Questa
è la vera Pasqua
Non
capita spesso di potersi fermare a guardare lo spettacolo della natura che
rinasce alla primavera. Non capita quasi mai di pensare a questa rinascita
che avviene ogni anno. Eppure se nella luce di un mattino appena nato, ci
arrestiamo per pochi minuti, ci sembrerà di respirare una boccata di gioia.
Il cielo ancora pallido ma lucente all’alba di un nuovo giorno; le
montagne che si stagliano alte e orgogliose pronte ad accogliere le prime
occhiate rosacee di un timido raggio di sole; la neve immacolata che ancora
imbianca le vette più alte creando un netto contrasto con il verde cupo dei
fieri pini; il tenero verde dei delicati germogli che già imperlano i rami
mormoranti; gli eleganti boccioli bianchi e rosa incastonati come perle fra
le fragili foglie; l’erba ancora umida di rugiada accarezzata da un
leggero venticello mattutino: un semplice sguardo basta per abbracciare la
meraviglia del creato. In questo quadretto primaverile il pensiero corre
subito alla Pasqua imminente: alla vita che risorge dall’inverno di un
sepolcro vuoto. La natura, pronta ad accogliere ancora una volta il miracolo
della vita, sembra volersi preparare con l’abito della festa per
l’annuncio della Resurrezione. Le campane risuonano gioconde per celebrare
una simile gioia: erano rimaste ammutolite per tre giorni, in trepidante
attesa, raccolte in un vibrante silenzio, avvolte da un velo di tristezza
che però non si chiude alla speranza. Adesso vogliono risvegliare ognuno di
noi, vogliono comunicarci la felicità più grande… Ma da dove arriva
questa esultanza? Cosa è questo canto che si diffonde nell’aria? E’
l’evento del seme affidato alla terra, è la docilità estrema
dell’agnello mansueto condotto al macello, è il gesto d’amore di Lui
che dolcemente ha dischiuso le mani per avvolgersi nel Suo infinito
abbraccio… Non ci stiamo rallegrando per una vittoria umana, non esultiamo
per qualche gloria corruttibile che ci può essere donata: tutta la nostra
pace nasce da quella Croce “abitata”, da quel legno che il nostro Dio ha
scelto come strumento per salvarci, in modo apparentemente per noi
incomprensibile, morendoci, uomo e Dio, conficcato e trafitto. Ci
rallegriamo per quel velo del tempio squarciato per sempre: Gesù ha
distrutto ciò che ci separava da Dio, ci ha aperto la strada per il Cielo e
lo ha fatto mostrandoci il volto d’amore del Padre.
Questa
è la Pasqua! E pensiamolo quando ci scambiamo gli auguri: solo nel completo
dono d’amore di Cristo troviamo la gioia piena della nostra vita. Adesso
posso augurare a tutti voi
una
Pasqua di luce, pace e serenità.
Don Giacomo
Parole…
per
saper meditare
“Se
dovessi scegliere una reliquia della Tua Passione
prenderei
proprio quel catino
colmo
d’acqua sporca.
Girare
il mondo con quel recipiente
e
ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio
e
curvarmi giù in basso,non alzando mai la testa
oltre
il polpaccio per non distinguere
gli
amici dai nemici,
e
lavare i piedi del vagabondo,dell’ateo, del drogato,
del
carcerato, dell’omicida,di chi non mi saluta più,
di
quel compagno per cui non prego mai, in silenzio,
fintanto
tutti abbiano capito nel mio il Tuo amore,
Signore
Risorto!
Amen”
La
nostra Via Crucis
Il
periodo pasquale è forse quello che offre al cristiano la possibilità di
una maggior partecipazione alla Liturgia ecclesiale.
Esso,
infatti, parte dalla quaresima, tempo di meditazione e di pentimento, per
culminare nei giorni della settimana Santa e concludersi la domenica di
Resurrezione.
In
particolar modo, durante la processione del Venerdì Santo possiamo
rivivere, da qualche anno a questa parte, gli ultimi attimi del Calvario di
Gesù nel portare la croce durante il doloroso cammino verso il Gòlgota. Già
tre anni fa siamo stati spettatori di un’ottima rappresentazione
attraverso la mimica dei gesti più simbolici della Via Crucis, interpretata
dai ragazzi.
Ricordo
la scena che più mi ha colpito: la crocifissione sulla croce posta sopra al
Cimitero, luogo già di particolare raccoglimento e preghiera, in
quell’istante avvolto in un’atmosfera singolare, quasi fossimo stati
catapultati nella realtà di quell’attimo segnato dalla figura di Cristo
crocifisso, fatto uomo e morto per la nostra salvezza.
Due
anni fa era toccato ai nostri bambini farsi interpreti di quelle realtà:
nelle vesti del popolo che seguiva rassegnato, incredulo o forse
“sollevato” la decisione di crocifiggere Gesù, o ancora nei panni dei
soldati che lo schernivano.
Lo
scorso anno in chiesa il giovedì ed il venerdì Santo gli adulti hanno
interpretato la Lavanda dei piedi, l’ultima Cena e i lunghi momenti della
Passione di Cristo. Ma credo che soprattutto ai bambini sia servito
partecipare attivamente ad un momento di preghiera così viva, che dal
passato ci porta esempi che ci vengono riproposti nella vita di tutti i
giorni.
Primo
fra tutti la figura di Gesù, che porta la croce così come noi sopportiamo
e cerchiamo di superare i momenti difficili della nostra esistenza per poi
arrivare un giorno a godere la gloria del Regno dei Cieli come Lui la gloria
della Resurrezione.
Possiamo
immedesimarci ancora nella figura di Pilato che condanna un innocente,
quando accusiamo ingiustamente qualcuno, oppure in Maria, che segue il
figlio, straziata dal dolore ed impotente di fronte al suo destino, come
molte madri dei nostri giorni che accettano ed a volte subiscono le scelte
di vita dei propri figli, oppure, ancora, in Simone di Cirene, quando anche
noi siamo in grado di andare incontro ai bisogni altrui.
Credo
che non possiamo che ringraziare ed ammirare coloro che ci offrono
l’opportunità di vivere la nostra fede in modo così vivo, semplicemente
abbellendo i balconi o le vie del paese, durante queste iniziative, cantando
e pregando insieme per sottolineare l’importanza di un momento così
particolare.
Sono
attimi che ti fanno sentire più partecipe, che riempiono il tuo bagaglio di
esperienza della capacità di unirsi agli altri e saper ascoltare chi ci sta
attorno.
Michela
Messaggio
di tenerezza
Questa
notte ho fatto un sogno,
ho
sognato che ho camminato
sulla
sabbia
accompagnato
dal Signore,
e
sullo schermo della notte
erano
proiettati
tutti
i giorni della mia vita.
Ho
guardato indietro ed ho visto che
ad
ogni giorno della mia vita,
proiettati
nel film,
apparivano
orme sulla sabbia:
una
mia e una del Signore.
