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Questa è la vera Pasqua 

Non capita spesso di potersi fermare a guardare lo spettacolo della natura che rinasce alla primavera. Non capita quasi mai di pensare a questa rinascita che avviene ogni anno. Eppure se nella luce di un mattino appena nato, ci arrestiamo per pochi minuti, ci sembrerà di respirare una boccata di gioia. Il cielo ancora pallido ma lucente all’alba di un nuovo giorno; le montagne che si stagliano alte e orgogliose pronte ad accogliere le prime occhiate rosacee di un timido raggio di sole; la neve immacolata che ancora imbianca le vette più alte creando un netto contrasto con il verde cupo dei fieri pini; il tenero verde dei delicati germogli che già imperlano i rami mormoranti; gli eleganti boccioli bianchi e rosa incastonati come perle fra le fragili foglie; l’erba ancora umida di rugiada accarezzata da un leggero venticello mattutino: un semplice sguardo basta per abbracciare la meraviglia del creato. In questo quadretto primaverile il pensiero corre subito alla Pasqua imminente: alla vita che risorge dall’inverno di un sepolcro vuoto. La natura, pronta ad accogliere ancora una volta il miracolo della vita, sembra volersi preparare con l’abito della festa per l’annuncio della Resurrezione. Le campane risuonano gioconde per celebrare una simile gioia: erano rimaste ammutolite per tre giorni, in trepidante attesa, raccolte in un vibrante silenzio, avvolte da un velo di tristezza che però non si chiude alla speranza. Adesso vogliono risvegliare ognuno di noi, vogliono comunicarci la felicità più grande… Ma da dove arriva questa esultanza? Cosa è questo canto che si diffonde nell’aria? E’ l’evento del seme affidato alla terra, è la docilità estrema dell’agnello mansueto condotto al macello, è il gesto d’amore di Lui che dolcemente ha dischiuso le mani per avvolgersi nel Suo infinito abbraccio… Non ci stiamo rallegrando per una vittoria umana, non esultiamo per qualche gloria corruttibile che ci può essere donata: tutta la nostra pace nasce da quella Croce “abitata”, da quel legno che il nostro Dio ha scelto come strumento per salvarci, in modo apparentemente per noi incomprensibile, morendoci, uomo e Dio, conficcato e trafitto. Ci rallegriamo per quel velo del tempio squarciato per sempre: Gesù ha distrutto ciò che ci separava da Dio, ci ha aperto la strada per il Cielo e lo ha fatto mostrandoci il volto d’amore del Padre.

Questa è la Pasqua! E pensiamolo quando ci scambiamo gli auguri: solo nel completo dono d’amore di Cristo troviamo la gioia piena della nostra vita. Adesso posso augurare a tutti voi

 

una Pasqua di luce, pace e serenità.

Don Giacomo      


Parole…
per saper meditare

 “Se dovessi scegliere una reliquia della Tua Passione
prenderei proprio quel catino
colmo d’acqua sporca.
Girare il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio
e curvarmi giù in basso,non alzando mai la testa
oltre il polpaccio per non distinguere
gli amici dai nemici,
e lavare i piedi del vagabondo,dell’ateo, del drogato,
del carcerato, dell’omicida,di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio,

 fintanto tutti abbiano capito nel mio il Tuo amore,
Signore Risorto!

Amen”


La nostra Via Crucis

 

Il periodo pasquale è forse quello che offre al cristiano la possibilità di una maggior partecipazione alla Liturgia ecclesiale.

Esso, infatti, parte dalla quaresima, tempo di meditazione e di pentimento, per culminare nei giorni della settimana Santa e concludersi la domenica di Resurrezione.

In particolar modo, durante la processione del Venerdì Santo possiamo rivivere, da qualche anno a questa parte, gli ultimi attimi del Calvario di Gesù nel portare la croce durante il doloroso cammino verso il Gòlgota. Già tre anni fa siamo stati spettatori di un’ottima rappresentazione attraverso la mimica dei gesti più simbolici della Via Crucis, interpretata dai ragazzi.

Ricordo la scena che più mi ha colpito: la crocifissione sulla croce posta sopra al Cimitero, luogo già di particolare raccoglimento e preghiera, in quell’istante avvolto in un’atmosfera singolare, quasi fossimo stati catapultati nella realtà di quell’attimo segnato dalla figura di Cristo crocifisso, fatto uomo e morto per la nostra salvezza.

Due anni fa era toccato ai nostri bambini farsi interpreti di quelle realtà: nelle vesti del popolo che seguiva rassegnato, incredulo o forse “sollevato” la decisione di crocifiggere Gesù, o ancora nei panni dei soldati che lo schernivano.

Lo scorso anno in chiesa il giovedì ed il venerdì Santo gli adulti hanno interpretato la Lavanda dei piedi, l’ultima Cena e i lunghi momenti della Passione di Cristo. Ma credo che soprattutto ai bambini sia servito partecipare attivamente ad un momento di preghiera così viva, che dal passato ci porta esempi che ci vengono riproposti nella vita di tutti i giorni.

Primo fra tutti la figura di Gesù, che porta la croce così come noi sopportiamo e cerchiamo di superare i momenti difficili della nostra esistenza per poi arrivare un giorno a godere la gloria del Regno dei Cieli come Lui la gloria della Resurrezione.

Possiamo immedesimarci ancora nella figura di Pilato che condanna un innocente, quando accusiamo ingiustamente qualcuno, oppure in Maria, che segue il figlio, straziata dal dolore ed impotente di fronte al suo destino, come molte madri dei nostri giorni che accettano ed a volte subiscono le scelte di vita dei propri figli, oppure, ancora, in Simone di Cirene, quando anche noi siamo in grado di andare incontro ai bisogni altrui.

Credo che non possiamo che ringraziare ed ammirare coloro che ci offrono l’opportunità di vivere la nostra fede in modo così vivo, semplicemente abbellendo i balconi o le vie del paese, durante queste iniziative, cantando e pregando insieme per sottolineare l’importanza di un momento così particolare.

Sono attimi che ti fanno sentire più partecipe, che riempiono il tuo bagaglio di esperienza della capacità di unirsi agli altri e saper ascoltare chi ci sta attorno.

Michela


Messaggio di tenerezza 

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato
sulla sabbia
accompagnato dal Signore,
e sullo schermo della notte
erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.

  Ho guardato indietro ed ho visto che
ad ogni giorno della mia vita,
proiettati nel film,
apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.

  Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.

  Allora mi fermai guardando indietro
notando che in certi posti
c’era solo un’orma…

  Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggior paura e di maggior dolore…

  Ho domandato allora:
“Signore, Tu avevi detto
che saresti stato con me
tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con Te;
ma perché mi hai lasciato solo
proprio in quei momenti peggiori
della mia vita?”

  Ed il Signore rispose:
“Figlio mio, io ti amo e ti dissi
che sarei stato con te
durante tutta la camminata
e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo,
e non ti ho lasciato…

  …i giorni in cui tu hai visto
solo un’orma

sulla sabbia sono stati i giorni
in cui ti ho portato in braccio”.


Una Pasqua felice 

C’era una volta in un lontano paesino, una bambina molto bella di nome Rosina. Aveva lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il mare. I suoi occhi però, con l’avvicinarsi della Pasqua, si facevano sempre più tristi. La sua famiglia era povera e lei sapeva che la domenica di Pasqua, non avrebbe ricevuto il suo uovo con la sorpresa. Sapeva bene che la Pasqua non si festeggiava certo con l’uovo, lei stava preparandosi bene in parrocchia con Don Giulio, però, sentiva gli altri bambini che già si chiedevano quale sorpresa avrebbero trovato nell’uovo. Arrivò il giorno di Pasqua e Rosina dopo la Messa tornò a casa. Dopo aver pranzato stava per alzarsi da tavola quando la mamma, da un mobiletto, tirò fuori un piccolo uovo con un grande fiocco colorato e lo porse a Rosina con un bacio. Rosina non sapeva cosa dire, era molto emozionata e così contenta che non aveva neanche il coraggio di aprirlo. Chiese alla mamma di poter andare dai suoi amici e aprirlo insieme a loro; la mamma disse di sì e così Rosina uscì di casa correndo. Correva e saltellava felice, ma appena voltato un angolo, vide poco più in là un bambino, più piccolo di lei, seduto in terra con la manina tesa che chiedeva l’elemosina. Rosina lo guardò, poi guardò il suo uovo colorato, il suo primo uovo di Pasqua. Non ebbe neanche un attimo di esitazione, posò il piccolo uovo sulla manina del bambino, gli augurò buona Pasqua e corse verso casa. Era felice perché aveva donato un attimo di gioia ad un bambino più bisognoso di lei. Da quel giorno i suoi occhi non furono più tristi ma brillarono per sempre.


