi a benedirla.   La cerimonia è fissata al 21 settembre 1933. E' preceduta da un devoto triduo di predicazione tenuta dal Rev. Parroco di Oga Don Felice Gaffuri. Al mattino nella vecchia chiesa ha luogo la S. Comunione generale, mentre andava svolgendosi quell'ultimo Rito tutti provavano un non so che di rammarico pensando di dover lasciare quella chiesetta, vecchia sgretolata si, ma tanto bella per la fede dei fedeli che l'hanno sempre amata e frequentata.Nonostante il cattivo tempo affluirono numerosi i devoti anche da altri paesi. Alle ore dieci ½ ha inizio la solenne cerimonia, mentre piove dirottamente, ma questo non diminuisce l'entusiasmo della gente che seguì con interesse lo svolgersi del Santo Rito suggestivo che donerà al culto divino la Chiesa, la sua Chiesa grondante ancora dei loro sudori e dei loro sacrifici. Si entra in chiesa, la folla irrompe e vi occupa tutti gli spazi. Come chi sale la montagna quando raggiunge la vetta respira e si ricrea contemplando il panorama e si compiace della sua salita e ne dimentica i disagi, così la buona popolazione raggiunta questa meta si compiace con se stessa del cammino fatto e tutto dimentica e sacrifici e fatiche mentre soddisfatta riposa all'ombra del grande fabbricato che è divenuto casa del Dio vivente. Prima della messa solenne il Rev. Arciprete di Bormio indirizza al popolo la sua parola di alto elogio. Segue la S.Messa che riunisce in uno tutti i sentimenti del popolo. Sono sentimenti di gioia, di soddisfazione e di gratitudine che la popolazione di Piatta offre in unione con il Sacerdote a Dio in segno di riconoscenza alla sua Provvidenza dalla quale si è sempre sentita sorretta durante il lavoro che sembrava superiore alle possibilità di una frazione di 500 anime.    

Questa giornata lasciava nel popolo una incredibile impressione di bene.


Piatta, 21 Settembre 1933

In questo giorno 21 settembre 1933 festa di S.Matteo Evangelista ad ore 10½ in questa parrocchia di S.Anna in Piatta Pieve e Vicariato di Bormio, comune di Valdisotto, essendo presenti il R. Sac. Stefano Armanasco, Parroco di Piatta, il Sac. Agostino Acquistapace, Parroco di Cepina, il Sac. Felice Gaffuri, Parroco di Oga, il Sac. Battista Peri Delegato vescovile in S.Maria ai Monti in Valfurva, il Sac. Luigi Sertorio Prevosto di Vervio ed altri Sacerdoti e Chierici e presente parimenti tutto il popolo di Piatta e parecchi devoti accorsi da altre parrocchie il Sac. Don Evaristo Peccedi Arciprete di Bormio delegato a questo atto da S. Ecc.  Rev.mo Mons. Alessandro Macchi Vescovo di Como, benedì solennemente secondo la formula del Rituale Romano la nuova Chiese di Piatta dedicata a S.Anna e vi celebrò con rito solenne la prima S. Messa assistenti clero e popolo commosso.

In fede
Sac. Evaristo Peccedi - Arciprete di Bormio
Sac. Stefano Armanasco - Parroco di Piatta
Sac. Agostino Acquistapace
- Parroco di Cepina
Sac. Felice Gaffuri
- Parroco di Og
a
Sac. Battista Peri
- Deleg. a S.Maria dei Monti


Altri lavori nella Nuova Chiesa

Il Coro: In legno cembro, un disegno del Maestro Cesare Rini di Bormio, venne eseguito nel gennaio 1935 dai falegnami di Piatta Canclini Innocente - Canclini Erminio - De Monti Giovanni - Dei Cas Tranquillo - Canclini Giuseppe fu Marcello.

Via Crucis: Il disegno della cornice è del Maestro Rini di Bormio, la tela ad olio è quello della vecchia Via Crucis eretta canonicamente nella chiesa vecchia l'anno 1799.

Le colonnette tortili gotiche furono scolpite dal Maestro Rini compresi i capitelli e le fiamme ornamentali, il resto fu eseguito dai nostri falegnami.

Detta Via Crucis veniva inaugurata il giorno 8 marzo 1935 nel quale Sua Ecc. Mons. Tranquillo Paolo Silvestri vescovo titolare di Gèrico - ma ora residente a Bormio presso il Rev. Arciprete Peccedi, ne faceva l'erezione canonica conforme al verbale steso e conservato nell'Archivio. Sua Ecc. Mons. Silvestri (Missionario dell'Istituto Comboni di Brescia - poi dal 1924 vescovo di Kartom nell'Uganda, si era poi ritirato dal 1933 a Bormio) cominciava la Cerimonia con la S.Messa - indirizzava al popolo la sua parola per mettere in luce il tesoro di indulgenza che arricchisce quella devozione e poi procedeva alla cerimonia della erezione secondo le regole prescritte dalla S.Congregazione della Indulgenza.


S. Anna 1936

La solennità tradizionale di S.Anna è stata contraddistinta quest'anno a Piatta da maggiore partecipazione da parte dei Paesi della valle, facilitata anche dalla giornata festiva. Alle numerose Sante Comunioni del mattino sono seguite poi le celebrazioni solenni con grande devozione alla santa, tenuto dal Rev. Sac. Don Teodoro Pruneri di Isolaccia, e la imponente Processione del pomeriggio.

Il corpo musicale del dopolavoro di Piatta ha accompagnato il corteo religioso e ha rallegrato la sagra con le melodiose e buone esecuzioni.

Ci rallegriamo vivamente con il nuovo Parroco D. Armanasco, il quale, con fervore al voto da Noi espresso nella Ia visita Pastorale, ha continuato la cronistoria della Parrocchia.

Auguriamo che non vi siano mai pagine nere da rigistrare, ma tornino tutte per la maggior Gloria di Dio.

Siamo poi tornati con grande piacere in questa 2a visita, perché, a Dio piacendo, il voto espresso nella 1a trovò il suo compiacimento, ed abbiamo potuto stamane costatare il nuovo Tempio, così ben riuscito nelle sue linee architettoniche.

 Alessandro Macchi - Vescovo di Como
17/8/1936


Consacrazione della Nuova Chiesa Parrocchiale

In occasione della 2a visita Pastorale Sua Ecc. Mons. Alessandro Macchi, nostro amatissimo vescovo, consacrava la nuova Chiesa Parrocchiale, edificata in onore a S.Anna, Madre di Maria Vergine, il giorno 17 agosto 1936, fissando il giorno anniversario alla 4a domenica di agosto. Circondavano Mons. A. Macchi, il Parroco Don Stefano Armanasco, il Can. Angelo Gaddi, Segretario Vescovile e Convisitatore, il Sac. Don Luigi Sertorio, Parroco Prevosto di Vervio, già Parroco di Piatta e costruttore della Chiesa, l'Arciprete di Bormio Dott. Evaristo Peccedi, il Sac. Giacomo Pruneri Parroco di Isolaccia. Il rito della Consacrazione, seguito da tutto il popolo era il suggello divino alla indifessa attività dei Parroci Don Luigi Sertorio e Don Stefano Armanasco per l'erezione ed arredamento della nuova Chiesa, era inoltre la più ambita ricompensa, il più prezioso coronamento di tutti i sacrifici sostenuti da questa popolazione per la propria Chiesa.