Così
sono andato avanti, finché
tutti
i miei giorni si esaurirono.
Allora
mi fermai guardando indietro
notando
che in certi posti
c’era
solo un’orma…
Questi
posti coincidevano con i giorni
più
difficili della mia vita;
i
giorni di maggior angustia,
di
maggior paura e di maggior dolore…
Ho
domandato allora:
“Signore,
Tu avevi detto
che
saresti stato con me
tutti
i giorni della mia vita,
ed
io ho accettato di vivere con Te;
ma
perché mi hai lasciato solo
proprio
in quei momenti peggiori
della
mia vita?”
Ed
il Signore rispose:
“Figlio
mio, io ti amo e ti dissi
che
sarei stato con te
durante
tutta la camminata
e
che non ti avrei lasciato solo
neppure
per un attimo,
e
non ti ho lasciato…
…i
giorni in cui tu hai visto
solo
un’orma
sulla
sabbia sono stati i giorni
in
cui ti ho portato in braccio”.
Una
Pasqua felice
C’era
una volta in un lontano paesino, una bambina molto bella di nome Rosina.
Aveva lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il mare. I suoi occhi però,
con l’avvicinarsi della Pasqua, si facevano sempre più tristi. La sua
famiglia era povera e lei sapeva che la domenica di Pasqua, non avrebbe
ricevuto il suo uovo con la sorpresa. Sapeva bene che la Pasqua non si
festeggiava certo con l’uovo, lei stava preparandosi bene in parrocchia
con Don Giulio, però, sentiva gli altri bambini che già si chiedevano
quale sorpresa avrebbero trovato nell’uovo. Arrivò il giorno di Pasqua e
Rosina dopo la Messa tornò a casa. Dopo aver pranzato stava per alzarsi da
tavola quando la mamma, da un mobiletto, tirò fuori un piccolo uovo con un
grande fiocco colorato e lo porse a Rosina con un bacio. Rosina non sapeva
cosa dire, era molto emozionata e così contenta che non aveva neanche il
coraggio di aprirlo. Chiese alla mamma di poter andare dai suoi amici e
aprirlo insieme a loro; la mamma disse di sì e così Rosina uscì di casa
correndo. Correva e saltellava felice, ma appena voltato un angolo, vide
poco più in là un bambino, più piccolo di lei, seduto in terra con la
manina tesa che chiedeva l’elemosina. Rosina lo guardò, poi guardò il
suo uovo colorato, il suo primo uovo di Pasqua. Non ebbe neanche un attimo
di esitazione, posò il piccolo uovo sulla manina del bambino, gli augurò
buona Pasqua e corse verso casa. Era felice perché aveva donato un attimo
di gioia ad un bambino più bisognoso di lei. Da quel giorno i suoi occhi
non furono più tristi ma brillarono per sempre.
Preghiera
di uno solo
Gesù
buono e sovrano,
sii
sempre con noi
se
ognuno da solo
non
pensa che a sé.
Sii
guida di tutti
e
unisci i fratelli.
Hai
dato la vita
per
noi peccatori:
siam
solo che polvere
ma
abbiamo la vita.
Chi
vive di più?
Sei
certo il migliore,
chi
guida sei Tu.
Io
voglio seguirti
ma
cado nei falli
e
alzarmi non so:
perdono,
son misero,
ti
prego, sei buono,
rialzami
Tu.
Viva
Guglielmo Marconi
“Cari
amici vicini e
lontani…buonasera.”
Mi
sono permesso di usare questo saluto che molti di voi, almeno i più quotati
in fatto di “primavere”, avranno sicuramente sentito di persona dal
leggendario e unico: Nunzio Filogamo. Perché questo titolo, viva Guglielmo
Marconi sul giornalino parrocchiale! È presto detto: sono esattamente 25
anni , mese più mese meno, che la nostra parrocchia riesce a diffondere la
parola di Dio, anche attraverso l’etere, ovvero attraverso la radio. Tutto
ebbe inizio grazie all’interessamento di Padre A. Bianchi, nel periodo di
transizione tra la dipartita di don Giuseppe e l’arrivo di don Lorenzo, il
quale, grazie anche all’aiuto di Roberto come tecnico radio e di Armando
Trabucchi come giornalista radiofonico, diedero vita alle prime
trasmissioni radiofoniche della nostra emittente parrocchiale.
Ricordo con piacere anche l’unico “programma”, (se si può definire
tale) alternativo alla Santa Messa, per altro graditissima anche fuori
paese, mandato in onda in orario serale, che aveva come scopo di divulgare i
pensieri , le emozioni e le paure di chi aveva abbandonato tutto per donarsi
agli altri in terra straniera ma avendo nel cuore il ricordo del paese
natio. Erano le lettere che Fratel Giosuè spediva dall’Africa ai
famigliari rimasti ai Buràt, e che i nostri lettori, Giuseppe, Giglio e
Ottavio (mi scuso se ho dimenticato qualche nome ma al tempo avevo solo 10
anni e mi ricordo solo di questi) interpretarono in modo egregio
considerando che alcuni scritti, se non vado errando, erano in dialetto. Mi
sono dilungato troppo, consentitemi comunque di porgere i più sentiti
ringraziamenti a tutti coloro che a suo tempo hanno collaborato alla
realizzazione della radio parrocchiale che in questi anni ha svolto un
servizio molto utile soprattutto verso chi,
non potendo partecipare fisicamente alla Santa Messa per motivi di salute, ha comunque potuto avere parole di
conforto attraverso essa.
Un
saluto a tutti e alla prossima
Max
L’importanza
del Catechismo in
Parrocchia
Lettera
ai genitori dei nostri ragazzi
Gentilissimi
genitori,
permetteteci
di esporvi questo nostro comune pensiero, per ringraziarvi della fiducia che
ci accordate. O meglio sarebbe più vero dire “troppa fiducia”, infatti
noi ci troviamo ad insegnare e ad aiutare i vostri figli in quella
componente importante della loro personalità, che è costituita dallo
spirito e dal senso sacro che è in loro. Cari genitori, quando facciamo
catechesi, ci rendiamo conto di quanto i vostri figli hanno “sete” di
questa “fede”, di quanto desiderio c’è in loro di conoscere la figura
straordinaria di Gesù. Sappiamo che sono verità difficili, ma sono verità
che loro devono conoscere, per crescere in modo completo del loro essere.
Noi, comprendete quindi, non possiamo trasmettere pur con tutta la nostra
buona volontà, nella breve ora settimanale, quello che deve condurre e
caratterizzare l’essenza della loro vita. Noi possiamo solo aiutarvi in
questo diritto e dovere di educazione e non sostituire voi in un compito e un
privilegio che vi aspetta. Non sentitevi inadeguati, in voi c’è la
sapienza dell’amore e del cuore, che sa discernere ciò che è buono e
giusto per vostro figlio. Il modo di approfondire la conoscenza di Dio, lo
si costruisce giorno per giorno, pregando con i vostri ragazzi, leggendo
assieme la Parola di Dio, partecipando insieme alla
S. Messa e alle attività della nostra Comunità Parrocchiale. Vi
auguriamo di riscoprire con i vostri figli la bellezza di parlare e
conoscere Dio in ogni momento della giornata, e vedere che non è difficile,
anzi è bellissimo perché Lui è con voi e vi aiuta in questo cammino. Dopo
avervi espresso il nostro grazie e le nostre preoccupazioni, non ci rimane
che salutarvi con tanta stima e affetto.