Preghiera di uno solo

Gesù buono e sovrano,
sii sempre con noi
se ognuno da solo
non pensa che a sé.
Sii guida di tutti
e unisci i fratelli.
Hai dato la vita
per noi peccatori:
siam solo che polvere
ma abbiamo la vita.
Chi vive di più?
Sei certo il migliore,
chi guida sei Tu.
Io voglio seguirti
ma cado nei falli
e alzarmi non so:
perdono, son misero,
ti prego, sei buono,
rialzami Tu.


Viva Guglielmo Marconi

 “Cari amici vicini  e lontani…buonasera.”

Mi sono permesso di usare questo saluto che molti di voi, almeno i più quotati in fatto di “primavere”, avranno sicuramente sentito di persona dal leggendario e unico: Nunzio Filogamo. Perché questo titolo, viva Guglielmo Marconi sul giornalino parrocchiale! È presto detto: sono esattamente 25 anni , mese più mese meno, che la nostra parrocchia riesce a diffondere la parola di Dio, anche attraverso l’etere, ovvero attraverso la radio. Tutto ebbe inizio grazie all’interessamento di Padre A. Bianchi, nel periodo di transizione tra la dipartita di don Giuseppe e l’arrivo di don Lorenzo, il quale, grazie anche all’aiuto di Roberto come tecnico radio e di Armando Trabucchi come giornalista radiofonico,  diedero vita alle prime  trasmissioni radiofoniche della nostra emittente parrocchiale. Ricordo con piacere anche l’unico “programma”, (se si può definire tale) alternativo alla Santa Messa, per altro graditissima anche fuori paese, mandato in onda in orario serale, che aveva come scopo di divulgare i pensieri , le emozioni e le paure di chi aveva abbandonato tutto per donarsi agli altri in terra straniera ma avendo nel cuore il ricordo del paese natio. Erano le lettere che Fratel Giosuè spediva dall’Africa ai famigliari rimasti ai Buràt, e che i nostri lettori, Giuseppe, Giglio e Ottavio (mi scuso se ho dimenticato qualche nome ma al tempo avevo solo 10 anni e mi ricordo solo di questi) interpretarono in modo egregio considerando che alcuni scritti, se non vado errando, erano in dialetto. Mi sono dilungato troppo, consentitemi comunque di porgere i più sentiti ringraziamenti a tutti coloro che a suo tempo hanno collaborato alla realizzazione della radio parrocchiale che in questi anni ha svolto un servizio molto utile soprattutto verso chi,  non potendo partecipare fisicamente alla Santa Messa  per motivi di salute, ha comunque potuto avere parole di conforto attraverso essa.

Un saluto a tutti e alla prossima 

Max


L’importanza  del Catechismo  in Parrocchia
 
Lettera ai genitori dei nostri ragazzi

Gentilissimi genitori,

permetteteci di esporvi questo nostro comune pensiero, per ringraziarvi della fiducia che ci accordate. O meglio sarebbe più vero dire “troppa fiducia”, infatti  noi ci troviamo ad insegnare e ad aiutare i vostri figli in quella componente importante della loro personalità, che è costituita dallo spirito e dal senso sacro che è in loro. Cari genitori, quando facciamo catechesi, ci rendiamo conto di quanto i vostri figli hanno “sete” di questa “fede”, di quanto desiderio c’è in loro di conoscere la figura straordinaria di Gesù. Sappiamo che sono verità difficili, ma sono verità che loro devono conoscere, per crescere in modo completo del loro essere. Noi, comprendete quindi, non possiamo trasmettere pur con tutta la nostra buona volontà, nella breve ora settimanale, quello che deve condurre e caratterizzare l’essenza della loro vita. Noi possiamo solo aiutarvi in questo diritto e  dovere di educazione e non sostituire voi in un compito e un privilegio che vi aspetta. Non sentitevi inadeguati, in voi c’è la sapienza dell’amore e del cuore, che sa discernere ciò che è buono e giusto per vostro figlio. Il modo di approfondire la conoscenza di Dio, lo si costruisce giorno per giorno, pregando con i vostri ragazzi, leggendo assieme la Parola di Dio, partecipando insieme alla  S. Messa e alle attività della nostra Comunità Parrocchiale. Vi auguriamo di riscoprire con i vostri figli la bellezza di parlare e conoscere Dio in ogni momento della giornata, e vedere che non è difficile, anzi è bellissimo perché Lui è con voi e vi aiuta in questo cammino. Dopo avervi espresso il nostro grazie e le nostre preoccupazioni, non ci rimane che salutarvi con tanta stima e affetto.

                                                            Anna


Martina e Michela raccontano:

L’ora di catechismo è un’importante incontro settimanale dei ragazzi che vogliono confrontare fra amici la propria vita con la vita di Gesù.

Durante l’ora l’alunno deve mantenere un comportamento corretto e disponibile verso i compagni e l’insegnante.

Deve dimostrarsi attento e partecipe e assolvere con regolarità i compiti assegnati.

Può e deve intervenire in proposte positive in momenti precisi.

Deve saper ascoltare e trasmettere agli altri momenti di gioia passati con gli amici a catechismo.


Le considerazioni di una mamma 

Credo sia fondamentale l’insegnamento che i nostri ragazzi traggono dal catechismo, per la loro crescita umana e cristiana all’interno della comunità.

Noi genitori purtroppo siamo sempre presi, o per un motivo o per l’altro, e non riusciamo a seguire i figli in ogni attività.

Il momento della preghiera, in particolare, è sempre rimandato  per la preoccupazione di fare qualche cosa di più urgente.

Ecco quindi l’importanza  di una figura come quella del catechista, che almeno un’ora alla  settimana riunisce i ragazzi per farli crescere nel cammino di fede  che noi abbiamo scelto per loro al momento del Battesimo.

Proprio da questo momento essi fanno parte di una Comunità Cristiana e sono portati a seguire l’insegnamento di Gesù che viene presentato loro durante il catechismo settimanale.

Con questa considerazione non penso che noi genitori dobbiamo considerarci “sollevati” da quest’impegno,  anzi dobbiamo essere di sostegno ai catechisti nell’educazione cristiana dei figli, ma anche grazie a loro questo compito è facilitato, perché discutendo poi di quello che hanno appreso, ecco che parte della Parola di Dio (che solitamente ascoltiamo durante la messa domenicale), entra direttamente in casa nostra. 

Una mamma


Mercatino di Natale

Lunedì 8 Dicembre si è svolto per il secondo anno consecutivo il “Mercatino di Natale”, una vendita di addobbi e decorazioni natalizie preparate con cura dal gruppo di ragazze dell’ oratorio.

Il giorno dell’ Immacolata  dopo la S.Messa sono stati esposti sul sagrato della chiesa i numerosi lavori preparati con tanto entusiasmo e fantasia nel mese di novembre.

Le idee proposte quest’anno sono state le candele realizzate con la cera e con la gelatina, i centrotavola natalizi, le ghirlandine per le porte, gli angioletti di gesso e quelli fatti con spille e perline ed infine le befane di stoffa.

Alla nostra vendita si sono uniti i ragazzi di terza media, che con l’aiuto della catechista  hanno preparato un banchetto di dolci e biscotti di natale.

Il ricavato della vendita lo abbiamo consegnato la sera della cena  della comunità al pentagono a Don Diego Fognini, il responsabile della “Centralina” , una comunità di prima accoglienza per tossicodipendenti. 

Sabina


“Venite a me voi tutti che siete tribolati e oppressi ed io vi ristorerò” (Mt. 11,28)
e guariva: “…perché da Lui usciva una forza che sanava tutti” (Lc. 6,19)

Guarire con la solidarietà

Quest’anno in occasione dell’11 febbraio, data in cui si ricorda l’apparizione della Madonna di Lourdes, si è celebrata anche la giornata dell’ammalato.

Tema principale di questa giornata è stato: Guarire con la solidarietà.

Sembra una cosa strana sentir parlare di guarigione con la solidarietà al giorno d’oggi, con tutte le cure specialistiche e le ricerche scientifiche che vengono fatte, ma ci sono delle malattie che senza la solidarietà e l’amore non possono guarire.

Durante la S. Messa don Giacomo ha accennato ad un male che si fa sempre più diffuso nella nostra società: la solitudine.

Sentendo le parole del nostro parroco mi sono ritornate alla mente cose molto importanti ribadite in un convegno sulla famiglia solidale, tenuto da un missionario laico vissuto in Africa per otto anni. Quest’uomo sottolineava come fosse importante per un africano avere almeno sei relazioni significative: avere cioè almeno sei persone su cui poter contare veramente. Perché se si trovasse in uno stato di necessità o di malattia, avrebbe avuto la certezza che quattro amici lo avessero portato con la barella fino all’ospedale più vicino, ed altri due che potevano dare il cambio.