La nuova Chiesa è e rimarrà in mezzo a voi, disse Mons. Vescovo, l'abitazione di Dio, la cattedra di verità, dove imparerete a conoscere, amare e servire Dio, sarà la mensa, alla quale vi accosterete per pulire l'anima vostra, la casa del Padre, al quale andrete per domandare Pace, perdono, conforto e vita.

Così, alla luce della fede, la popolazione di Piatta amerà, frequenterà la sua Chiesa, che s'innalza come un trono a difesa del Paese, come un calice offerto a Dio con i sacrifici, le preghiere, le opere buone di ogni giorno, per i vivi e per i morti.

 "Laus Deo"


1a Messa del Sac. Giuseppe Canclini:

Il 22 maggio 1937 veniva consacrato sacerdote da Mons. Alessandro Macchi, vescovo di Como, Don Giuseppe Canclini di Angelo e nel pomeriggio giungeva in Parrocchia, accolto da tutta la popolazione con il clero di Valdisotto. Da 39 anni non si celebrava in Parrocchia una 1a S.Messa:* spontanea, entusiasta e solenne riuscì questa manifestazione. Tutte le associazioni di A.C. parteciparono ai SS. Sacramenti e cospicui dono furono, per l'occasione, presentati dalle associazioni e dai parenti e amici al festeggiato. Con la popolazione e il Clero furono presenti anche le autorità civili. Parlò del Sacerdozio alla messa Solenne il Sac. Luigi Sertorio, Prevosto di Vervio e già Parroco di Piatta che iniziò alla vita sacerdotale Don Giuseppe. Pre l'occasione prestò lodevole servizio il corpo Musicale di Piatta. Al festeggiato furono fatti auguri di santo e fecondo apostolato nella Parrocchia di Codera, alla quale era destinato. Buon esito ebbe l'istanza presentata dal Parroco Don Stefano Armanasco a S. Ecc. Mons. Vescovo perché la destinazione a Codera fosse sostituita dalla destinazione alla Parrocchia di Arigna, più vicina e più cara al cuore di Don Giuseppe, perché già destinazione del compianto suo zio Don Marino Canclini, morto Arciprete di Isola. Gli auguri formulati per Codera vanno realizzandosi ad Arigna, dove Don Giuseppe getta abbondante la buona semente nel campo dissodato dallo zelo apostolico dei suoi antecessori, in particolar modo dallo zio Don Marino Canclini di v.m. 

Don Beniamino Praolini, morto parroco a Pedenosso, celebrò la sua 1a S.Messa il 4 giugno 1898.


S.S. Missioni = 17 - 25 ottobre 1937

Questa pagina di vita religiosa della Parrocchia doveva essere scritta dal Parroco Don Stefano Armanasco, che, non senza sacrifici, volle le S.S.Missioni; preparò la popolazione alla straordinaria predicazione, che da 23 anni non si aveva in Parrocchia; visse le giornate ammirando i sacrifici di tutti per partecipare, in modo particolare il sacrificio di numerosi operai, che da Val Fraele, dopo le giornate di lavoro, discendevano per sentire le prediche e risalire al mattino; raccolse abbondanti frutti di rinnovata vita cristiana. Ma quello che egli non poté fare perché chiamato, dopo pochi mesi, dalla fiducia dei Superiori a reggere la Parrocchia di Aprica S.Pietro, sarà brevemente ricordato nella sua successione cronologica. La sera del 17 ottobre tutta la popolazione accoglieva i missionari Don Sertorio Butti, Arciprete di Villa di Tirano e Don Marco Gherbi di Chiuro, che sino dal loro primo incontro, raccolsero larghi segni di consenso, infervorando ciascuno a seguire con costanza la Parola di Dio. La nuova Chiesa, che per la prima volta offriva la sua accogliente ospitalità alla predicazione delle S.S.Missioni, appariva insufficiente ad accogliere tutti. Frequentatissime anche le istruzioni ai ceti particolari, che con chiarezza e pratica pastorale furono dettati dagli instancabili Missionari. Totalitaria la partecipazione ai S.S. Sacramenti, edificanti le Comunioni generali, particolarmente bella l'ultima giornata, con la visita al Cimitero, quale ricordo delle S.S.Missioni, posto fra le tombe dei nostri morti, come promessa di fedeltà fino alla morte, ai sacri impegni riaffermati in questa circostanza, come segno di quella vita che si gode, oltre tomba, quando, in vita, si osservò la Legge di Dio, come preghiera ai morti di continuare la loro preziosa e consolante assistenza ai vivi, onde, un giorno, uniti nella gloria, insieme vivano tutti all'ombra della croce di Cristo. Il giorno 25 partivano i Missionari lasciando in Parrocchia grato e riconoscente ricordo del loro zelo Pastorale, con l'augurio che Dio ricompensi con abbondanti benedizioni tutto il bene fatto a questa popolazione.


1938 = Triduo alla Madonna del Soccorso
(13 - 14 - 15 maggio)
 

Si attendeva, da molto tempo, l'acqua tanto necessaria alla nostre campagne e la popolazione di Piatta, che già per la festa di S.Marco, si era portata, con le popolazioni della Valdisotto, al Santuario del S.Crocifisso di Combo, decide di fare il Solenne Triduo alla Madonna del Perpetuo Soccorso. Le offerte per i festeggiamenti giungono anche dai paesi vicini. Si trasporta il Venerando Simulacro della Vergine in Parrocchia, tiene discorso, nei tre giorni, il Parroco di Cepina, Don Agostino Acquistapace, animando tutti a confidare in Maria, Ausiliatrice dei Cristiani: la Madonna non fa attendere la grazia, già il primo giorno con la pioggia benefica ristora le riarse campagne, benedicendo le campagne che diedero un insperato e abbondante raccolto. La Madonna, anche quest'anno, riconfermò nell'anima dei sui devoti, i segni visibili della materna sua sollecitudine. 


26 Giugno 1938 - Don Armanasco lascia la Parrocchia

Don Stefano Armanasco, che da sei anni reggeva la Parrocchia di Piatta, è nominato parroco di Aprica S.Pietro. Domenica 26/06/1938 dà il suo saluto alla popolazione commossa e profondamente addolorata per la sua partenza. Don Stefano, curando con zelo illuminato il bene spirituale della Parrocchia, aveva pure condotto a termine importanti lavori nella Chiesa Parrocchiale, tanto da lasciare nel cuore di tutti un ricordo che la distanza e il tempo non cancellarono dalla vita religiosa della parrocchia. Curò con particolare attenzione lo sviluppo delle associazioni di A. Cattolica, il canto sacro, la comunione frequente, il regolare funzionamento delle classi di catechismo, l'arredamento della nuova chiesa, che durante la sua permanenza a Piatta, venne benedetta e solennemente consacrata da S.E. Mons. Alessandro Macchi, ns. amatissimo vescovo. Era sua intenzione di costruire la nuova Casa Parrocchiale, a fianco della nuova Chiesa, quando dalla fiducia dei Superiori, anche in bene al premio compiuto in questa Parrocchia, fu chiamato a reggere la Parrocchia di S.Pietro in Aprica. Di animo mite, cercò sempre di conciliare lo spirito di unione e concordia, ebbe gli oppositori, difficoltà diverse che facilmente superò, meritandosi tutta la stima e la simpatia dei benpensanti. Il dolore della sua partenza, sincero e universale, lo seguì con l'augurio che nella nuova Parrocchia, egli trovi altre anime che seguono il buon Pastore, che in Piatta così felicemente iniziò il suo Ministero Pastorale.