Anna
Martina
e Michela
raccontano:
L’ora
di catechismo è un’importante incontro settimanale dei ragazzi che
vogliono confrontare fra amici la propria vita con la vita di Gesù.
Durante
l’ora l’alunno deve mantenere un comportamento corretto e disponibile
verso i compagni e l’insegnante.
Deve
dimostrarsi attento e partecipe e assolvere con regolarità i compiti
assegnati.
Può
e deve intervenire in proposte positive in momenti precisi.
Deve
saper ascoltare e trasmettere agli altri momenti di gioia passati con gli
amici a catechismo.
Le
considerazioni
di
una mamma
Credo
sia fondamentale l’insegnamento che i nostri ragazzi traggono dal
catechismo, per la loro crescita umana e cristiana all’interno della
comunità.
Noi
genitori purtroppo siamo sempre presi, o per un motivo o per l’altro, e
non riusciamo a seguire i figli in ogni attività.
Il
momento della preghiera, in particolare, è sempre rimandato
per la preoccupazione di fare qualche cosa di più urgente.
Ecco
quindi l’importanza di una
figura come quella del catechista, che almeno un’ora alla
settimana riunisce i ragazzi per farli crescere nel cammino di fede
che noi abbiamo scelto per loro al momento del Battesimo.
Proprio
da questo momento essi fanno parte di una Comunità Cristiana e sono portati
a seguire l’insegnamento di Gesù che viene presentato loro durante il
catechismo settimanale.
Con
questa considerazione non penso che noi genitori dobbiamo considerarci
“sollevati” da quest’impegno, anzi
dobbiamo essere di sostegno ai catechisti nell’educazione cristiana dei
figli, ma anche grazie a loro questo compito è facilitato, perché
discutendo poi di quello che hanno appreso, ecco che parte della Parola di
Dio (che solitamente ascoltiamo durante la messa domenicale), entra
direttamente in casa nostra.
Una mamma
Mercatino
di Natale
Lunedì
8 Dicembre si è svolto per il secondo anno consecutivo il “Mercatino di
Natale”, una vendita di addobbi e decorazioni natalizie preparate con cura
dal gruppo di ragazze dell’ oratorio.
Il
giorno dell’ Immacolata dopo
la S.Messa sono stati esposti sul sagrato della chiesa i numerosi lavori
preparati con tanto entusiasmo e fantasia nel mese di novembre.
Le
idee proposte quest’anno sono state le candele realizzate con la cera e
con la gelatina, i centrotavola natalizi, le ghirlandine per le porte, gli
angioletti di gesso e quelli fatti con spille e perline ed infine le befane
di stoffa.
Alla
nostra vendita si sono uniti i ragazzi di terza media, che con l’aiuto
della catechista hanno
preparato un banchetto di dolci e biscotti di natale.
Il
ricavato della vendita lo abbiamo consegnato la sera della cena
della comunità al pentagono a Don Diego Fognini, il responsabile
della “Centralina” , una comunità di prima accoglienza per
tossicodipendenti.
Sabina
“Venite
a me voi tutti che siete tribolati e oppressi ed io vi ristorerò” (Mt.
11,28)
e
guariva: “…perché da Lui usciva una forza che sanava tutti” (Lc.
6,19)
Guarire
con la solidarietà
Quest’anno
in occasione dell’11 febbraio, data in cui si ricorda l’apparizione
della Madonna di Lourdes, si è celebrata anche la giornata dell’ammalato.
Tema
principale di questa giornata è stato: Guarire con la solidarietà.
Sembra
una cosa strana sentir parlare di guarigione con la solidarietà al giorno
d’oggi, con tutte le cure specialistiche e le ricerche scientifiche che
vengono fatte, ma ci sono delle malattie che senza la solidarietà e
l’amore non possono guarire.
Durante
la S. Messa don Giacomo ha accennato ad un male che si fa sempre più
diffuso nella nostra società: la solitudine.
Sentendo
le parole del nostro parroco mi sono ritornate alla mente cose molto
importanti ribadite in un convegno sulla famiglia solidale, tenuto da un
missionario laico vissuto in Africa per otto anni. Quest’uomo sottolineava
come fosse importante per un africano avere almeno sei relazioni
significative: avere cioè almeno sei persone su cui poter contare
veramente. Perché se si trovasse in uno stato di necessità o di malattia,
avrebbe avuto la certezza che quattro amici lo avessero portato con la
barella fino all’ospedale più vicino, ed altri due che potevano dare il
cambio.
Questo
è un esempio che ci fa capire che essere soli può diventare anche
pericoloso per la propria sopravvivenza. E’ importante, quindi, che ognuno
di noi si fermi a riflettere e si prenda a cuore il problema della
solitudine, decidendo di donare parte del proprio tempo per aiutare chi è
in difficoltà.
Uno
splendido esempio ci viene dato da Madre Teresa di Calcutta che in un
intervista rispose in questo modo ad un giornalista che chiedeva cosa
facesse di preciso per i poveri: “ Per prima cosa cerchiamo di far loro
comprendere che gli si vuol bene. Spesso non sono le cose materiali quelle
di cui hanno bisogno. In tutti gli anni di lavoro fra la gente, io mi sono
sempre più convinta che il peggior male che qualunque essere umano può
sperimentare è quello di sentirsi abbandonato”.
Può
capitare a tutti di sentirsi abbandonati: dall’anziano che vive solo e
nessuno passa a bussare alla porta di casa, al giovane che non si sente
capito e amato, allo sportivo che dopo una vita di successo non ottiene più
risultati importanti, al padre o alla madre di famiglia che non riescono a
“tirare avanti”.
Dobbiamo
avere soltanto la forza e la capacità di chiedere aiuto e dare il nostro
aiuto quando ci viene richiesto.
Quindi
guarire con la solidarietà si può.
Carla
Brevi
considerazioni a margine della
Strage
di Nassiriya
Allorquando
le forze della coalizione iniziarono le ostilità in terra irachena, non
ebbi alcun dubbio sulle sorti della guerra data la sproporzione di potenza,
tecnologia e risorse fra i
belligeranti.
Il
risultato finale appariva scontato, solo i tempi necessari per sconfiggere
l’esercito iracheno potevano
costituire un’incognita, ma la
preoccupazione scaturiva dalla valutazione delle molte incognite gravanti
sulle conseguenze future del
conflitto.