Questo è un esempio che ci fa capire che essere soli può diventare anche pericoloso per la propria sopravvivenza. E’ importante, quindi, che ognuno di noi si fermi a riflettere e si prenda a cuore il problema della solitudine, decidendo di donare parte del proprio tempo per aiutare chi è in difficoltà.

Uno splendido esempio ci viene dato da Madre Teresa di Calcutta che in un intervista rispose in questo modo ad un giornalista che chiedeva cosa facesse di preciso per i poveri: “ Per prima cosa cerchiamo di far loro comprendere che gli si vuol bene. Spesso non sono le cose materiali quelle di cui hanno bisogno. In tutti gli anni di lavoro fra la gente, io mi sono sempre più convinta che il peggior male che qualunque essere umano può sperimentare è quello di sentirsi abbandonato”.

Può capitare a tutti di sentirsi abbandonati: dall’anziano che vive solo e nessuno passa a bussare alla porta di casa, al giovane che non si sente capito e amato, allo sportivo che dopo una vita di successo non ottiene più risultati importanti, al padre o alla madre di famiglia che non riescono a “tirare avanti”.

Dobbiamo avere soltanto la forza e la capacità di chiedere aiuto e dare il nostro aiuto quando ci viene richiesto.

Quindi guarire con la solidarietà si può.

Carla


Brevi considerazioni a margine della
 S
trage di Nassiriya 

Allorquando le forze della coalizione iniziarono le ostilità in terra irachena, non ebbi alcun dubbio sulle sorti della guerra data la sproporzione di potenza, tecnologia e  risorse fra i belligeranti.

Il risultato finale appariva scontato, solo i tempi necessari per sconfiggere l’esercito iracheno  potevano  costituire un’incognita, ma  la preoccupazione scaturiva dalla valutazione delle molte incognite gravanti sulle  conseguenze future del conflitto.

Così come l’illusione americana di essere al sicuro nel territorio degli Stati Uniti è  caduta l’undici settembre 2001, così l’Italia ha scoperto di poter essere criminalmente assalita ,sia pur in quella lontana e tormentata area del Medio Oriente. Più che sentirci in colpa per quello che sta succedendo dopo il breve conflitto, penso si debba avere almeno un po’ di paura perché il futuro non sembra proprio essere quello che gli americani pensavano  e non si sa cosa ci riserverà.

Il 12 novembre 2003 diciannove tra carabinieri, soldati e civili italiani sono caduti vittime di un vile e proditorio attentato di terroristi islamici. Si tratta della più grave perdita  di uomini con le stellette , avvenuta in tempo di pace, dopo la strage di Kindu  risalente all’ormai lontano 11 novembre 1961  nella quale vennero trucidati, da parte di soldati congolesi, in circostanze mai ben chiarite, 13 aviatori italiani inviati come “caschi blu” dalle Nazioni Unite.

La notizia del gravissimo attentato terroristico, che ha particolarmente colpito l’Arma dei Carabinieri, si è rapidamente propagata quella mattina del 12 novembre dello scorso anno  e l’Italia intera (a parte qualche sparuta e non qualificata minoranza), si è trovata a piangere i suoi figli caduti in quella lontana terra mediorientale mentre erano impegnati a dare una attestazione di solidarietà ed un messaggio di pace a quella gente così duramente provata da anni di dittatura e da quest’ultimo, sia pur breve, conflitto.

Così l’Arma dei Carabinieri, sempre presente nelle missioni di pace all’estero ha dato anche in questa circostanza il suo contributo nel nome delle istituzioni che rappresenta e del popolo italiano che anela ad una pace duratura per tutti i popoli della terra.

L’Italia intera si è inchinata di fronte ai suoi figli caduti e, nel piangere queste vite spezzate dall’odio assurdo, gli italiani si sono sentiti improvvisamente più uniti.

Quella tragedia, quel terribile evento ci ha immersi repentinamente nell’incertezza del futuro, mentre tutte le nostre paure e le nostre angosce venivano proiettate nei nostri fratelli caduti.

E non si è trattato soltanto di un fattore emotivo, anche se l’evento è stato reso quasi più grave e doloroso perché imprevisto e perché occorso in  un periodo di pace per la nostra Patria che ha fatto dimenticare a più generazioni cosa sia la guerra e quali disastrose conseguenze essa provochi.

L’atto terroristico, nella sua tragicità ci ha come bruscamente risvegliati e ci ha posti di fronte a una realtà che appariva così lontana da non essere neppure presa in considerazione.

Una realtà che ci pone molti interrogativi perché la tragedia di Nassiriya potrebbe non significare l’atto conclusivo o risolutivo di una certa situazione, ma che obbliga invece a dover attentamente valutare l’adozione di misure di attenta vigilanza, misure che da sole potrebbero comunque  non essere sufficienti ad evitare ulteriori perdite di vite umane, ma che appaiono indifferibili per  evitare mali maggiori.

Prepariamoci pertanto a vivere un periodo di incertezza e di pericolo che richiede grande unità e solidarietà e  induce a riscoprire l’orgoglio Nazionale e l’amore per la nostra Patria. Ciò in difesa della nostra vita e dei  nostri italici valori così gravemente minacciati da un nemico subdolo che porta i suoi attacchi improvvisamente e inaspettatamente .

Non appare impresa facile ritrovare l’amor di Patria , sentimento che il tempo e l’oblio sembrano aver disperso, ma ricordiamoci che i caduti di Nassiriya, punto di riferimento per coloro che vogliono compiere il proprio dovere fino in fondo senza protagonismi, ma con spirito di umana solidarietà, ci hanno consegnato un messaggio mentre perdevano la loro vita tentando di essere vicini a quelle popolazioni : quello di operare insieme  per  costruire un’Italia e un mondo migliori.

Un Generale di Brigata dell’Arma


Signore Gesù
dammi il tuo perdono:
crea in me
un cuore nuovo
capace di obbedire,

di chiedere scusa,
di servire, di amare.


Piccoli ricordi della mia prima confessione


Mariano

Domenica 7 marzo, giornata della prima Confessione, è stata per me una grande festa perché finalmente mi sono sentito perdonato da Gesù…..Ho provato tanta gioia.


Ilaria

Ero un po’agitata perché sono stata la prima a salire insieme al Sacerdote, ho confessato le mie mancanze e ne sono uscita molto contenta: mi sentivo più leggera, non avevo più quel peso dentro il cuore.


Stefania

Il giorno della prima Confessione ero molto agitata. Con l’aiuto di Don Giacomo ho fatto l’esame di coscienza e subito dopo ho confessato i miei peccati. Quando Don Giacomo mi ha assolto dei miei peccati mi sono sentita più tranquilla e in pace con Dio.


Michela

Ero molto agitata e emozionata, ma quando è entrato Don Giacomo mi sono calmata. Prima ho fatto l’esame di coscienza poi abbiamo letto un libricino per la preparazione. Mi sono confessata. Infine all’asilo abbiamo festeggiato.


Emanuele

Alle ore 14,30 io e i miei compagni di catechismo siamo andati in chiesa, accompagnati dai nostri genitori per la prima Confessione. Io ero molto emozionato, all’inizio mi sono preparato con l’esame di coscienza. Dopo essermi confessato ero più felice, tranquillo, mi sono sentito più in forma del solito.


Federico

Ho fatto la mia prima Confessione. Mi hanno accompagnato papà e mamma. Io ero molto agitato quando è toccato a me, sono andato all’altare dove c’era Don Giacomo che mi aspettava. In quel momento mi tremavano le gambe, ma dopo aver parlato con Don Giacomo mi sentivo molto più sollevato. È stata una bella esperienza.


I ragazzi d i terza

 


 Cresima 2004

Carissime Elisa, Nadia, Susy

domenica 14 marzo avete ricevuto il Sacramento della Confermazione, il vostro cammino è iniziato; infatti, il giorno della vostra cresima dovrebbe segnare l’inizio anche di un vostro  nuovo e più grande impegno nel vivere la vostra vita cristiana. Forse anche a voi è capitato di domandarvi: “Vale proprio la pena crescere, non sarebbe meglio restare eternamente bambini?”, o anche: “ Perché tanta fatica per diventare grandi?”, “E’ proprio necessario passare questo tunnel di incertezze e di confusione?”, “E come mai a volte sento ostile il mondo intero?”…Crescere è un’esperienza di distacco, chiede abbandono, è un cammino verso l’ignoto! Crescere è una lotta interiore. Non è forse vero che, a volte, vi capita di sentirvi divise in voi stesse, come se in voi ci fossero due persone diverse?

-   a volte vi sentite un convinto ottimista, altre volte un inguaribile pessimista.

-   a volte avete l’impressione che il vostro entusiasmo prima o poi vi faccia prendere il volo, altre volte siete così a terra che neppure una gru riuscirebbe a sollevarvi.

-   a volte sentite così forte la vostra voglia di libertà che vorreste fare tutto in piena autonomia, a volte vi scoprite che vorreste  imitare gli altri.