28 Giugno - Economo Spirituale
26 Ottobre - Parroco  

In seguito a rinuncia del Sac. Stefano Armanasco, venne da S. Ecc. Mons. A. Macchi, nominato Economo Spirituale di Piatta il Sac. Giov. Battista Peri, da quattro anni canonico Teologo di Bormio, che alla vigilia di S.Pietro, trasportava la sua residenza da Bormio a Piatta. Dopo l'esame di concorso, tenutosi a Como, il 25 ottobre 1938, veniva nominato il giorno 26 Parroco di Piatta.

Con pensiero di viva riconoscenza a S.E. Mons. Vescovo che provvedeva immediatamente all'assistenza religiosa di questa popolazione con la nomina di Don Peri che volentieri lasciava, per un complesso di circostanze, Bormio.


25° di Sacerdozio  

Il 2° Anniversario della consacrazione della Chiesa, 28 agosto 1938, riuscì particolarmente solenne, perché destinato a festeggiare il 25° di Ordinazione del Sac. Don Luigi Sertorio, Prevosto di Vervio. Doveroso da parte della popolazione questo figliale omaggio di riconoscenza al Sacerdote zelante che lavorò indefessamente per dare la nuova chiesa a questa Parrocchia, durante la sua permanenza a Piatta; particolarmente cara a Don Luigi la circostanza del suo 25° per innalzare a Dio l'inno del Ringraziamento per tanti benefici ricevuti, nella sua chiesa che egli sempre ricorda, e alla quale conserva, anche lontano, inalterato tutto il suo affetto sacerdotale.

Non parve occasione più propizia e significativa del 2° Anniversario della Consacrazione della Chiesa, alla quale occasione Don Luigi aderiva ben volentieri e con lui il Clero di Valdisotto, e la popolazione di Piatta. Facevano per la circostanza degna corona al festeggiato, il Prevosto di Livigno, Don Cirillo Valgoi, che, dopo averlo condotto al sacerdozio, fu sempre vicino a lui con l'affetto, l'esempio di vero buon Pastore e la sua parola, ricca di fede ed esperienza. Nessuno, meglio di Don Cirillo Valgoi, avrebbe potuto parlare per commemorare tanti ricordi che lo legano alla Parrocchia di Piatta, dal cugino Don Antonio Lazzari di Semogo, che resse questa Parrocchia dal 1884 al 1895, a Don Luigi Sertorio di Livigno che eresse la nuova Chiesa. Volle essere presente anche Don Felice Gaffuri, Prevosto V.F. di Sondalo, e con lui Don Onorato Dei Cas, Prevosto di Le Prese, don Stefano Armanasco, Parroco di Aprica e successore di Don Luigi, Don Agostino Acquistapace, Parroco di Cepina, Don Giuseppe Armanasco, Parroco di Oga, e Don Giuseppe Canclini, Parroco di Arigna. La popolazione offrì al festeggiato un calice, consacrato dal Vescovo di Livigno, Mons. Paolo Tranquillo Silvestri, Vescovo titolare di Gerico, il Clero e gli amici provvidero a porre una piccola lapide nella Chiesa nuova, a ricordo del 25° di Sacerdozio di Don Luigi Sertorio, conduttore della Chiesa. Dopo i Vespri solenni Don Luigi ringraziò la popolazione con parole commosse, assicurando perenne ricordo di tanta cordiale e spontanea manifestazione, ogni giorno, offrendo il S.Sacrificio avrà una Preghiera per tutti. Il mattino seguente fu celebrata una solenne ufficiatura funebre per i benefattori defunti della Parrocchia, alla quale, rinnovando una S.Comunione generale, partecipò tutta la popolazione.


La Morte di Pio XI°    

Il 10 febbraio 1939, alla Vigilia dell'Anniversario della sua Incoronazione, S.Santità Pio XI° era chiamato da Dio alla Coronazione perpetua del cielo. Il suo transito placido e pio, ha lasciato tutto il mondo cattolico in un profondo cordoglio, cui parteciparono sinceramente uomini d'altre fedi e d'altre religioni. Le singolari sue virtù, la grandezza del suo Pontificato ebbero un riconoscimento e una esaltazione universale.

Fu il Papa delle encicliche, fra le quali meritavano di essere ricordate quelle sulla "Cristiana educazione della Gioventù", del "Matrimonio Cristiano", della "Questione Sociale", "il Comunismo", "il Sacerdozio", "Il Nazionalismo esagerato", "il Cinematografo".

Fu il Papa delle Missioni, della Conciliazione fra la Chiesa e lo Stato Italiano, dell'Università Cattolica e degli Studi; dell'Azione Cattolica che amò come la pupilla dei sui occhi.

Di questo Pontefice fu scritto: Calmato ormai l'affetto dei tumulti e delle memorie, che la morte ha richiamato intorno alla salma del Grande Pontefice, dal momento del sereno trapasso sino alla Traslazione solenne in S.Pietro, Pio XI° riposa ora nel suo loculo solitario della Grande Basilica, fra il silenzio del Mondo che ha ripreso la sua agitata vigilia di passione e di lotta. In questo silenzio in cui si perde l'eco delle lontananze, noi amiamo oggi rievocare il ricordo di Pio XI°, perché ci pare il più simile alle solitudini alpestri, dove egli amò in gioventù di temprare i muscoli e la volontà a salire verso le vette più difficili, e dove idealmente, anche negli anni del suo Glorioso Pontificato, desiderò portare alto lo spirito e la meditazione nella maestà dei picchi più ardui, fra candore di nevi e splendore di azzurro.

E quelle montagne sono le nostre montagne, da cui pare nelle giornate serene che si scopra ai piedi tutto il mondo creato, l'eco più vicino è ancora quello delle nostre campane e la visione più prossima e quasi più domestica è quella delle cime e delle valli d'Italia. Su questo sfondo di paesaggio italico, che invita alle umane ascensioni, va tracciato il profilo del Grande Papa, or ora scomparso, con tutte le sue virtù, che furono precipuamente le virtù solide e semplici e schiette degli uomini della montagna, educati alla calma delle azioni ponderate, e del sacrificio consapevole, all'esercizio sano del coraggio e del pericolo, della contemplazione serena, delle più solenni rivelazioni dell'opera di Dio.