Così
come l’illusione americana di essere al sicuro nel territorio degli Stati
Uniti è caduta l’undici
settembre 2001, così l’Italia ha scoperto di poter essere criminalmente
assalita ,sia pur in quella lontana e tormentata area del Medio Oriente. Più
che sentirci in colpa per quello che sta succedendo dopo il breve conflitto,
penso si debba avere almeno un po’ di paura perché il futuro non sembra
proprio essere quello che gli americani pensavano
e non si sa cosa ci riserverà.
Il
12 novembre 2003 diciannove tra carabinieri, soldati e civili italiani sono
caduti vittime di un vile e proditorio attentato di terroristi islamici. Si
tratta della più grave perdita di
uomini con le stellette , avvenuta in tempo di pace, dopo la strage di Kindu risalente all’ormai lontano 11 novembre 1961
nella quale vennero trucidati, da parte di soldati congolesi, in
circostanze mai ben chiarite, 13 aviatori italiani inviati come “caschi
blu” dalle Nazioni Unite.
La
notizia del gravissimo attentato terroristico, che ha particolarmente
colpito l’Arma dei Carabinieri, si è rapidamente propagata quella mattina
del 12 novembre dello scorso anno e
l’Italia intera (a parte qualche sparuta e non qualificata minoranza), si
è trovata a piangere i suoi figli caduti in quella lontana terra
mediorientale mentre erano impegnati a dare una attestazione di solidarietà
ed un messaggio di pace a quella gente così duramente provata da anni di
dittatura e da quest’ultimo, sia pur breve, conflitto.
Così
l’Arma dei Carabinieri, sempre presente nelle missioni di pace
all’estero ha dato anche in questa circostanza il suo contributo nel nome
delle istituzioni che rappresenta e del popolo italiano che anela ad una
pace duratura per tutti i popoli della terra.
L’Italia
intera si è inchinata di fronte ai suoi figli caduti e, nel piangere queste
vite spezzate dall’odio assurdo, gli italiani si sono sentiti
improvvisamente più uniti.
Quella
tragedia, quel terribile evento ci ha immersi repentinamente
nell’incertezza del futuro, mentre tutte le nostre paure e le nostre
angosce venivano proiettate nei nostri fratelli caduti.
E
non si è trattato soltanto di un fattore emotivo, anche se l’evento è
stato reso quasi più grave e doloroso perché imprevisto e perché occorso
in un periodo di pace per la
nostra Patria che ha fatto dimenticare a più generazioni cosa sia la guerra
e quali disastrose conseguenze essa provochi.
L’atto
terroristico, nella sua tragicità ci ha come bruscamente risvegliati e ci
ha posti di fronte a una realtà che appariva così lontana da non essere
neppure presa in considerazione.
Una
realtà che ci pone molti interrogativi perché la tragedia di Nassiriya
potrebbe non significare l’atto conclusivo o risolutivo di una certa
situazione, ma che obbliga invece a dover attentamente valutare l’adozione
di misure di attenta vigilanza, misure che da sole potrebbero comunque
non essere sufficienti ad evitare ulteriori perdite di vite umane, ma
che appaiono indifferibili per evitare
mali maggiori.
Prepariamoci
pertanto a vivere un periodo di incertezza e di pericolo che richiede grande
unità e solidarietà e induce
a riscoprire l’orgoglio Nazionale e l’amore per la nostra Patria. Ciò
in difesa della nostra vita e dei nostri
italici valori così gravemente minacciati da un nemico subdolo che porta i
suoi attacchi improvvisamente e inaspettatamente .
Non
appare impresa facile ritrovare l’amor di Patria , sentimento che il tempo
e l’oblio sembrano aver disperso, ma ricordiamoci che i caduti di
Nassiriya, punto di riferimento per coloro che vogliono compiere il proprio
dovere fino in fondo senza protagonismi, ma con spirito di umana solidarietà,
ci hanno consegnato un messaggio mentre perdevano la loro vita tentando di
essere vicini a quelle popolazioni : quello di operare insieme
per costruire
un’Italia e un mondo migliori.
Un Generale di Brigata dell’Arma
Signore
Gesù
dammi
il tuo perdono:
crea
in me
un
cuore nuovo
capace
di obbedire,
di
chiedere scusa,
di
servire, di amare.
Piccoli
ricordi della mia prima confessione
Mariano
Domenica 7 marzo, giornata della
prima Confessione, è stata per me una grande festa perché finalmente mi
sono sentito perdonato da Gesù…..Ho provato tanta gioia.
Ilaria
Ero un po’agitata perché sono
stata la prima a salire insieme al Sacerdote, ho confessato le mie mancanze
e ne sono uscita molto contenta: mi sentivo più leggera, non avevo più
quel peso dentro il cuore.
Stefania
Il giorno della prima Confessione
ero molto agitata. Con l’aiuto di Don Giacomo ho fatto l’esame di
coscienza e subito dopo ho confessato i miei peccati. Quando Don Giacomo mi
ha assolto dei miei peccati mi sono sentita più tranquilla e in pace con
Dio.
Michela
Ero molto agitata e emozionata, ma
quando è entrato Don Giacomo mi sono calmata. Prima ho fatto l’esame di
coscienza poi abbiamo letto un libricino per la preparazione. Mi sono
confessata. Infine all’asilo abbiamo festeggiato.
Emanuele
Alle ore 14,30 io e i miei compagni
di catechismo siamo andati in chiesa, accompagnati dai nostri genitori per
la prima Confessione. Io ero molto emozionato, all’inizio mi sono
preparato con l’esame di coscienza. Dopo essermi confessato ero più
felice, tranquillo, mi sono sentito più in forma del solito.
Federico
Ho fatto la mia prima Confessione.
Mi hanno accompagnato papà e mamma. Io ero molto agitato quando è toccato
a me, sono andato all’altare dove c’era Don Giacomo che mi aspettava. In
quel momento mi tremavano le gambe, ma dopo aver parlato con Don Giacomo mi
sentivo molto più sollevato. È stata una bella esperienza.
I
ragazzi d
i terza
Cresima
2004
Carissime
Elisa, Nadia, Susy
domenica
14 marzo avete ricevuto il Sacramento della Confermazione, il vostro cammino
è iniziato; infatti, il giorno della vostra cresima dovrebbe segnare
l’inizio anche di un vostro nuovo
e più grande impegno nel vivere la vostra vita cristiana. Forse anche a voi
è capitato di domandarvi: “Vale proprio la pena crescere, non sarebbe
meglio restare eternamente bambini?”, o anche: “ Perché tanta fatica
per diventare grandi?”, “E’ proprio necessario passare questo tunnel
di incertezze e di confusione?”, “E come mai a volte sento ostile il
mondo intero?”…Crescere è un’esperienza di distacco, chiede
abbandono, è un cammino verso l’ignoto! Crescere è una lotta interiore.
Non è forse vero che, a volte, vi capita di sentirvi divise in voi stesse,
come se in voi ci fossero due persone diverse?
-
a volte vi sentite un convinto ottimista, altre volte un inguaribile
pessimista.