-   l’elenco potreste continuarlo voi….

Una cosa è sicura: questo tempo non potete lasciarlo trascorrere inosservato, come se nulla stesse accadendo. E’ un tempo importante! La chiesa vi propone di santificare il tempo della vostra crescita con un sacramento:

La Cresima.

Avete mai pensato che lo Spirito Santo, Spirito che dona forza, energia e vita, è l’”accrescitore” per eccellenza? Ecco perché il tempo della vostra crescita è il tempo della vostra cresima.Dentro ognuno di noi c’è un seme, un seme potente: Dio vive e lavora dentro di noi per la nostra crescita. Egli, dentro di noi, giorno dopo giorno, silenziosamente, cresce con forza inesauribile, e da piccolo seme diviene grande albero. Come ogni seme anche questo deve essere coltivato con costanza e attenzione. A voi il Signore affida il compito di essere il contadino della vostra vita! Non per essere zizzania ma per essere il buon grano, come lui ci ha insegnato nelle parabole. Cammin facendo vi accorgerete che, se da Dio vengono i doni, se da Lui viene la grazia, quasi nulla sboccerà senza la vostra collaborazione, il vostro impegno, la vostra fatica.Voglio proporvi una riflessione sui doni: Vi domanderete: “ ma di quali doni si parla?. Sì a catechismo abbiamo parlato dei doni, dei frutti… ma a me personalmente cosa è stato dato?”.Posso dirvi questo, non li potete vedere apertamente ora, li potete intravedere, li potete immaginare, ma prima di ogni altra cosa ci vuole la fiducia  e la pazienza di chi li vuol vedere crescere; ogni cosa che cresce, prima è come nascosta, poi è piccola e nel tempo diventa sempre più grande. Ci capita spesso di ricevere dei regali, al compleanno, o in altre occasioni, che non apprezziamo, poi però passato un po’ di tempo li riguardiamo e ci sembrano diversi e magari utili, magari molto utili. Ecco lasciatevi fare oggi questi grandi regali da Dio anche se non capite la loro forma, il loro contenuto, la loro utilità. State serene e lasciate che questi  regali siano come un seme, voi  lo ricevete dentro una scatolina, lo guardate e dite :”Che me ne faccio di un seme?” e lo buttate lì nella terra senza pensarci due volte e di lui non vi ricordate più. Dopo un po’ di tempo ci passate a fianco, senza ricordare che avevate buttato il seme e vi domandate:”Cos’è quella piccola cosa?” e tirate dritto. Dopo ancora un po’ di tempo però ci passate accanto e scoprite una stupenda pianta carica di fiori bellissimi e vi meravigliate non ancora comprendendo; dopo ancora del tempo, incuriosite dalla bella pianta, la andate a vedere di proposito e la scoprite carica di magnifici frutti e decidete di assaggiarli, sono deliziosi; ma scoprite nel loro interno dei semi….ecco, avete compreso tutto… era quel regalo che vi era stato fatto, il seme, che non vi piaceva, che trovavate disprezzabile e inutile e del  quale non vi ricordavate più, ma che ora siete felici che vi abbiano fatto. Lì, in quella stupenda pianta, ci sono molti frutti, e molti semi  sono a vostra disposizione, potete scegliere se buttarli nelle immondizie o se utilizzarli e magari offrirli ad altri, perché abbiano la vostra stessa meraviglia e la vostra stessa gioia…. Vedete la nostra vita è come quest’alberello più la curate, le donate il vostro affetto, le vostre attenzioni, più migliora, cresce, e a modo suo vi dona qualcosa, vi fa vedere che grazie a voi cresce vigorosa, lucente, forte, resistente alle tempeste. Così infatti è per la nostra vita: più la curiamo, la amiamo, le mettiamo a disposizione  cose  utili e importanti, più cresce forte e vigorosa, lucente e bellissima. Provate a mettere la vostra piantina (la vostra vita) circondata da oro, gioielli, tutto quello che di bello vi viene in mente… che bell’effetto, che bella figura, è ancora più bella di prima, sta bene e si sente la protagonista. Dopo un po’ la guardate e non capite cosa le succeda, sembra triste, perde qualche foglia, marcisce da un lato e via via sembra quasi morire. Non ci siamo dimenticati di qualche cosa? Sì! Manca proprio la cosa essenziale: l’amore! Se quella pianta (la vostra vita) non la curate, non la innaffiate, non le proponete le cose che sono importanti per vivere bene oltre che fuori, soprattutto dentro, la pianta si svuota di quella linfa vitale che la rende così bella anche senza l’oro e i gioielli, anche se quelli la rendono ancora più brillante. Cosa voglio dirvi? Abbiate cura di voi, non trascurate niente nella vita che vi faccia belle dentro per poter essere belle e lucenti fuori. Niente è più importante di questo. E allora, coraggio, rimboccatevi le maniche e cominciate fin d’ora a vivere con entusiasmo e con impegno questo tempo che segue la vostra cresima e che dura tutta la vita.

Renata


Il Campanile della chiesa

Lo scorso anno il campanile della nostra chiesa di Piatta è stato oggetto di alcuni lavori conservativi e migliorativi. Il risanamento conservativo del campanile è consistito nella protezione dei cornicioni con scossalina di rame.

Gli intonaci sono stati risanati seguendo queste procedure:

a) Rimozione degli intonaci deteriorati e rifacimento con identica composizione

b) Trattamento di pulizia delle parti macchiate ed esportazione della effluorescenza.

c) Spugnatura a calce con colorazione, per uniformare le superfici oggetto di risanamento a quelle preesistenti.

d) Trattamento protettivo di finitura con idropellente traspirante ad assorbimento su tutte le parti esposte agli agenti atmosferici.

e) Identico trattamento è stato riservato agli intonaci degli orologi.

Alcuni parrocchiani, inoltre, hanno provveduto alla pulizia del castello dove sono alloggiate le campane, al fine di poterne permettere la tinteggiatura.

Conservare questo simbolo significa anche rafforzare la nostra fede cristiana, infatti il suono delle campane, che rintocca ad ogni ora del giorno de della notte, non ricorda solamente che il tempo trascorre inesorabile, ma ne testimonia la provenienza: riporta alla mente dei cristiani che da quel luogo arriva la fede, che si propaga per le contrade in ogni istante della vita.

Le campane, che suonano festose prima delle celebrazioni eucaristiche, richiamano l’attenzione dei fedeli all’ascolto della parola del Signore ed li invita ad accostarsi alla mensa di Gesù Eucaristia.

Il richiamo mattutino dell’Ave Maria indica che il buon Dio ci ha regalato una nuova giornata terrena da trascorrere con i nostri famigliari, con i nostri amici, con i nostri fratelli Cristiani.

Il suono lento e ritmato, che di tanto in tanto rintocca dal campanile, annuncia la partenza di qualche buon anima verso il Paradiso, verso la Vita Eterna, nel regno dei Santi.

Un grazie a coloro che hanno eretto questo simbolo; sta a noi, ora, conservarlo a testimonianza di una fede forte che i parrocchiani di Piatta hanno sempre avuto e che dimostrano non solo di mantenere intatta, ma di tramandare anche alle generazioni future. 

C.G.


Nuovi progetti

Lo scorso autunno sono stati realizzati, nell’interrato fra l’edificio dell’asilo e la sacrestia della chiesa parrocchiale, due nuovi locali.

Il primo, di primaria necessità, sarà adibito, una volta ultimati i lavori, a locale caldaie a servizio sia della casa parrocchiale che dell’asilo.

Il secondo diventerà parte integrante dei locali della scuola materna .

Questi progetti rientrano nell’ambito di un più estesa e complessiva ristrutturazione degli edifici parrocchiali.

Anche la chiesa del paese ha avuto una sistemazione  durante la stagione autunnale, attraverso la sostituzione del sistema di riscaldamento.

La ventilazione ad aria calda per mezzo della caldaia ormai obsoleta e inutilizzabile, è stata rimpiazzata da un moderno impianto con pannelli elettrici ad irradiazione di calore.

Le spese sostenute per queste migliorie si sono potute coprire in parte grazie all’impegno costante e a volte oneroso, soprattutto in termini di tempo, dei numerosi parrocchiani che offrono il loro aiuto nelle diverse iniziative intraprese, in particolare, negli ultimi anni.

Durante l’anno verranno completati i lavori in corso d’opera.


 La ğesina de la Bucelìna
La Vecchia cappella

La vecchia cappella, progettata dall’architetto Adriano Valcepina, venne edificata su volontà del Cavalier Fontana allora proprietario e presidente della SIB S.p.A., agli inizi degli anni ’70.

Lo stile architettonico scelto ricalcava le forme adottate per la realizzazione delle stazioni di partenza e arrivo delle 2 funivie Agudio “Va e Vieni” realizzate anch’ esse negli stessi anni.