Perché Pio XI°, nella Pietà religiosa, nell'attività di studioso, nell'intuito d'uomo politico, in tutte le più varie manifestazioni d'una vita predestinata ai fastigi del Sommo Potere, fu sempre un uomo di equilibrio, di volontà, di saggezza e di giustizia, di sorvegliata coscienza e di vigile lealtà, tanto alto, non solo nel Trono che la Provvidenza gli aveva assegnato, ma anche nell'austerità del suo amore divinamente ispirato, da poter contemplare uomini ed eventi, per dominarli col Magistero di Cristo, tanto puro da incutere il rispetto, la venerazione e quasi la consonanza di ogni anima umana e soprattutto delle più alte e delle più degne.

Così si spiega la sua opera riflessa nella vita nazionale ed internazionale, quasi come una contemplazione dall'alto in un paesaggio di natura; e così si spiegano anche il coraggio e la volontà decisa con cui Egli seppe affrontare problemi formidabili e risolverli, compatire il biasimo e la lode, intendere e proclamare l'ora di Dio, quando essa batteva sul quadrante della storia degli uomini.

I Patti Lateranensi e l'opera delle Missioni sono gli atti forse più significativi del Suo Pontificato.

Coi primi, Egli, insieme con l'uomo che la Provvidenza gli aveva fatto incontrare sulle vie dell'amore per la patria terrena e per gli ideali più nobili di verità e di giustizia, ridonava, come spesso fu ripetuto, Dio all'Italia e l'Italia a Dio, efficacemente contribuendo a quella rivalutazione dei valori dello spirito e dei problemi della coscienza, che sono e devono essere tanta e così solida parte del nuovo risorgimento italiano e del suo sicuro avvenire.

Con l'opera delle Missioni, diffondendo da Roma, con rinnovata efficacia la civiltà Cristiana nel mondo, intendeva riaffermare il divino Magistero di Roma sopra tutto l'orbe terrestre in una disciplina d'amore, che fosse fiaccola ardente per gli uomini di buona volontà e di fede serena.


Richiamo alle armi - Agosto - Settembre

 Anche la nostra parrocchia doveva sentire il disagio della nuova situazione creatasi in Europa per il dissidio tra la Germania e la Polonia. Parecchi dei giovani nostri venivano richiamati alle armi, quando il 1° settembre la germania passava le frontiere polacche, incorporava alla Germania la città libera di Danzica con il suo territorio e marciava su Varsavia la capitale Polacca. Ogni giorno ormai si avevano nuovi richiami. Prima della partenza i giovani delle truppe alpine, Alpini, Artiglieri del 1907, 1908, 1909, 1910, 1911, 1912, 1913, 1914, 1915, 1916, conforme all'invito del Sommo Pontefice Pio XII, le disposizioni di Mons. Alessandro Macchi, Vescovo di Como, parteciparono, accostandosi ai SS. Sacramenti, alla funzione "pro pace" indetta nella Parrocchia. Richiamati e popolazione, mettendosi sotto la protezione speciale di S.Anna, accendevano la lampada votiva del richiamato in onore di S.Anna, affinché la mamma della Madonna preservasse da ogni male i nostri giovani e accordasse la grazia di un presto ritorno a tutti. Questo il voto e l'augurio espresso dal parroco nella predica ai partenti, e Dio preservi la nazione e tutti dal castigo di una guerra, nella quale, come disse il Pontefice, tutto è perduto, mentre nella pace tutto è salvato.


Morte di suor Orsola Canclini

 Il 21 ottobre moriva a Milano, presso la casa di Don Luigi Guanella, suor Orsola Canclini, Figlia della Provvidenza, all'età di 78 anni. Era entrata in religione nel maggio 1896. Visse tutta consacrata all'opera di assistenza e cura degli infelici, meritandosi la stima e la fiducia dei superiori. Fu ricordata dai numerosi parenti con un'ufficiatura in Parrocchia, alla quale partecipò anche la popolazione: dal cielo assiste e protegge con la sua famiglia religiosa anche la nostra Parrocchia, ottenendo dal Signore vocazioni che continuano l'opera sua.  


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Rettifica confini della Parrocchia con Bormio
 

Lunga e non priva di difficoltà è la narrazione di tutte le trattative che portarono al decreto emanato da S.Ecc. Mons. Alessandro Macchi, nostro Vescovo, in data 31 dicembre 1939, che risolveva con larghezza di vedute e pratica logicità l'annosa questione.
Basta ricordare che tutti i parroci di Cepina e di Piatta, da tempo auspicavano tale sistemazione dei confini e invocavano una più costante e comoda assistenza alla frazione di Piazza.
Sua Ecc. Mons. Vescovo prendendo in esame le ragioni dei parroci di Cepina e di Piatta, esposte in una lettera del 15 maggio 1939 e in memoriale alla Ven. Curia in data 31 luglio 1939, personalmente volle accertarsi della realtà delle cose in occasione della sua 3      a Visita Pastorale dell'agosto 1939 nel Vicariato di Bormio. Trovò le ragioni corrispondenti alla verità e urgente provvedere definitivamente con un decreto, che, fatte poche eccezioni, incontrò il consenso cordiale del Clero e delle popolazioni di Cepina, di Piatta e all'ultimo momento anche di Piazza.
La Parrocchia di Piatta vide sistemata "de iure" una condizione di assistenza religiosa ai frazionisti di Cuntin, Magatei, Burat, Gotrosio e Gobeta che già praticamente "de facto" era attuata da anni.
In Archivio Parrocchiale si trova copia della lettera del 15 maggio, indirizzata a Sua Ecc. Mons. Alessandro Macchi, vescovo nostro, e del memoriale inviato il 31 luglio al Ven. Ordinariato Diocesano, che esaurientemente espone le condizioni delle cose riguardanti l'assistenza religiosa di quella frazione e i rapporti nei quali Piazza si trovava con le Parrocchie vicine. Siamo grati a Sua Ecc. l'amatissimo nostro Vescovo che volle prendere in benigna considerazione la nostra istanza, che non poteva avere altro fine che il bene delle anime.
Era inevitabile che a Bormio portasse un momento di scontento e amarezza, che non manca mai in ogni smembramento di territorio parrocchiale, ma sappiamo, per esperienza di Ministero a Bormio, quanto fosse scomoda e limitata, l'assistenza religiosa a questa frazione, così che, in breve volger di anni, tutti saranno soddisfatti per i buoni risultati conseguiti.
Quod est in votis.
P.S.:Il decreto di Sua Ecc. Mons. Alessandro Macchi, Vescovo di Como, venne comunicato in Chiesa, il giorno dell'Epifania 1940 a Piazza, Piatta e Cepina.


26 Luglio - Sagra di S. Anna
Benedizione ed inaugurazione della nuova Statua  

Forse un giorno si cercherà nella storia della Parrocchia la pagina che narra quanto riguarda la nuova statua per ricordarlo al popolo, che mi auguro, senta per S.Anna quella devozione che manifestò nel giorno della inaugurazione del Simulacro.