-
a volte avete l’impressione che il vostro entusiasmo prima o poi vi
faccia prendere il volo, altre volte siete così a terra che neppure una gru
riuscirebbe a sollevarvi.
-
a volte sentite così forte la vostra voglia di libertà che vorreste
fare tutto in piena autonomia, a volte vi scoprite che vorreste
imitare gli altri.
-
l’elenco potreste continuarlo voi….
Una
cosa è sicura: questo tempo non potete lasciarlo trascorrere inosservato,
come se nulla stesse accadendo. E’ un tempo importante! La chiesa vi
propone di santificare il tempo della vostra crescita con un sacramento:
La
Cresima.
Avete
mai pensato che lo Spirito Santo, Spirito che dona forza, energia e vita, è
l’”accrescitore” per eccellenza? Ecco perché il tempo della vostra
crescita è il tempo della vostra cresima.Dentro ognuno di noi c’è un
seme, un seme potente: Dio vive e lavora dentro di noi per la nostra
crescita. Egli, dentro di noi, giorno dopo giorno, silenziosamente, cresce
con forza inesauribile, e da piccolo seme diviene grande albero. Come ogni
seme anche questo deve essere coltivato con costanza e attenzione. A voi il
Signore affida il compito di essere il contadino della vostra vita! Non per
essere zizzania ma per essere il buon grano, come lui ci ha insegnato nelle
parabole. Cammin facendo vi accorgerete che, se da Dio vengono i doni, se da
Lui viene la grazia, quasi nulla sboccerà senza la vostra collaborazione,
il vostro impegno, la vostra fatica.Voglio proporvi una riflessione sui
doni: Vi domanderete: “ ma di quali doni si parla?. Sì a catechismo
abbiamo parlato dei doni, dei frutti… ma a me personalmente cosa è stato
dato?”.Posso dirvi questo, non li potete vedere apertamente ora, li potete
intravedere, li potete immaginare, ma prima di ogni altra cosa ci vuole la
fiducia e la pazienza di chi li
vuol vedere crescere; ogni cosa che cresce, prima è come nascosta, poi è
piccola e nel tempo diventa sempre più grande. Ci capita spesso di ricevere
dei regali, al compleanno, o in altre occasioni, che non apprezziamo, poi
però passato un po’ di tempo li riguardiamo e ci sembrano diversi e
magari utili, magari molto utili. Ecco lasciatevi fare oggi questi grandi
regali da Dio anche se non capite la loro forma, il loro contenuto, la loro
utilità. State serene e lasciate che questi
regali siano come un seme, voi lo
ricevete dentro una scatolina, lo guardate e dite :”Che me ne faccio di un
seme?” e lo buttate lì nella terra senza pensarci due volte e di lui non
vi ricordate più. Dopo un po’ di tempo ci passate a fianco, senza
ricordare che avevate buttato il seme e vi domandate:”Cos’è quella
piccola cosa?” e tirate dritto. Dopo ancora un po’ di tempo però ci
passate accanto e scoprite una stupenda pianta carica di fiori bellissimi e
vi meravigliate non ancora comprendendo; dopo ancora del tempo, incuriosite
dalla bella pianta, la andate a vedere di proposito e la scoprite carica di
magnifici frutti e decidete di assaggiarli, sono deliziosi; ma scoprite nel
loro interno dei semi….ecco, avete compreso tutto… era quel regalo che
vi era stato fatto, il seme, che non vi piaceva, che trovavate disprezzabile
e inutile e del quale non vi ricordavate più, ma che ora siete felici che vi
abbiano fatto. Lì, in quella stupenda pianta, ci sono molti frutti, e molti
semi sono a vostra
disposizione, potete scegliere se buttarli nelle immondizie o se utilizzarli
e magari offrirli ad altri, perché abbiano la vostra stessa meraviglia e la
vostra stessa gioia…. Vedete la nostra vita è come quest’alberello più
la curate, le donate il vostro affetto, le vostre attenzioni, più migliora,
cresce, e a modo suo vi dona qualcosa, vi fa vedere che grazie a voi cresce
vigorosa, lucente, forte, resistente alle tempeste. Così infatti è per la
nostra vita: più la curiamo, la amiamo, le mettiamo a disposizione
cose utili e importanti,
più cresce forte e vigorosa, lucente e bellissima. Provate a mettere la
vostra piantina (la vostra vita) circondata da oro, gioielli, tutto quello
che di bello vi viene in mente… che bell’effetto, che bella figura, è
ancora più bella di prima, sta bene e si sente la protagonista. Dopo un
po’ la guardate e non capite cosa le succeda, sembra triste, perde qualche
foglia, marcisce da un lato e via via sembra quasi morire. Non ci siamo
dimenticati di qualche cosa? Sì! Manca proprio la cosa essenziale:
l’amore! Se quella pianta (la vostra vita) non la curate, non la
innaffiate, non le proponete le cose che sono importanti per vivere bene
oltre che fuori, soprattutto dentro, la pianta si svuota di quella linfa
vitale che la rende così bella anche senza l’oro e i gioielli, anche se
quelli la rendono ancora più brillante. Cosa voglio dirvi? Abbiate cura di
voi, non trascurate niente nella vita che vi faccia belle dentro per poter
essere belle e lucenti fuori. Niente è più importante di questo. E allora,
coraggio, rimboccatevi le maniche e cominciate fin d’ora a vivere con
entusiasmo e con impegno questo tempo che segue la vostra cresima e che dura
tutta la vita.
Renata
Il
Campanile della chiesa
Lo
scorso anno il campanile della nostra chiesa di Piatta è stato oggetto di
alcuni lavori conservativi e migliorativi. Il risanamento conservativo del
campanile è consistito nella protezione dei cornicioni con scossalina di
rame.
Gli
intonaci sono stati risanati seguendo queste procedure:
a)
Rimozione degli intonaci deteriorati e rifacimento con identica
composizione
b)
Trattamento di pulizia delle parti macchiate ed esportazione della
effluorescenza.
c)
Spugnatura a calce con colorazione, per uniformare le superfici
oggetto di risanamento a quelle preesistenti.
d)
Trattamento protettivo di finitura con idropellente traspirante ad
assorbimento su tutte le parti esposte agli agenti atmosferici.
e)
Identico trattamento è stato riservato agli intonaci degli orologi.
Alcuni
parrocchiani, inoltre, hanno provveduto alla pulizia del castello dove sono
alloggiate le campane, al fine di poterne permettere la tinteggiatura.
Conservare
questo simbolo significa anche rafforzare la nostra fede cristiana, infatti
il suono delle campane, che rintocca ad ogni ora del giorno de della notte,
non ricorda solamente che il tempo trascorre inesorabile, ma ne testimonia
la provenienza: riporta alla mente dei cristiani che da quel luogo arriva la
fede, che si propaga per le contrade in ogni istante della vita.