La vecchia cappella era costituita da 2 pareti laterali realizzate in cls e legno, con la facciata frontale a cielo libero ed il tetto in lamiera verniciata.

L’arredo interno della cappella, che è stato integralmente recuperato per la nuova cappella in progetto, è costituito da:

1.      La statua lignea di Maria,;

2.      Il crocefisso in acciaio inox, omaggi del cavalier Fontana, anno 1980;

3.      La storica campana, omaggio del cavalier Fontana, datata 1727 (!)

4.      La cassetta per la raccolta delle offerte, “opera” semiartistica realizzata            nelle nostre officine agli inizi degli anni ’70, di cui è stato apprezzato più l’impegno che il risultato…


 Nuova Cappella

 La nuova cappella è caratterizzata da due pareti laterali con vetrate realizzate a mosaico; il tema delle figure rappresentate è frutto di una scelta tecnica e religiosa elaborata dal nostro ufficio tecnico con la consulenza “ spirituale ” del parroco di Piatta Don Giacomo.

I santi raffigurati sulle vetrate sono San Bernardo e Santa Margherita rispettivamente protettore degli sciatori e protettrice dei pastori.

La pareti in calcestruzzo sono rivestite in pietra locale a vista; il tetto è realizzato con capriate in legno e rivestito con copertura in zinco titanio.L’arredo interno è lo stesso già presente nella vecchia cappella.Il pavimento è realizzato in legno con lavorazione antisdruciolo. Le dimensioni significative della nuova cappella, sono le stesse della cappella precedente.

Ufficio Tecnico S.I.B. S.p.a.


Una richiesta d’aiuto, la ricerca di un attimo di conforto, il bisogno di una voce che si sente solo dentro... Una cappella, una chiesetta, un immagine sacra lungo la via possono dare ad ognuno di noi, a chiunque se le trovi davanti agli occhi, conforto, forza spirituale, energia per proseguire il cammino intrapreso.

Se pensiamo che nella nostra parrocchia, sul versante del monte Vallecetta, troviamo spesso questi “quadri” o questi luoghi di rifugio spirituale dove poter sfogare il nostro pianto e trovare conforto, dove rivolgere la preghiera per questo o quest’altro motivo e trovare gioia, dove ringraziare per tanti motivi Colui che da lassù ci protegge ogni istante della vita...

La cappella rinnovata alla Bucelìna è solo uno dei tanti esempi di cristianità per fortuna ancora vivi nelle nostre comunità.


La pace dipende
anche da me

 Una splendida giornata di sole, domenica 8 febbraio 2004, ha accompagnato l’arrivo di tanti ragazzi delle diverse parrocchie della zona Valtellina Superiore, che si sono ritrovati presso l’oratorio Don Bosco di Bormio per proclamare la pace. La giornata è stata organizzata dal gruppo A.C.R. della zona.

Al mattino, dopo l’accoglienza, hanno partecipato e animato tutti insieme la S. Messa celebrata, nella parrocchiale di S.S. Gervasio e Protasio di Bormio, dall’arciprete don Giuseppe Negri.

La giornata è proseguita con musica e giochi, al termine dei quali il numeroso gruppo di bambini si è riunito, con animatori ed adulti, per dedicare un momento di riflessione sul significato della parola “pace”, conosciuta da tutti ma applicata veramente da pochi.

In questa gioiosa giornata i bambini con la loro semplicità, hanno manifestato il vero senso della pace; animatori e adulti, che non godono dell’innocenza di questi fanciulli, ma sono immersi in un mondo che provoca distrazioni, attraverso questo confronto diretto hanno capito che la pace, la vera pace, non si costruisce quando si chiude la porta del cuore, quando si chiudono le mani, la bocca, e non si fa niente per unire, perdonare, amare.

Non si costruisce la pace quando si tace di fronte alla menzogna, all’ingiustizia, alla disonestà; non si costruisce la pace quando non si apprezza lo sforzo degli altri, quando si pretende l’impossibile, quando si è indifferenti al bene e al male degli altri.

La pace si costruisce quando al posto dei “No” si mettono i “Si”, quando al posto del rancore si mette il perdono, quando al posto della morte si mette la vita, quando al posto dell’Io di mette Dio.

Questo sicuramente è un monito alla pace, che non può e non deve essere un’utopia.

Va sottolineato il punto centrale dell’omelia di don Giuseppe, sul quale si è soffermata la riflessione, ha voluto rivolgere una preghiera ai grandi capi del mondo per far capire quanto è importante l’amore fraterno fra le nazioni che possono essere esempi per la pace e l’unità.

“Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano. Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi fanno del male”. (Lc 6,27-28)

Questa non è un’ingiustizia basata solo sulle ragioni; non è nemmeno rassegnazione.

È un atteggiamento attivo che mi spinge a decidere davanti alle situazioni non in maniera “reattiva” – mi hai fatto questo allora io ti faccio quest’altro – ma in maniera “attiva”: in questa situazioni decido non come rispondere a te, ma come cercare il bene mio e tuo.

Che decisioni prendo allora, dinnanzi al male? Gesù dice: amate, fate del bene, benedite, pregate. “Dove c’è inimicizia semino parole di pace e gesti di riconciliazione, dove c’è l’odio faccio il bene, dove dicono male di me benedico, dove mi fanno del male prego”.


La raccolta di indumenti per bambini

L’autunno passato, il Don Giacomo ha proposto a noi ragazzi un progetto che consisteva nella raccolta di indumenti per bambini dai zero ai due anni, da destinarsi all’associazione “ Charitas “ di Milano. Noi ragazzi abbiamo subito accolto con entusiasmo la proposta.

Il nostro compito era di sensibilizzare la gente all’iniziativa con un passaparola di famiglia in famiglia anche al di fuori della nostra parrocchia. Abbiamo ricevuto un grande aiuto dalle famiglie del paese, dalle mamme dell’asilo di Bormio e dai vari negozi che hanno risposto con generosità. Tutta la raccolta è stata smistata in oratorio da noi ragazzi.

Pronto il tutto, il giorno … noi ragazzi con il Don Giacomo e alcune mamme abbiamo consegnato la raccolta all’associazione dove siamo stati accolti con grande entusiasmo e gratitudine dai responsabili, i quali ci hanno illustrato come venivano distribuiti gli indumenti secondo le diverse necessità del bambino. Questa giornata è stata molto importante per ritrovarsi tutti insieme e per capire come siamo fortunati rispetto ad altri ragazzi.

Maria


È con curiosità, interesse, ma anche trepidazione che ho accolto la richiesta di don Giacomo di rendermi disponibile a curare la parte del giornalino che proporrà qualche riflessione sul tema “FAMIGLIA”.

Parlare di famiglia mi sembra interessante, ma anche complesso; è una dimensione della vita che chiama in causa una miriade di cose:  gli affetti, la casa, i desideri, l’educazione, i figli, il lavoro, i valori, i sacramenti, … (chi più ne ha, più ne metta).

Considero però importante iniziare a parlarne, mi auguro con l’aiuto di quanti condividono l’idea che comunicare, confrontarsi, dire la propria sia costruttivo e stimolante per tutti.

A mio avviso sarebbe bello raccontare in queste pagine il punto di vista di persone con età ed esperienze diverse.

Io, dal canto mio, cercherò di suggerire qualche idea che potrebbe diventare lo stimolo al confronto successivo.

 Silvana


 Maschio e Femmina
Dio li creò
“Maschio e femmina li creò’ . Per questo l’uomo lascerà la sua casa e si unirà alla sua donna”.  (Genesi)

 … Innamoramento, cotta, testa tra le nuvole sono il nostro modo dire che un uomo e una donna stanno vivendo una relazione affettiva importante, coinvolgente, aperta a progetti futuri.

Molte volte divenire coppia lascia sullo sfondo la consapevolezza che questa è l’esito dell’unione profonda di due persone portatrici di storie, emozioni, pensieri, abitudini, vissuti. Si dà per scontato che volersi bene sia il prerequisito e la soluzione “magica”, nonché esaustiva, dello stare insieme.

Ma allora qual è la molla che attrae un uomo e una donna? Cosa significa “vivere una relazione”? Come e con che scopo pensare a un progetto di vita in coppia?

In realtà io credo che la sfida dell’essere coppia consista nel coniugare la diversità di ciascuno, nel profondo rispetto dell’individualità, alla luce di un progetto di coppia e di famiglia.

(Sul prossimo numero del giornalino pubblicheremo i contributi che questa prima suggestione ha suscitato; chi vorrà  potrà consegnare a Don Giacomo il proprio scritto. Confidiamo nelle vostre testimonianze.)


Per cominciare,
la differenza.