Il Parroco accarezzava l'idea di acquistare una statua di Sant'Anna, affinché più solenne riuscisse la processione della festa, ma, come sempre, si doveva affrontare una spesa non indifferente. Trovò la persona che offrì la somma richiesta. Anche in questa pagina, riservata ai Parroci, non è permesso fare il nome dell'offerente, che da parte sua asserisce di avere, nel giorno dell'acquisto, esperimentata la speciale protezione dell'avventurata Madre di Maria SS. sopra di se e della sua famiglia, dei vivi e dei defunti.

Venne ordinata dal parroco allo scultore Luigi Moroder - Fanesch di Ortisei in Val Gardena (Bolzano) nel novembre 1939, accordandosi sul prezzo di L. 1.300 (milletrecento) franco porto a Tirano.

Il 25 aprile 1940 giungeva a Piatta, dove si provvide a predisporre, nel miglior modo, ogni cosa, affinché solenne riuscisse l'inaugurazione.

Fu benedetta, nel primo giorno del triduo in preparazione della Solennità 23 luglio, da S. E. Mons. Paolo Tranquillo Silvestri, Vescovo titolare di Gerico, già vicario apostolico di Khartoum (Sudan - Anglo - Egiziano) residente a Bormio, assistito da Don Angelo Moltrasio, Cappellano dello Stelvio, Don Antonio Marchesini, Canonico di Bormio, Don Giuseppe Canclini, Parroco di Arigna, e dal parroco Don B. Peri, presente gran parte della popolazione nonostante il lavoro di campagna sui monti.

Al mattino della solennità, numerosissimi si accostarono ai SS. Sacramenti (circa 400 SS. Comunioni vennero distribuite) e per l'ora della S.Messa solenne non mancarono i pellegrini, specialmente da Bormio, che, favoriti dalla splendida giornata, la vollero passare quassù.

Celebrò il Rev.mo Arciprete di Bormio, Don Evaristo Peccedi, presenti i sacerdoti Don Luigi Sertorio, già parroco di Piatta, Don Stefano Armanasco, parroco di Aprica S.Pietro, già parroco di Piatta, Don Giacomo Sertorio, parroco di Semogo, Don Angelo Moltrasio, Don Agostino Acquistapace, parroco di Cepina, Don Giuseppe Armanasco, parroco di Oga, Don Amanzio Delle Baite, parroco di S.Antonio Morignone, don Giuseppe Canclini, parroco di Arigna, don Biagio Muscetti, parroco di Madonna dei Monti,  *

Non meno numerosa la frequenza alle funzioni del pomeriggio e la partecipazione alla solenne processione, che per la circostanza, seguì il percorso della processione del Corpus Domini.

Per l'occasione venne stampata l'immagine-ricordo con preghiera, inno e Oremus che venne distribuita durante la giornata. Furono pure poste in vendita le cartoline-fotografia della nuova statua che permisero un piccolo introito alla Chiesa.

Degno di encomio e di essere ricordato il gesto simpatico dei richiamati del Battaglion Tirano che vollero essere presenti tutti con la loro offerta di L. 50 in onore a S.Anna. A loro, rappresentati da coloro che si trovavano in permesso, fu riservato l'onore di portare, per la prima volta la nuova statua e precisamente a Canclini Anselmo di Innocente, Dei Cas Ottavio di Alfredo, Bracchi Guido di Enrico (Premaiolo), Canclini Riccardo di Beniamino, Colturi Sergio fu Beniamino, Sertorelli Angelo Cirillo di Luigi (Bep).

Per cura del gruppo donne di A.C. fu acquistato il nuovo reliquiario di S.Anna, in sostituzione del vecchio, che per disposizione di S. E. Mons. Macchi, in visita pastorale, dovevasi riservare alla Reliquia di S.Croce.

Confido che quanto si fece sia tornato di gradimento alla nostra Protettrice e abbia contribuito ad accrescere nei fedeli la devozione a Sant'Anna.

                        Sac. Battista Peri - Parroco


Nuova strada 

 Verso la metà di settembre giungeva in paese la 9a compagnia del 1° Regg. Minatori per dare inizio ai lavori della nuova strada militare che doveva congiungere Piatta con la frazione di S.Pietro. S'iniziavano i lavori di allargamento e livellazione del viottolo che conduceva alla Cappella della Madonna del Soccorso. Il lavoro raggiunse la Chiesa del Soccorso quando si decise di modificare il tracciato e il percorso della nuova strada, che veniva iniziata poco sopra la casa dell'Eira, raggiungendo S.Pietro, dopo una serie di tornanti, attraverso pascoli e boschi non privi di interesse anche turistico. Non si può escludere la probabilità di una intesa fra il Genio Militare e l'Ente Provinciale del Turismo, rappresentato dall'Azienda Autonoma di Cura e Soggiorno di Bormio, che ha alla Presidenza l'Avv. Mollame, segretario generale dell'Azienda Municipale di Milano, per raggiungere due fini con un unico mezzo: le esigenze militari della nuova strada e gli interessi turistici e sportivi della stazione climatica di Bormio, che con questa strada può offrire ai nuovi villeggianti una passeggiata nuova, comoda, attraente e assicurarsi la riuscita e l'inserimento degli sports invernali nei vasti campi di neve di Campolungo, tante volte compromessi dalla scarsità o mancanza assoluta di neve, anche nei mesi di dicembre e gennaio, nel pendio del Feleit. Non è meraviglia se i proprietari dei fondi, mentre non fecero nessuna rimostranza per la sistemazione della vecchia strada, utile per i lavori di campagna in tutta la zona oltre il paese, trovassero per loro inutile e di danno ai fondi una strada di sei metri che taglia completamente da ogni desiderabile comoda comunicazione con il centro Bormiese tutta la frazione.

Auguriamoci che almeno oggi il comune provveda a riallacciare la nuova strada, in un modo più conveniente la nostra frazione!


24   Novembre:
Giornata mondiale di preghiera per la Pace indetta da S.S. Pio p. XII°  

Anche la nostra Parrocchia, aderendo all'invito del S. Pontefice, volle fosse distinta questa giornata di suffragio per i morti in guerra, e di propiziazione dei celesti favori, con S. Comunione generale di tutte le Associazioni religiose e di A.C., alla quale parteciparono anche uomini e giovani, alla vigilia della partenza per la vita militare. A tutti è ben noto che ipotecare il futuro, sia pure l'immediato futuro, può sembrare ad essere in realtà cosa temeraria. Ma è forse temerario prevedere che un profondo e vasto rivolgimento europeo e mondiale è già in atto e che inesorabilmente si compirà? Lo vedemmo anche al termine dell'altra immane guerra: (1914 - 1918); movimenti, così gravi e così estesi, sfociano necessariamente in novità morali, spirituali, civili, politiche, territoriali, dagli uni intese e perseguite, dagli altri deprecate e contrastate.

Parleranno, nella loro ineluttabilità, gli eventi, e decideranno, a suo tempo, gli uomini seduti al tavolo delle trattative di pace. Deciderà anche con ben maggiore sicurezza e con perfetto spirito di giustizia il Signore, alla cui volontà gli uomini, anche se renitenti, sottostanno e servono.