Le
campane, che suonano festose prima delle celebrazioni eucaristiche,
richiamano l’attenzione dei fedeli all’ascolto della parola del Signore
ed li invita ad accostarsi alla mensa di Gesù Eucaristia.
Il
richiamo mattutino dell’Ave Maria indica che il buon Dio ci ha regalato
una nuova giornata terrena da trascorrere con i nostri famigliari, con i
nostri amici, con i nostri fratelli Cristiani.
Il
suono lento e ritmato, che di tanto in tanto rintocca dal campanile,
annuncia la partenza di qualche buon anima verso il Paradiso, verso la Vita
Eterna, nel regno dei Santi.
Un
grazie a coloro che hanno eretto questo simbolo; sta a noi, ora, conservarlo
a testimonianza di una fede forte che i parrocchiani di Piatta hanno sempre
avuto e che dimostrano non solo di mantenere intatta, ma di tramandare anche
alle generazioni future.
C.G.
Nuovi
progetti
Lo
scorso autunno sono stati realizzati, nell’interrato fra l’edificio
dell’asilo e la sacrestia della chiesa parrocchiale, due nuovi locali.
Il
primo, di primaria necessità, sarà adibito, una volta ultimati i lavori, a
locale caldaie a servizio sia della casa parrocchiale che dell’asilo.
Il
secondo diventerà parte integrante dei locali della scuola materna .
Questi
progetti rientrano nell’ambito di un più estesa e complessiva
ristrutturazione degli edifici parrocchiali.
Anche
la chiesa del paese ha avuto una sistemazione
durante la stagione autunnale, attraverso la sostituzione del sistema
di riscaldamento.
La
ventilazione ad aria calda per mezzo della caldaia ormai obsoleta e
inutilizzabile, è stata rimpiazzata da un moderno impianto con pannelli
elettrici ad irradiazione di calore.
Le
spese sostenute per queste migliorie si sono potute coprire in parte grazie
all’impegno costante e a volte oneroso, soprattutto in termini di tempo,
dei numerosi parrocchiani che offrono il loro aiuto nelle diverse iniziative
intraprese, in particolare, negli ultimi anni.
Durante
l’anno verranno completati i lavori in corso d’opera.
La
ğesina
de la Bucelìna
La
Vecchia cappella
La
vecchia cappella, progettata dall’architetto Adriano Valcepina, venne
edificata su volontà del Cavalier Fontana allora proprietario e presidente
della SIB S.p.A., agli inizi degli anni ’70.
Lo
stile architettonico scelto ricalcava le forme adottate per la realizzazione
delle stazioni di partenza e arrivo delle 2 funivie Agudio “Va e Vieni”
realizzate anch’ esse negli stessi anni.
La
vecchia cappella era costituita da 2 pareti laterali realizzate in cls e
legno, con la facciata frontale a cielo libero ed il tetto in lamiera
verniciata.
L’arredo
interno della cappella, che è stato integralmente recuperato per la nuova
cappella in progetto, è costituito da:
1.
La statua
lignea di Maria,;
2.
Il crocefisso in acciaio inox, omaggi del cavalier Fontana, anno
1980;
3.
La storica campana, omaggio del cavalier Fontana, datata 1727 (!)
4.
La cassetta per la raccolta delle offerte, “opera” semiartistica
realizzata
nelle nostre officine agli inizi degli anni ’70, di cui è stato
apprezzato più l’impegno che il risultato…
Nuova Cappella
La
nuova cappella è caratterizzata da due pareti laterali con vetrate
realizzate a mosaico; il tema delle figure rappresentate è frutto di una
scelta tecnica e religiosa elaborata dal nostro ufficio tecnico con la
consulenza “ spirituale ” del parroco di Piatta Don Giacomo.
I
santi raffigurati sulle vetrate sono San Bernardo e Santa Margherita
rispettivamente protettore degli sciatori e protettrice dei pastori.
La
pareti in calcestruzzo sono rivestite in pietra locale a vista; il tetto è
realizzato con capriate in legno e rivestito con copertura in zinco
titanio.L’arredo interno è lo stesso già presente nella vecchia
cappella.Il pavimento è realizzato in legno con lavorazione antisdruciolo.
Le dimensioni significative della nuova cappella, sono le stesse della
cappella precedente.
Ufficio
Tecnico S.I.B. S.p.a.
Una
richiesta d’aiuto, la ricerca di un attimo di conforto, il bisogno di una
voce che si sente solo dentro... Una cappella, una chiesetta, un immagine
sacra lungo la via possono dare ad ognuno di noi, a chiunque se le trovi
davanti agli occhi, conforto, forza spirituale, energia per proseguire il
cammino intrapreso.
Se
pensiamo che nella nostra parrocchia, sul versante del monte Vallecetta,
troviamo spesso questi “quadri” o questi luoghi di rifugio spirituale
dove poter sfogare il nostro pianto e trovare conforto, dove rivolgere la
preghiera per questo o quest’altro motivo e trovare gioia, dove
ringraziare per tanti motivi Colui che da lassù ci protegge ogni istante
della vita...
La
cappella rinnovata alla Bucelìna è solo uno dei tanti esempi di cristianità
per fortuna ancora vivi nelle nostre comunità.
La
pace dipende
anche
da me
Una
splendida giornata di sole, domenica 8 febbraio 2004, ha accompagnato
l’arrivo di tanti ragazzi delle diverse parrocchie della zona Valtellina
Superiore, che si sono ritrovati presso l’oratorio Don Bosco di Bormio per
proclamare la pace. La giornata è stata organizzata dal gruppo A.C.R. della
zona.
Al
mattino, dopo l’accoglienza, hanno partecipato e animato tutti insieme la
S. Messa celebrata, nella parrocchiale di S.S. Gervasio e Protasio di
Bormio, dall’arciprete don Giuseppe Negri.
La
giornata è proseguita con musica e giochi, al termine dei quali il numeroso
gruppo di bambini si è riunito, con animatori ed adulti, per dedicare un
momento di riflessione sul significato della parola “pace”, conosciuta
da tutti ma applicata veramente da pochi.
In
questa gioiosa giornata i bambini con la loro semplicità, hanno manifestato
il vero senso della pace; animatori e adulti, che non godono
dell’innocenza di questi fanciulli, ma sono immersi in un mondo che
provoca distrazioni, attraverso questo confronto diretto hanno capito che la
pace, la vera pace, non si costruisce quando si chiude la porta del cuore,
quando si chiudono le mani, la bocca, e non si fa niente per unire,
perdonare, amare.
Non
si costruisce la pace quando si tace di fronte alla menzogna,
all’ingiustizia, alla disonestà; non si costruisce la pace quando non si
apprezza lo sforzo degli altri, quando si pretende l’impossibile, quando
si è indifferenti al bene e al male degli altri.
La
pace si costruisce quando al posto dei “No” si mettono i “Si”,
quando al posto del rancore si mette il perdono, quando al posto della morte
si mette la vita, quando al posto dell’Io di mette Dio.
Questo
sicuramente è un monito alla pace, che non può e non deve essere
un’utopia.