Come l’uccello e l’albero
Come le farfalle e il fiore
Come il fiume e la valle
Come la notte e le stelle
Come il sole e le nuvole
Come la musica
e la parole di una canzone
L’uomo, la donna
Fatti l’uno per l’altra
Come il seme per il solco
Come la pioggia per il seme
Come la nuvola per la pioggia
Come il vento per la nuvola
L’uomo, la donna
Lo stesso essere in due versioni
Lo stesso tessuto in due colori
Lo stesso fiore in due profumi
Lo stesso pianeta con i suoi due poli
Donna-uomo, uomo-donna
Una differenza che è l’inizio
Di una grande avventura

 (Anonimo)


Dalla carta stampata
(La Provincia di Sondrio 29/12/2003)

Un piccolo paesaggio da sogno, in cui le torri e le cupole in legno che rimandano a mondi lontani e alla Betlemme del presepe giocano a confondersi con le vecchie baite di Piatta. Presepe nel presepe. Il “Natàl a Plata” è ricco di suggestioni più di ogni altro. La prova è nel concorso di gente, che sabato notte ha preso parte al “Presèf de’ insùmi”, il presepe dei sogni, organizzato dalla comunità parrocchiale del paese. Tutte e tre le rappresentazioni hanno fatto registrare il tutto esaurito nella piccola frazione di Valdisotto, per l’occasione trasformata in un isola pedonale: un occhio ad ammirare il vecchio forno a legna che spicca a sbalzo dalla muratura come una misteriosa nicchia e che, rimesso all’opera per l’occasione, sforna profumi di biscotto e di segale, un altro a seguire la mano esperta dello “sciober” che rammenda le scarpe, del “bekeir” (macellaio) che impasta le salsicce o delle nonne che, riunite in un crocicchio per sfruttare meglio la luce fioca di una candela, filano il lino, pettinano la lana, fanno matasse e gomitoli. Un lavoro paziente, sincrono con i colpi ritmici dell’ “escut” che viene battuto sulla segale. Si percorre il paese e insieme la storia. Ogni porta che si apre spalanca infatti uno squarcio di passato contadino, vecchi mestieri, strumenti e abilità che solo i vecchi cercano gelosamente di custodire e illudendosi di insegnare ai nipoti. È un fascino misterioso. Contagioso. Il sogno diventa ancora più coinvolgente una volta giunti in piazza. Lo spazio è il palcoscenico di un grande teatro. La scenografia è maestosa: dalla commissione di due celebri affreschi di Giotto, uno nella Basilica di San Francesco ad Assisi, l’altro nella Cappella degli Scrovegni di Padova, è stato realizzato un fondale di legno compensato alto quasi dieci metri, con torri, cupole e palme che portano alla mente lontano, sino a Betlemme. Così il miracolo della Natività si rinnova. Grazie ai sogni dei Grandi della Storia, “quelli che - ha ricordato il don Giacomo Folini - destano in noi l’attenzione su squarci di umane realtà rischiarando le nostre menti”, quelli che hanno saputo rendere meno grigia la storia. Mosè che sogna per il suo popolo la Terra Promessa. Giosuè che realizza il grande sogno di Israele. San Giuseppe che si abbandona senza timore al sogno di Dio. Padre Massimiliano Klolbe che ha il coraggio di guardare oltre al filo spinato del bunker. La catechista Teresin dei Buràt che riversa sulla piccola comunità di Piatta la sua incrollabile fede come esempio di vita, lasciando in eredità un sogno da realizzare. Martin Luther King che sogna la libertà e la fratellanza tra i popoli. Madre Teresa, la matita di Dio per disegnare la Città della Gioia. Papa Giovanni Paolo II che, ai piedi del muro di Berlino, sogna la pace tra le Nazioni. Salvo D’Acquisto, soldato di pace, presenza discreta nel mondo con il suo sogno di solidarietà. E poi Maria, il tenero sogno di una mamma che tiene in braccio il suo bambino: è un tenero vagito di salvezza che s’effonde nell’universo. Bravissimi gli attori, scelti con cura per essere assolutamente verosimili: chi fa Martin Luther King è veramente uomo di colore, chi D’Acquisto è davvero un carabiniere mentre il nonno che interpreta il papa - identico in tutto a Giovanni Paolo II - si regge a fatica sulle ginocchia, aggrappato soltanto alla fede. Sul palco, dove giganteggiano fotografie in bianco e nero che fanno venire i brividi (il cancello di Auschwitz, Beirut distrutta dai bombardamenti…), portano l’emozione e la forza dei loro grandi sogni, così forti e belli che anche il filo spinato del bunker si colora di verde speranza.

D.V.


Cena al pentagono

Sabato 17 Gennaio si è tenuta al Pentagono la cena della comunità di Piatta.

E’ questo ormai da qualche anno un appuntamento irrinunciabile che vede riunita buona parte della popolazione che forse mai, come in questa occasione, ha la possibilità e il privilegio di ritrovarsi per un momento tanto importante e ricco di significato.

Grazie all’ottima organizzazione, la serata si evolve in un susseguirsi di momenti che sono l’espressione di un vissuto, di sentimenti……che fanno parte del nostro piccolo nucleo sociale.

La finalità di questo “incontro” è senza dubbio quella di gustare del buon cibo che, non dimentichiamo, viene preparato e servito, con classe e in modo impeccabile, dagli allievi dell’Istituto Alberghiero di Bormio, ma soprattutto e molto più importante, è quella di condividere un po’ di “tempo” con gli altri.

Quest’anno poi, in modo particolare, è stato anche motivo per sentirci vicino, dando un nostro contributo concreto, ai ragazzi della Centralina di Morbegno con i quali don Giacomo e i nostri giovani sono in contatto, e che attraverso la persona di don Diego hanno ricevuto questa dimostrazione di solidarietà per la quale hanno fatto giungere in parrocchia molti ringraziamenti.

Altro momento di grande sensibilità è stato, a mio avviso, l’esserci stretti attorno ad una famiglia che ancora chiusa nel dolore per la perdita della propria cara ha potuto sentire il calore dei compaesani nel rivivere dei momenti e dei ricordi.

In un clima comunque festoso e sempre di grande giovialità dove anche i bambini indisturbati si sono divertiti scorazzando su e giù dalle tribune e dalla balconata dello stabile, è giunto anche l’attesissimo momento per visionare il filmato di quello che ancora una volta la comunità di Piatta è riuscita a realizzare in occasione del Natale: il Presepe Vivente, il Presepe dei Sogni.

Ed è con grande orgoglio e con grande commozione che ci siamo rivisti e anche un po’ identificati in quelle situazioni e in quei personaggi che con tanto impegno e volontà siamo andati a rappresentare.

E poi indipendentemente da qualsiasi risultato e valutazione, la cosa importante è il saper mettersi in gioco, fare qualcosa per gli altri, per la collettività.

E a coronamento della serata cosa di più bello della musica che con il suo linguaggio universale lega tutti, grandi e piccoli, giovani e vecchi in un espressione di grande positività.

Concludendo vorrei infine citare una frase stampata sulla carta dei menù che erano in tavola quella sera e che ha un significato, secondo me, molto profondo e dice: “ La Vita è un tessuto di sentimenti che...diventano fatti. Nella comunità in gesti concreti sono comunicazione di vita e risposta a bisogni reali “.

E accogliendo il ringraziamento e l’augurio del nostro parroco, possiamo proprio dire che anche quest’anno abbiamo realizzato un “SOGNO” : stare insieme!

Maria Teresa


Giocare per crescere

Quarantuno grembiulini azzurri rosa rossi verdi e bianchi animano la scuola materna della“Comunità di Piatta”.  Storie diverse,  nomi, altezze, pesi ,modi di esprimersi, limiti e potenzialità caratterizzano ogni bambino rendendolo unico e irripetibile. Chiamano la scuola ad assumersi la “responsabilità di educare” di prendersi cura di ogni bambino affinché  possa  crescere  nella capacità di interagire con gli   altri, di ascoltare, di mettersi nei panni di altri, di  riconoscere ed esprimere propri sentimenti, di collaborare e di comunicare. Le insegnanti vivono con il gruppo esperienze significative e si adoperano  affinché la relazione possa motivare il bambino ad una partecipazione serena e tranquilla  del percorso scolastico.

Il gioco sembra essere la modalità ideale; l’attività di gioco parte dal bambino stesso e si modifica a contatto del mondo esterno ,  del  gruppo;  si modifica pure man mano che il bambino diventa grande.  Emerge dal gioco la versatilità del bambino e quella degli oggetti. Giochi meravigliosi che nascono e crescono da parole, oggetti apparentemente inattendibili, messi insieme da abilità, da calcoli rapidi e ragionamenti sottili, da ipotesi; convivenze di misure, volumi, movimenti, equilibri e resistenze per arrivare a forme e rappresentazioni ricche di intenzionalità progettualità e creatività.