Per questo ha pregato il Papa e con lui tutto il mondo cattolico e il Dio degli eserciti e il Dio della Pace. Egli la "sua" pace ridarà agli uomini e gli uomini l'accetteranno con lo stesso gaudio, col quale un cieco rivede la luce, un moribondo riacquista pienezza di vita.

Un nuovo ordine di cose stanno costruendo i tremendi ordigni guerreschi nel tempo stesso che scalzano, sovvertono e distruggono il vecchio.

Perchè non pensare che sarà un ordine più bello, un ordine con al fondamento, al centro e al vertice l'ideale e lo spirito cristiano?


1941
Giovinezza eroica

 Il nuovo anno portava il lutto nella nostra Parrocchia, un lutto sentito da tutti, a cui la popolazione partecipò commossa. Piatta, frazione del comune di Valdisotto, ha dato il suo contributo di valore e di sangue per la vittoria delle nostre armi, contro l'egemonia egoistica inglese. Attualmente sono in servizio militare 51 persone, di cui 25 oltre mare, in Albania. Fra questi il Signore chiamava a se, immolando il sacrificio della sua fiorente, buona e laboriosa esistenza il giovane Canclini Stefano di Emilio, della classe 1915, appartenente al Battaglion Tirano del 5° Alpini. La notizia, ben triste e dolorosa per la famiglia, era comunicata dal cugino Canclini Benigno Innocente, con lui combattente sul fronte greco-albanese. Alla notizia ufficiale, per il tramite del comune, la gioventù dispose per la solenne ufficiatura funebre di suffragio, alla quale partecipò con la popolazione, l'autorità comunale, la sezione combattenti, il Fascio, ed i militari del Genio, di stanza a Piatta che gli resero gli onori militari. Questo sacrificio, degno di Dio e della Patria, sia per noi propiziatorio di vittoria e risparmi altri lutti alle nostre famiglie.


Constatazioni e consolazioni pastorali  

I sette lunghi mesi di permanenza in Parrocchia di circa 120 soldati del 1° Regg. del Genio Minatori, 9a compagnia, furono, in ultima analisi, la rivelazione di un modo di pensare e di agire, nelle giovani, e ciò che fa più meraviglia, nelle mamme, che, se fece pensare e disapprovare il parroco, possono servire a far conoscere i suoi polli ad ogni Pastore in fieri. Accantonati per le cose private, entrarono ben presto nelle grazie e simpatie di giovani e vecchie. Prive di esperienze in merito si sdilinguivano in famigliarità che si sarebbero ben guardati di concedere a chiunque del paese. Ogni figliula si credeva fidanzata, ogni mamma vedeva sua figlia all'altare per il sacro rito prima, poi in pianura, in città, in bassa Italia, in Sicilia, in Sardegna. Giovani e non più giovani credevano si fosse rinnovato il miracolo della mamma, piovuta dal cielo. Vecchie che incoraggiavano, consigliavano, facevano dell'Apostolato non precisamente di Azione Cattolica; mamme compiacenti, senza criterio, che permettevano sotto dei loro occhi amoreggiamenti, visite prolungate, serate di conversazioni, compatendo tutto e tutti, eccettuato il Parroco che alzava la voce, lamentandosi se questi faceva osservazioni; spose che sapevano "tirare a campare" senza che il marito sapesse; vedove sciocche che non pensavano al grave scandalo per i figli; zitelle che credevano si avverasse in questo fatidico inverno il pianeta della fortuna, ricevuto o cercato invanamente a tutti i mercati e fiere di contado.

Vergini stolte solluccherate dalle paroline, delle quali non comprendevano neppure il significato. Da questo po' di roba si può comprendere quale poteva essere l'andamento religioso della Parrocchia, quanto radicate erano nella maggior parte le convinzioni religiose, come si sentisse la necessità e il dovere della virtù e delle opere buone! A nessuno dei giovani della Parrocchia, che intanto combattevano valorosamente sul fronte greco-albanese auguro di raccogliere i frutti di tale leggerezza e tanto disonore per il buon nome della Parrocchia..

Continuando la cronaca di questo anno, si deve aggiungere che, nell'ottobre, ritornarono, per continuare i lavori, altri soldati del 1° Genio Minatori, 9a Compagnia. L'arrivo, benché fosse sollecitato e preparato da chi sperava avere lucro e benessere (almeno gli avanzi di di cucina per i maiali), fu, dalla maggior parte, questa volta, poco benevolmente accolto. Si cominciava a capire, dopo i fatti, che non erano tutte rose e gigli. Rimasero in paese per circa tre mesi: alla indifferenza e diffidenza da parte della maggioranza, opposero il furto: si rubava denaro, entrando nelle case a frugare; lana che vendevano o mandavano alle famiglie; farina che non disdegnavano di asportare abilmente dai cani, mentre si conduceva a casa, portandola da affidati ricettatori; agnelli e galline che supplivano ai pasti fugali.

In ultimo, disseminarono, come all'anno precedente, in tutto il paese la scabbia, conseguenza dalla poca pulizia e della mancanza di acqua. Partirono, quasi improvvisamente prima di Natale e più nessuno ne ebbe il coraggio di parlerne. Sit venia verbo, se il cronista ha lasciato scritto cose poco piacevoli e onorevoli nella sua realtà.


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La vita riprese con più largo respiro in questo nuovo anno: partivano sempre nuovi richiamati per la guerra; le condizioni di vita si rendevano sempre più difficili; pur non mancando il necessario: il nuovo fronte di guerra, nelle sterminate e gelide steppe della Russia, conduceva tanto lontano la fiorente gioventù anche della nostra Parrocchia: così gli animi dei fortunati rimasti si orientavano verso il richiamo di Dio.


Solennità di S. Anna
 

Ogni anno qualche novità e le novità, se non altro, attirano le curiosità e l'attenzione. Era sentito il bisogno, e si manifestava a intervalli più o meno lunghi, il desiderio che, anche la nostra Parrocchia, possedesse, se non un organo per la Chiesa, almeno l'harmonium: si doveva acquistare in tempo di guerra, a quel prezzo? I soliti miopi che non vedono ad un palmo dal naso lo arricciarono subito e ... a lungo. Intanto il Parroco annunciò che l'ordinazione era fatta, e che si doveva, senz'altro pagarlo con il loro ... denaro.

Cominciarono subito le offerte, grandi e piccole. A Sant'Anna fu solennemente inaugurato dal Can. Teologo di Bormio, Don Antonio Marchesini, che accompagnò la Messa, diversi  *  , e i Vespri, con ottimo effetto e generale soddisfazione della popolazione. Continuarono le offerte e così fu pagato. Fu acquistato dalla Ditta Graziano Tubi, di Lecco: è un Armonium per Chiesa, tipo Parigi, a pressione. Il prezzo di fabbrica fu di L. 5.900.= (Cinquemilanovecento).