Va
sottolineato il punto centrale dell’omelia di don Giuseppe, sul quale si
è soffermata la riflessione, ha voluto rivolgere una preghiera ai grandi
capi del mondo per far capire quanto è importante l’amore fraterno fra le
nazioni che possono essere esempi per la pace e l’unità.
“Amate
i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano. Benedite coloro che
vi maledicono, pregate per coloro che vi fanno del male”. (Lc 6,27-28)
Questa
non è un’ingiustizia basata solo sulle ragioni; non è nemmeno
rassegnazione.
È
un atteggiamento attivo che mi spinge a decidere davanti alle situazioni non
in maniera “reattiva” – mi hai fatto questo allora io ti faccio
quest’altro – ma in maniera “attiva”: in questa situazioni decido
non come rispondere a te, ma come cercare il bene mio e tuo.
Che
decisioni prendo allora, dinnanzi al male? Gesù dice: amate, fate del bene,
benedite, pregate. “Dove c’è inimicizia semino parole di pace e gesti
di riconciliazione, dove c’è l’odio faccio il bene, dove dicono male di
me benedico, dove mi fanno del male prego”.
La
raccolta di indumenti per bambini
L’autunno
passato, il Don Giacomo ha proposto a noi ragazzi un progetto che consisteva
nella raccolta di indumenti per bambini dai zero ai due anni, da destinarsi
all’associazione “ Charitas “ di Milano. Noi ragazzi abbiamo subito
accolto con entusiasmo la proposta.
Il
nostro compito era di sensibilizzare la gente all’iniziativa con un
passaparola di famiglia in famiglia anche al di fuori della nostra
parrocchia. Abbiamo ricevuto un grande aiuto dalle famiglie del paese, dalle
mamme dell’asilo di Bormio e dai vari negozi che hanno risposto con
generosità. Tutta la raccolta è stata smistata in oratorio da noi ragazzi.
Pronto
il tutto, il giorno … noi ragazzi con il Don Giacomo e alcune mamme
abbiamo consegnato la raccolta all’associazione dove siamo stati accolti
con grande entusiasmo e gratitudine dai responsabili, i quali ci hanno
illustrato come venivano distribuiti gli indumenti secondo le diverse
necessità del bambino. Questa giornata è stata molto importante per
ritrovarsi tutti insieme e per capire come siamo fortunati rispetto ad altri
ragazzi.
Maria
È
con curiosità, interesse, ma anche trepidazione che ho accolto la richiesta
di don Giacomo di rendermi disponibile a curare la parte del giornalino che
proporrà qualche riflessione sul tema “FAMIGLIA”.
Parlare
di famiglia mi sembra interessante, ma anche complesso; è una dimensione
della vita che chiama in causa una miriade di cose:
gli affetti, la casa, i desideri, l’educazione, i figli, il lavoro,
i valori, i sacramenti, … (chi più ne ha, più ne metta).
Considero
però importante iniziare a parlarne, mi auguro con l’aiuto di quanti
condividono l’idea che comunicare, confrontarsi, dire la propria sia
costruttivo e stimolante per tutti.
A
mio avviso sarebbe bello raccontare in queste pagine il punto di vista di
persone con età ed esperienze diverse.
Io,
dal canto mio, cercherò di suggerire qualche idea che potrebbe diventare lo
stimolo al confronto successivo.
Silvana
Maschio
e Femmina
Dio
li creò
“Maschio
e femmina li creò’ . Per questo l’uomo lascerà la sua casa e si unirà
alla sua donna”. (Genesi)
…
Innamoramento, cotta, testa tra le nuvole sono il nostro modo dire che un
uomo e una donna stanno vivendo una relazione affettiva importante,
coinvolgente, aperta a progetti futuri.
Molte
volte divenire coppia lascia sullo sfondo la consapevolezza che questa è
l’esito dell’unione profonda di due persone portatrici di storie,
emozioni, pensieri, abitudini, vissuti. Si dà per scontato che volersi bene
sia il prerequisito e la soluzione “magica”, nonché esaustiva, dello
stare insieme.
Ma
allora qual è la molla che attrae un uomo e una donna? Cosa significa
“vivere una relazione”? Come e con che scopo pensare a un progetto di
vita in coppia?
In
realtà io credo che la sfida dell’essere coppia consista nel coniugare la
diversità di ciascuno, nel profondo rispetto dell’individualità, alla
luce di un progetto di coppia e di famiglia.
(Sul
prossimo numero del giornalino pubblicheremo i contributi che questa prima
suggestione ha suscitato; chi vorrà potrà
consegnare a Don Giacomo il proprio scritto. Confidiamo nelle vostre
testimonianze.)
Per
cominciare,
la
differenza.
Come
l’uccello e l’albero
Come
le farfalle e il fiore
Come
il fiume e la valle
Come
la notte e le stelle
Come
il sole e le nuvole
Come
la musica
e
la parole di una canzone
L’uomo,
la donna
Fatti
l’uno per l’altra
Come
il seme per il solco
Come
la pioggia per il seme
Come
la nuvola per la pioggia
Come
il vento per la nuvola
L’uomo,
la donna
Lo
stesso essere in due versioni
Lo
stesso tessuto in due colori
Lo
stesso fiore in due profumi
Lo
stesso pianeta con i suoi due poli
Donna-uomo,
uomo-donna
Una
differenza che è l’inizio
Di
una grande avventura
(Anonimo)
Dalla
carta stampata
(La
Provincia di Sondrio 29/12/2003)
Un
piccolo paesaggio da sogno, in cui le torri e le cupole in legno che
rimandano a mondi lontani e alla Betlemme del presepe giocano a confondersi
con le vecchie baite di Piatta. Presepe nel presepe. Il “Natàl a Plata”
è ricco di suggestioni più di ogni altro. La prova è nel concorso di
gente, che sabato notte ha preso parte al “Presèf de’ insùmi”, il
presepe dei sogni, organizzato dalla comunità parrocchiale del paese. Tutte
e tre le rappresentazioni hanno fatto registrare il tutto esaurito nella
piccola frazione di Valdisotto, per l’occasione trasformata in un isola
pedonale: un occhio ad ammirare il vecchio forno a legna che spicca a sbalzo
dalla muratura come una misteriosa nicchia e che, rimesso all’opera per
l’occasione, sforna profumi di biscotto e di segale, un altro a seguire la
mano esperta dello “sciober” che rammenda le scarpe, del “bekeir”
(macellaio) che impasta le salsicce o delle nonne che, riunite in un
crocicchio per sfruttare meglio la luce fioca di una candela, filano il
lino, pettinano la lana, fanno matasse e gomitoli. Un lavoro paziente,
sincrono con i colpi ritmici dell’ “escut” che viene battuto sulla
segale. Si percorre il paese e insieme la storia. Ogni porta che si apre
spalanca infatti uno squarcio di passato contadino, vecchi mestieri,
strumenti e abilità che solo i vecchi cercano gelosamente di custodire e
illudendosi di insegnare ai nipoti. È un fascino misterioso. Contagioso. Il
sogno diventa ancora più coinvolgente una volta giunti in piazza. Lo spazio