Protagonista e artefice é il bambino stesso; esso cerca ciò che gli serve per realizzare l’idea, si confronta con gli altri, immagina e costruisce, si impone o accetta, propone o imita, trattiene ciò che da quella esperienza risulta a lui funzionale e significativo. Emergono aspetti simbolici e magici  nel gioco di imitazione dove le attività  del bambino diventano una trasposizione dell’ambiente in cui  cresce. Fondamentale l’aspetto del regolamento e delle norme che permettono al gruppo di stare bene insieme. Per il bambino il gioco è lo strumento della sua anima, col quale esprime i suoi sentimenti e la sua gioia. È la possibilità di costruirsi un mondo fantastico, esprimendosi per  apprezzare se stesso e gli altri .

Le maestre


Carnevale coi nostri bambini

I bambini dell’asilo sono sempre molto entusiasti dell’arrivo del carnevale. Quest’anno lo abbiamo festeggiato in modo un po’ diverso dal solito, coinvolgendo genitori e bambini in una grande festa. Infatti la giornata di giovedì 19 febbraio, noi genitori l’abbiamo trascorsa in maschera, all’asilo, divertendo i nostri bambini. Ogni genitore, all’insaputa del proprio bambino o bambina si è travestito a suo piacere. Al mattino alcune fatine ed un genitore-robot hanno colto di sorpresa i bambini che erano in salone. I bimbi erano molto attratti dal robot, il quale proponeva giochi e scherzi per tutti. Tra risate e divertimento la mattinata è trascorsa velocemente ed in allegria. Giunta l’ora del pranzo altri genitori mascherati hanno aiutato a servire le portate premurosamente preparate dalle nostre suore.

Nel pomeriggio la festa di carnevale è stata animata da tante mamme e papà che si sono mascherati allegramente e con molta fantasia: si sono visti pagliacci, diavoletti, nanetti, cuochi, suore,fate, pantere, rane, ecc. Tra giochi, balli e tanta musica, abbiamo terminato il pomeriggio con un piccolo rinfresco. Un ringraziamento a don Giacomo, alle suore ed alle maestre sempre disponibili ed attente alle esigenze dei nostri piccoli. Noi genitori ricorderemo con entusiasmo questa bellissima giornata di carnevale vissuta insieme in spirito di armonia, collaborazione e gioia fra le mura del nostro asilo parrocchiale.

 Erica e Michela


Una postina, un pacco gigante...si parte in treno !!!

Drinn, drinn, drinn,  suona il campanello della scuola materna che , interrompe la routine dell’appello e della preghiera. Suor Amelia,  annuncia ai bambini che c’è posta !!  Arriva in salone un enorme pacco bianco, e la postina, dopo essersi sincerata di essere tra i bambini della scuola materna di Piatta , ci spiega che il mittente del pacco sono: “I bambini della scuola del mondo che vorrei”. Si alzano allora delle vocine curiose che dicono: “chissà cosa ci sarà dentro il pacco? forse ancora i regali degli alpini… nooo sarà stata la fata!!! noo è Don Giacomo!! ma maestre io quella postina la conosco, è l’amica della mia mamma e lavora in un negozio! ma io non conosco quei bambini!!! leggiamo se c’è il nome del paese dove sono!!! fose ci sono dei gocciolatini e tante caiamelle da mangiaie!! Maestre proviamo ad aprirlo, io vedo dei colori!!! Sentiamo se è pesante!! forse si sente l’odore; c’è un animale, un cane Lillo!!

Niente di tutto ciò; da un buco, le manine dei bimbi tolgono bottiglie di plastica, pezzi di stoffa colorata, fogli di carta, giornali, palline da ping pong, scatole di cartone, tappi, pezzetti di legno…immediatamente questi oggetti anonimi prendono nomi e forme: “Guadate io faccio la slitta!! Alto là , ti sparo…,  sono per fare i lavori di carnevale…, io divento una fata...,  sentite io faccio il rumore…, io faccio una casetta…”.

Fantasia e creatività di ogni bambino si alimentano all’interno del gruppo,  e da semplici oggetti, nascono idee, proposte, attività, storie e divertimento.

Manipoliamo, costruiamo, disfiamo, classifichiamo e mischiamo; questi oggetti diventano il materiale di gioco negli angoli del salone. Gruppetti misti di bambini, sperimentano l’uso di materiale povero e diverso, che si trasforma in continuazione e che vede il bambino artista e protagonista di queste trasformazioni. Ora il materiale è nascosto all’insaputa dei bimbi sotto un grande telo, e correndo con fantasia intorno al mondo, ci si  ferma nelle varie città e si esplora: prima con i piedi, poi con le mani, con il viso, la schiena…. sentiamo dei rumori,  sentiamo parti molli e dure…..diciamo come ci siamo sentiti durante questa esperienza “mi è piaciuto correre intorno al telo, mi ha fatto male i pollici, ho sentito una bottiglia con il ginocchio…”.

Durante la ginnastica questo materiale lo si usa per fare delle staffette e dei percorsi; in classe, plastica, carta, legno e stoffa sono utili per le schede delle competenze, costruiamo con questo materiale i nostri amici assenti; con plastica e carta realizziamo la maschera di carnevale…..

Infine il materiale si è trasformato in un castello; in una mongolfiera che porta una principessa al castello; in una città con il ponte; in un bellissimo treno con il capomacchina e in tante altre piccole forme “ maestre noi abbiamo fatto il pacco regalo, noi il computer, la scatola che si prendono i biglietti, la luce di tanto tempo fa che si andava in stalla dalle mucche, la stanza con il tesoro nascosto…”.

Dopo tanto lavoro, e tante creazioni, decidiamo di uscire a spasso nella nostra città e di osservare con attenzione lungo la strada. “maestre ci sono i prati con le cacche delle mucche, guardate il cielo è azzurro,  vedo il campanile di Oga, ci sono le chiese, le finestre sono un po’ chiuse e un po’ aperte, ci sono le nonne sulle strade, vicino alle case ci sono scritti i numeri, e anche le colorate  (le decorazioni) intorno alle finestre, in questa casa ci sono i segni, le tagliate, non sono le crepe, guardate c’è in cielo un elicottero che lascia una riga perché va veloce come un treno….”

Vista la nostra città,  sembra importante e divertente per poter meglio costruire un treno ed un castello, andarli a visitare. Con il parere positivo del nostro don Giacomo, in tutta velocità prepariamo la  gita a St. Moritz, con il trenino. La preziosa e puntuale  collaborazione dei genitori  ha reso possibile la partenza per il 12 marzo. Bambini e maestre, con uno zaino carico di entusiasmo e di gioia, hanno trascorso una giornata da non dimenticare: “ma maestre io non sono mai gito sul treno, ci sono tanti vagoni, è di colore rosso, c’è il controllore con la pistola, dobbiamo stare seduti, guardate c’è un ponte, ci sono gli asini e le galline in questo paese,  ma sul treno c’è un bagnetto piccolo, a casa mia è grande, quando io sono andato al mare il treno era più lungo, una specie di castello, nooo è una casa, quando siamo arrivati? ma dopo torno dalla mia mamma? maestra c’è un cane sul treno che dorme, guardate sta arrivando un treno con la fresa, ma cos’è una stazione, ma è ancora lungo il tempo per arrivare?  

Non resta che rimetterci al lavoro per realizzare i nostri progetti; a fine maggio sarete invitati ad essere  ospiti della nostra città , del nostro castello e chissà, forse potrete anche salire a fare un viaggio fantastico sul  meraviglioso treno della scuola materna di Piatta!