Buona la partecipazione della popolazione alla tradizionale festa Patronale, onorata dalla presenza del Sac. Benedetto Lazzeri, Arciprete di Talamona e dal Sac. Prof. Don Giuseppe Martinelli, del seminario S.Abondio.


Istituzione Canonica del Terz'Ordine di S. Francesco

Da anni vi erano in parrocchia iscritti al Terz'Ordine francescano, nella maggior parte iscritti privatamente e fuori Parrocchia, dal def.to sac.te Don Gervasio Sosio, rettore del Ginnasio e della Chiesa di S.Ignazio in Bormio e dal Mons. Tranquillo Silvestri, vescovo titolare di Gerico, in riposo a Bormio. Il 9 novembre, trovandosi in visita ai Terz'Ordini delle Parrocchie del Bormiese, il P. Adolfo Nessi, O. F. M. accettò di fare una visita anche alla nostra Parrocchia, parlò alla popolazione e raccolse molte adesioni. Passava poi in Casa Parrocchiale dove lasciava il decreto di Erezione canonica con la facoltà ai parroci della Parrocchia di accettare nel Terz'Ordine, iscrivere come novizi e Professi quanti, anche in avvenire, intendessero iscriversi.


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Prima Messa Festiva

  Era consuetudine locale la celebrazione della 1a Messa nei giorni festivi soltanto per la stagione estiva a comodità dei pastorelli; questa necessità veniva ad estendersi anche a buon numero di persone, e specialmente per le mamme, costrette a rimanere a casa per la custodia dei bambini. Da alcuni si rimediava all'impossibilità di avere la 1a messa col recarsi a Bormio alla messa prima, ma non tutti potevano farlo e non da tutti si poteva pretendere, per gli impegni di famiglia, per il freddo, per la strada ghiacciata, per il cattivo tempo. Si fecero proposte, sempre benignamente accolte dal Parroco: i più erano anche favorevoli a costituire il   *   per la celebrazione della 1a Messa, impiegando così, lodevolmente, il capitale che la popolazione formò per l'erezione del monumento ai caduti della guerra 1915 - 18 (il lettore ricordi che siamo nel 1943, durante un'altra guerra, senza che ci sia questo monumento che è al  di là da venire per i soliti motivi) ma il capitale non fu consegnato perché non era bene impiegato: (cosa faranno? I posteri sapranno forse rispondere!).

Risolvette* la questione il Parroco, annunciando che col 1943 si iniziava la celebrazione della 1a Messa festiva, perché tutti avessero la comodità di adempiere il precetto. Fece notare che non intendeva introdurre consuetudini, lasciando pienamente liberi i suoi successori di continuare oppure sospendere tale celebrazione: inoltre che nessuno poteva lamentarsi se, per necessità di altre Parrocchie, avesse potuto celebrare in Parrocchia la 1a S.Messa. Infine, fu da tutti accettato che la 1a S.Messa festiva veniva celebrata con l'offerta della messa e ufficio, senza obbligo della recita del notturno e lodi per i Morti. Anzi, se mancavano queste messe, poteva celebrare la Messa ed Ufficio già comandate, senza, naturalmente, l'obbligo di recitare l'Ufficio da Morto. Quanto viene dato in più dell'offerta per l'applicazione della messa semplice, s'intenda dato come ricompensa al sacerdote che bina* per la comodità dei fedeli e della Parrocchia. Quanto sopra fu messo nella cronaca perché, in avvenire, si sappia con esattezza quanto fu convenuto tra Parroco e parrocchiani in merito a questa faccenda, che col passare degli anni, s'imponeva come necessità a favore delle anime. Se ne abuserà? E che cosa vi è a questo mondo di cui, per nequizia* di tempi o malvagità di uomini non si abusa? Che vi sia la comodità e che si vada a sentir messa la festa, questo è l'importante: che poi restino a casa a fumar la pipa, accanto alla stufa, tutto il giorno, questo è altro inconveniente al quale rimedieranno, con le loro risorse e perspicacia i miei amabili successori.


SS. Spirituali Esercizi

Nei giorni 22 - 23 - 24 e 25 marzo fu predicato dal sac. Don Teodoro Pruneri, Cappellano degli operai in Valfraele, un corso di SS. Spirituali Esercizi alle spose, madri e nubili della Parrocchia. Buona la partecipazione di tutte alle prediche e quasi totalitaria la partecipazione ai SS. Sacramenti.

A chiusura dei SS. giorni di preghiera e meditazione fu fatto l'atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, santo raccomandato in questo periodo di guerra, dal sommo Pontefice Pio XII° e in preparazione alla solenne consacrazione di tutta la Parrocchia che sarà fatto nella sua prossima Visita pastorale da S. Ecc. Mons. Alessandro macchi, Vescovo di Como. A tutte le partecipanti fu distribuita l'immagine-ricordo nella fiducia che anche questo mezzo serva a richiamare alla mente di ogni mamma i suoi doveri e le responsabilità sue verso la famiglia, in particolar modo nell'educazione cristiana dei figli.

Quanto sarebbe desiderabile poter tenere* con una maggior frequenza questa straordinaria predicazione alle diverse classi di persone, ma siamo sempre di fronte alla difficoltà finanziaria, che non sempre si può risolvere con una visita al portafoglio!  


Rinuncia dei Capi-famiglia al diritto di nomina del Parroco

Con nota del 25 febbraio 1943, pubblicata dal Bollettino Ecclesiastico di febbraio S. E. Mons. Vescovo invitava formalmente le popolazioni aventi il diritto alla nomina del Parroco a rinunciare in perpetuo, onde poter provvedere liberamente e più sollecitamente alla nomina del medesimo in caso di vacanza. La nota fu comunicata dal pergamo e, previe gli opportuni accordi con l'autorità civile, si iniziò la sottoscrizione dei capi-famiglia. Fu accolto il desiderio di mons. Vescovo da quasi la totalità senza sollevare dubbi: soltanto tre si rifiutarono per il solito principio di voler fare il contrario degli altri: Sertorelli Nicolò fu Giuseppe emerito Priore della Confraternita, notorio e tenace brontolone; Dei Cas Pio fu Abbondio emerito sagista e Dei Cas Luigi fu Anacleto, attuale Priore della Confraternita, non meno noto pasticciere d'Uffici e originalissimo sputasentenze.

Le 75 firme degli aventi diritto alla nomina del Parroco, quali capi-famiglia furono vidimate dall'Autorità comunale e spedite a Mons. Vescovo che in data 11 giugno inviava il suo paterno e pastorale compiacimento.

"Ai cari parrocchiani di Piatta, i quali con tanta spontaneità aderirono al desiderio del vescovo di rinunciare per sempre al diritto di nomina del Parroco, con vivi rallegramenti, impartiamo un speciale benedizione, auguriamo alla Parrocchia di Piatta prosperità e vita".  

            Alessandro Macchi  - Vescovo di Como

Contemporaneamente si faceva la rinuncia a tale diritto anche a Semogo, Pedenosso, Premadio, Furva, Cepina, S.Antonio Morignone. Questa unanimità dirà oggi e domani l'alto senso di disciplina e di fiducia nell'Autorità Diocesana che informa le popolazioni del Contado.