Le maestre


Sport da Piatta
alla Cina  

Sono Gabriella e sono molto contenta di poter scrivere sul giornalino per farvi conoscere il mio sport. Pratico short-track da 12 anni e da 2 faccio parte della squadra nazionale junior. Ho mosso i miei primi passi sul ghiaccio all’ età di 5 anni come divertimento ma con il passare del tempo ho capito che stava diventando una vera passione e ho deciso di portarla avanti con interesse. Purtroppo lo short-track è uno sport giovane e povero e questo fa capire che le persone che lo praticano lo fanno per piacere e soddisfazione, non per soldi come sta succedendo nella maggior parte degli altri sport. Lo short-track è diventato ufficialmente specialità olimpica dal 1998 a Nagano, dove abbiamo visto partecipi anche i nostri atleti, nel 2002 a Salt Lake City dove abbiamo ottenuto la medaglia d’argento nella staffetta e il prossimo appuntamento sarà per il 2006 a Torino. Io a questo sport dedico molto tempo, infatti l’attività, sia estiva sia invernale dura 10 mesi all’anno, facciamo circa 5 allenamenti per settimana di 1 ore e 30, tranne quando mi convocano a ritiro in nazionale dove pratico 2 allenamenti al giorno di 2 ore ciascuno, inoltre da novembre a marzo il sabato e la domenica sono impegnata a fare gare. Per me questo sport ha rappresentato e rappresenta ancora una crescita umana, mi ha aiutato a capire che nella vita non bisogna mai lasciarsi andare, bisogna lottare per conquistare i propri obbiettivi anche nei momenti dove sembra impossibile ma per farlo bisogna impegnarsi, faticare, avere costanza e alcune volte anche soffrire. In questi anni di attività ho conosciuto molte persone, ho imparato a socializzare e mi sono integrata in un gruppo sportivo splendido e unito. Ho ottenuto molte soddisfazioni in questo sport: sono stata più volte campionessa regionale e italiana, ho partecipato alle gare internazionali a Budapest, Mannheim, Trnava, Dresda, ma l’esperienza più fresca ed emozionante è stata la partecipazione ai campionati del mondo juniores in Cina, precisamente a Pechino, dove ho ottenuto mediocri risultati anche per non aver corso l’ultima giornata di gare a causa di una caduta. Per quanto mi riguarda i mondiali hanno rappresentato per me un esperienza splendida che ha premiato tutti i miei sacrifici che ho fatto in questi anni, nella speranza di riceverne tanti altri, magari di ottenere la convocazione ai mondiali anche per la prossima stagione. Un consiglio che voglio dare a tutti i giovani è di praticare uno sport agonistico perché vi aiuta molto nella vita ma soprattutto nell’ età adolescenziale, vi fa provare esperienze ed emozioni nuove, magnifiche, indimenticabili ma soprattutto irripetibili. 

Gabriella


 Mente sana in corpo sano

Il clima non è ancora dei migliori, la mattina e la sera sono ancora piuttosto fresche, ma sta tornando, pian piano la primavera;  il gelo torna in letargo, speriamo fino al prossimo inverno e tocca a noi, agli sportivi, risvegliarsi, darsi una mossa e riprendere gli allenamenti. È vero che siamo ancora in periodo pasquale, dove la preghiera e la meditazione regnano sovrane; ma se è puro per l’anima il fatto di confessarsi e comunicarsi almeno per Pasqua, è pur sano e non certo scandaloso per il corpo se ricominciamo ad usare il nostro campetto per allenare i muscoli in vista del ormai classico appuntamento con il torneo di calcetto di fine aprile. Contiamo sempre di avere un buon numero di partecipanti e crediamo che qualche squadra abbia fatto anche una buona campagna acquisti, durante la stagione morta. Non abbiamo certo i milioni di euro che ruotano attorno al calcio professionistico, ma pur sempre uno spirito giovane ed anche un po’ atletico che ci incitano a continuare ad essere un po’ come i bambini. Allora forza di spirito e coraggio: rituffiamoci in un’altra stagione di corsa, di serate in compagnia all’aria aperta, di pomeriggi all’insegna dello sport e del divertimento. Ah! Dimenticavo. Lo scorso anno al giovedì sera, si giocava anche a pallavolo; se qualcuno fosse interessato fate passare la voce, con un po’ di allenamento si può arrivare a proporre per l’estate anche un torneo di questo tipo. Mente sana in corpo sano.

Giuly


Il Miele
“ UN MIRACOLO” DALLA NATURA

 … Un po’ di storia…
Prima dell’impiego della canna, per la produzione dello zucchero, il miele è stato il dolcificante impiegato più largamente e nei modi più svariati. Per gli antichi Egizi era un alimento talmente prezioso che doveva accompagnare i defunti anche nelle tombe, dove sono stati rinvenuti vasi dal contenuto ancora commestibile. Per i Greci era il cibo degli eroi e degli dei; i medici del tempo, come Ippocrate, lo descrivevano anche come antisettico e cicatrizzante ad azione topica. Per i Romani era un alimento di largo consumo. Con l’introduzione e l’estensione massiccia del consumo di zucchero di canna, il miele ha visto restringere il suo mercato e ha acquistato la funzione di un prodotto destinato alla produzione di dolci tradizionali o per usi particolari (cosmetici e medicamentosi).

… Ai giorni nostri…
La scienza nutrizionale e la medicina tradizionale ne stanno riscoprendo e valorizzando i pregi alimentari e medicamentosi, tanto che, secondo alcuni esperti, il miele, deve essere considerato come un componente obbligatorio nell’alimentazione quotidiana.

 

… il suo valore nutritivo…
Il miele è un alimento di elevato pregio nutrizionale caratterizzato da un’azione energetica, da una facile digeribilità e completezza di oligoelementi e sostanze bioregolatrici. Per il suo contenuto di glucidi, soprattutto glucosio e fruttosio, il miele costituisce un alimento energetico per eccellenza. Rispetto allo zucchero raffinato (saccarosio) fornisce un quantitativo minore di calorie di rapida utilizzazione, con potere dolcificante 25 volte superiore a quello del saccarosio e con un’azione cariogena inferiore a quella dello zucchero raffinato. Inoltre, il miele contiene elevate quantità di fruttosio che esercita una funzione protettiva e disintossicante sul fegato. La facile digeribilità è dovuta al fatto che la maggior parte dei glucidi sono presenti in forme semplici e non richiedono ulteriori demolizioni. La presenza di enzimi concorre ad attivare i processi digestivi. Il buon contenuto di vitamine (gruppo B, C, acido folico e acido pantotenico) spiega la favorevole azione del miele sulla resistenza dei capillari e sulla nutrizione delle cellule nervose. Le sostanze ad azione antibiotica esercitano un potenziamento delle difese contro le malattie infettive.

 

… è indicato…
Per gli sportivi, per coloro che fanno vita intensa anche intellettualmente, per convalescenti e durante la gravidanza e allattamento. I bambini se ne avvantaggiano per la crescita ed il moto, gli anziani per una sana vecchiaia.

 

… i settori dell’organismo che traggono beneficio dal consumo di miele…

Prime vie respiratorie, azione decongestionante e calmante della tosse.
Muscoli, aumento della potenza fisica e della resistenza.
Cuore, azione cardiotropa.
Fegato, azione protettiva e disintossicante.
Apparato digerente, azione protettiva, stimolante e regolatrice
Rene, azione diuretica.
Sangue, azione antianemica.
Ossa, fissazione del calcio e del magnesio.

… piccoli consigli…

L’ottimo è un consumo costante di 30 g di miele al giorno.

La cristallizzazione del miele avviene per processo naturale, per riaverlo liquido è sufficiente riscaldare il vaso a bagnomaria senza superare i 45° centigradi.
Indicato in caso di febbre ed influenza: latte bollito con alcune foglie di salvia, quando diventa tiepido addolcire con un cucchiaio di miele.
Per gli sportivi, prima di una competizione (per reintegrare le sostanze minerali che si “perdono” con lo sforzo), preparare una camomilla, quando è tiepida addolcire con miele.

… per finire…
La natura ci offre tanti piccoli miracoli, uno di questi è il miele, ringraziamo il Signore per questo dono.

… non dimentichiamolo..
Il miele è frutto del lavoro di milioni di api. Anche noi, come comunità parrocchiale, possiamo essere paragonati ad un alveare, con la preghiera e il lavoro di squadra possiamo diventare come una goccia di miele per l’umanità.

Nadia


I Canedèl (Canederli)

Ingredienti:  

Quattro o cinque panini raffermi
Due uova intere
Un salamino nostrano e mezzo
80 gr. di pancetta piana
100 gr. di mortadella
Una manciata di sale
Prezzemolo tritato
Cannella
Quattro cucchiai di farina bianca
Brodo di carne misto
Noce moscata
Formaggio grana
(Manzo, Pollo, Vitello)

Preparazione: 

Preparare il brodo di carne senza verdure, tagliare a pezzetti il pane raffermo, tagliare a dadini piccolissimi i salumi e cospargerli con la farina bianca. Unire al pane le uova, i dadini di salame, il formaggio grana, il prezzemolo, la noce moscata e la cannella. Aggiungere un mestolo di brodo caldo e amalgamare bene. Spolverare le mani di farina bianca e formare delle sfere (Canèdèl) poco più grosse di una pallina da ping pong. Cuocere nel brodo bollente per venti minuti abbondanti. Servire con del brodo ben caldo.  


La Poìna (Ricotta)

Ingredienti:  

Siero
Latticello
Aceto citrico
Acqua
 

Attrezzi:

Pentolone
Mestolo
Paletta forata
Termometro
Recipiente bucato
 

Preparazione:

Portare ad ebollizione fino a 70° C il siero (saròn) liquido rimasto dalla produzione del formaggio. A questo punto aggiungere il latticello (pen), liquido rimasto dalla produzione del burro. Quando la temperatura raggiunge gli 87° C aggiungere l’aceto citrico (magneto di solfato) disciolto nell’acqua. Avvenuta la coagulazione, raccogliere il prodotto ottenuto con una paletta forata. Disporre in un recipiente bucato e lasciare raffreddare la ricotta (poìna) ottenuta.


 

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