Campagna di Russia

Della nostra Parrocchia parteciparono alla campagna di Russia (luglio 1942 - marzo 1943) nell'Armir e quasi tutti facenti parte della Divisione Tridentina - Battaglion Tirano del 5° Regg. Alpini:

Bracchi Cristoforo di Luigi - Canclini Anselmo di Innocente - Canclini Beniamino di Emilio - Canclini Isidoro di Giuseppe - Canclini Lazzaro fu Albino - Canclini Michele fu Albino - Canclini Silvestro di Battista - Colturi Attilio di Ferdinando - Colturi Francesco di Giovanni - Colturi Sergio fu Beniamino - Dei Cas Alessio di Pio - Dei Cas Clemente di Giovanni - Dei Cas Dino di Onorio - Dei Cas Giuseppe di Alfredo - Dei Cas Giuseppe fu Cesare - Dei Cas Luigi di Luca - Dei Cas Marco di Pio -Pozzi Vincenzo di Pietro - Praolini Giuseppe di Raimondo - Praolini Quinto di Raimondo - Sertorelli Amedeo di Natale - Sertorelli Cirillo di Luigi - Tenci Luigi di Geremia.

Non tutti ebbero la fortuna di poter far ritorno e rivedere le loro famiglie: Dei Cas Giuseppe fu Cesare cadde in combattimento il 26 gennaio 1943 e fu ufficialmente comunicata la notizia alla famiglia; dieci non diedero più notizie e furono dichiarati dispersi: Bracchi Cristoforo - Canclini Beniamino - Canclini Isidoro - Canclini Lazzaro e Michele - Colturi Sergio - Dei Cas Alessio - Pozzi Vincenzo - Praolini Giuseppe - Tenci Luigi. I superstiti raccontarono le epiche gesta della Divisione Tridentina che, con quindici giorni di combattimento e di marce, riuscì a spezzare l'accerchiamento nemico e a rientrare nelle linee.

Quelli che hanno vissuto la durissima e gloriosa impresa provarono che l'insidia più accanita e il nemico più spietato non fu l'uomo, ma la natura; questa terra inospitale e sterminata, l'inverno russo squallido e crudele. Le gelide notti, spietatamente serene, passate alla livida luce dei bivacchi per non morire; le apocalittiche bufere di neve, che facevano incenerire il mondo nella nube della tormenta e trasformare l'avanzata degli Alpini in una marcia di deportati o di maledetti; la bramosia ossessionante di una sosta, di un focolare, di un po' di varietà di vita e di amore in quell'inferno bianco e in così acerrima inimicizia di uomini e di cose, e infine quel fatale andare verso una meta invisibile e sempre più lontana, inceppati nella neve fresca, flagellati dal vento brutale, agghiacciati dal freddo glaciale e dalla cornice di un paesaggio nudo, disteso e senza speranza.

Rientrati in patria, dopo alcuni giorni di quarantena, festosamente accolti dalle popolazioni e dalle famiglie, passarono i giorni della licenza in un ben meritato riposo e insieme alla funzione di ringraziamento vollero ricordare i lontani e i caduti.


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SS.Spirituali Esercizi per le giovani della Parrocchia  

 

Furono predicati nei giorni 8 - 9 - 10 febbraio dal Rev.do Sac. Antonio Marchesini, canonico di Bormio. Il tempo, pur risentendo i rigori della stagione, fu abbastanza buono e permise alla totalità di potervi partecipare con assiduità.

Invitate con biglietto personale, corrisposero lodevolmente non solo le presenti in Parrocchia, ma anche quelle che si trovavano in servizio a Bormio.

Le giovani della Parrocchia, dai quindici ai trent'anni, raggiungevano il centinaio e, se negli anni trascorsi, circa una quarantina, erano lontane in servizio, presso famiglie di città, quest'anno solo quattordici mancavano, per cui appare non inopportuna la data fissata.

Mons. Vescovo inviò la sua Pastorale benedizione, garanzia della benedizione del Signore, e speriamo che i frutti siano abbondanti e duraturi in questa porzione del gregge.  


Morte del Sac. Don Onorato Dei Cas

Inattesa e con qualche ritardo, giungeva a mezzo il settimanale "L'Ordine della Domenica" la notizia della morte del Sac. Onorato Dei Cas, avvenuta il 15 febbraio nella casa Ecclesiastica di Como. Aveva 72 anni, essendo nato il 19 maggio 1872 a Piatta. Fu ordinato sacerdote nel 1897 e fu Economo Spirituale e Parroco di Trepalle fino al 1902. Fu poi trasferito a Le Prese, ove per quasi un quarantennio attese, con zelo illuminato, alla cura di quelle anime, lasciando ricordo di sua attività nella casa nuova Parrocchiale e negli importanti restauri della chiesa che egli seppe compiere con grande sacrificio. Nel 1940 si ritirò nella casa Ecclesiastica, dove serenamente e santamente terminò i suoi giorni. Fu sacerdote pio, semplice, umile e da tutti amato per la bontà del suo carattere. In morte volle ricordare la sempre ospitale casa Ecclesiastica e le Missioni. Forse i nipoti, di ciò, non rimasero troppo contenti, essendo di dominio pubblico l'opinione, del resto precedentemente vera, che lo zio prete era per i nipoti, una eredità dello zio d'America.

Unico superstite del clero di Piatta il Sac. Giuseppe Canclini, Parroco di Arigna, al quale facciamo voti possa aggiungersi il sem. Ezio Dei Cas, attualmente in seminario S.Abondio per il 4° Corso Ginnasiale.


Nuovo altare del S. Cuore

Si desiderava dalla popolazione onorare il SS.mo Cuore di Gesù con erigere un altare nella nuova Chiesa. Si pensò innanzitutto alla statua che doveva essere scolpita dal Sig. Cesare Rini da Bormio, se la morte non lo avesse colto proprio quando si era accinto all'opera. Fu ordinata dal mio predecessore al sig. Toloni da Villa di Legno (Valcamonica) che consegnò nel 1938 una statua pessimamente riuscita. Non piacque affatto e così anche l'idea dell'altare, se non svanì, si arcuò.

Il 17 gennaio 1943, domenica, il Parroco propose di erigere l'altare come un voto della popolazione per la incolumità della nostra gioventù in armi, specialmente per i soldati combattenti sul fronte russo.

Le offerte non mancarono: si provvide alla sostituzione della statua, facendo eseguire presso il laboratorio artistico Insam - Prinotti - Ortisei (Val Gardena) l'attuale statua per la somma di L. 1.950.=

Diversi erano anche i pretendenti alla costruzione dell'altare: fu affidata l'esecuzione al giovane scultore Daniele Salomoni di Oga che diede un lavoro semplice, ma finemente lavorato e, se è lecito un giudizio personale, in armonia con lo stile della Chiesa.

Il 10 marzo, ultimo giorno delle SS. Quarantore fu inaugurato e la prima messa fu celebrata da P. Lorenzo M. Bono, figlio della Congr. del S.Cuore di Verona, venuto fra noi per la circostanza.

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