è il palcoscenico di un grande teatro. La scenografia è maestosa: dalla
commissione di due celebri affreschi di Giotto, uno nella Basilica di San
Francesco ad Assisi, l’altro nella Cappella degli Scrovegni di Padova, è
stato realizzato un fondale di legno compensato alto quasi dieci metri, con
torri, cupole e palme che portano alla mente lontano, sino a Betlemme. Così
il miracolo della Natività si rinnova. Grazie ai sogni dei Grandi della
Storia, “quelli che - ha ricordato il don Giacomo Folini - destano in noi
l’attenzione su squarci di umane realtà rischiarando le nostre menti”,
quelli che hanno saputo rendere meno grigia la storia. Mosè che sogna per
il suo popolo la Terra Promessa. Giosuè che realizza il grande sogno di
Israele. San Giuseppe che si abbandona senza timore al sogno di Dio. Padre
Massimiliano Klolbe che ha il coraggio di guardare oltre al filo spinato del
bunker. La catechista Teresin dei Buràt che riversa sulla piccola comunità
di Piatta la sua incrollabile fede come esempio di vita, lasciando in eredità
un sogno da realizzare. Martin Luther King che sogna la libertà e la
fratellanza tra i popoli. Madre Teresa, la matita di Dio per disegnare la
Città della Gioia. Papa Giovanni Paolo II che, ai piedi del muro di
Berlino, sogna la pace tra le Nazioni. Salvo D’Acquisto, soldato di pace,
presenza discreta nel mondo con il suo sogno di solidarietà. E poi Maria,
il tenero sogno di una mamma che tiene in braccio il suo bambino: è un
tenero vagito di salvezza che s’effonde nell’universo. Bravissimi gli
attori, scelti con cura per essere assolutamente verosimili: chi fa Martin
Luther King è veramente uomo di colore, chi D’Acquisto è davvero un
carabiniere mentre il nonno che interpreta il papa - identico in tutto a
Giovanni Paolo II - si regge a fatica sulle ginocchia, aggrappato soltanto
alla fede. Sul palco, dove giganteggiano fotografie in bianco e nero che
fanno venire i brividi (il cancello di Auschwitz, Beirut distrutta dai
bombardamenti…), portano l’emozione e la forza dei loro grandi sogni,
così forti e belli che anche il filo spinato del bunker si colora di verde
speranza.
D.V.
Cena
al pentagono
Sabato
17 Gennaio si è tenuta al Pentagono la cena della comunità di Piatta.
E’
questo ormai da qualche anno un appuntamento irrinunciabile che vede riunita
buona parte della popolazione che forse mai, come in questa occasione, ha la
possibilità e il privilegio di ritrovarsi per un momento tanto importante e
ricco di significato.
Grazie
all’ottima organizzazione, la serata si evolve in un susseguirsi di
momenti che sono l’espressione di un vissuto, di sentimenti……che fanno
parte del nostro piccolo nucleo sociale.
La
finalità di questo “incontro” è senza dubbio quella di gustare del
buon cibo che, non dimentichiamo, viene preparato e servito, con classe e in
modo impeccabile, dagli allievi dell’Istituto Alberghiero di Bormio, ma
soprattutto e molto più importante, è quella di condividere un po’ di
“tempo” con gli altri.
Quest’anno
poi, in modo particolare, è stato anche motivo per sentirci vicino, dando
un nostro contributo concreto, ai ragazzi della Centralina di Morbegno con i
quali don Giacomo e i nostri giovani sono in contatto, e che attraverso la
persona di don Diego hanno ricevuto questa dimostrazione di solidarietà per
la quale hanno fatto giungere in parrocchia molti ringraziamenti.
Altro
momento di grande sensibilità è stato, a mio avviso, l’esserci stretti
attorno ad una famiglia che ancora chiusa nel dolore per la perdita della
propria cara ha potuto sentire il calore dei compaesani nel rivivere dei
momenti e dei ricordi.
In
un clima comunque festoso e sempre di grande giovialità dove anche i
bambini indisturbati si sono divertiti scorazzando su e giù dalle tribune e
dalla balconata dello stabile, è giunto anche l’attesissimo momento per
visionare il filmato di quello che ancora una volta la comunità di Piatta
è riuscita a realizzare in occasione del Natale: il Presepe Vivente, il
Presepe dei Sogni.
Ed
è con grande orgoglio e con grande commozione che ci siamo rivisti e anche
un po’ identificati in quelle situazioni e in quei personaggi che con
tanto impegno e volontà siamo andati a rappresentare.
E
poi indipendentemente da qualsiasi risultato e valutazione, la cosa
importante è il saper mettersi in gioco, fare qualcosa per gli altri, per
la collettività.
E
a coronamento della serata cosa di più bello della musica che con il suo
linguaggio universale lega tutti, grandi e piccoli, giovani e vecchi in un
espressione di grande positività.
Concludendo
vorrei infine citare una frase stampata sulla carta dei menù che erano in
tavola quella sera e che ha un significato, secondo me, molto profondo e
dice: “ La Vita è un tessuto di sentimenti che...diventano fatti. Nella
comunità in gesti concreti sono comunicazione di vita e risposta a bisogni
reali “.
E
accogliendo il ringraziamento e l’augurio del nostro parroco, possiamo
proprio dire che anche quest’anno abbiamo realizzato un “SOGNO” :
stare insieme!
Maria Teresa
Giocare
per crescere
Quarantuno
grembiulini azzurri rosa rossi verdi e bianchi animano la scuola materna
della“Comunità di Piatta”. Storie
diverse, nomi, altezze, pesi
,modi di esprimersi, limiti e potenzialità caratterizzano ogni bambino
rendendolo unico e irripetibile. Chiamano la scuola ad assumersi la
“responsabilità di educare” di prendersi cura di ogni bambino affinché
possa crescere
nella capacità di interagire con gli
altri, di ascoltare, di mettersi nei panni di altri, di
riconoscere ed esprimere propri sentimenti, di collaborare e di
comunicare. Le insegnanti vivono con il gruppo esperienze significative e si
adoperano affinché la
relazione possa motivare il bambino ad una partecipazione serena e
tranquilla del percorso
scolastico.
Il
gioco sembra essere la modalità ideale; l’attività di gioco parte dal
bambino stesso e si modifica a contatto del mondo esterno ,
del gruppo;
si modifica pure man mano che il bambino diventa grande.
Emerge dal gioco la versatilità del bambino e quella degli oggetti.
Giochi meravigliosi che nascono e crescono da parole, oggetti apparentemente
inattendibili, messi insieme da abilità, da calcoli rapidi e ragionamenti
sottili, da ipotesi; convivenze di misure, volumi, movimenti, equilibri e
resistenze per arrivare a forme e rappresentazioni ricche di intenzionalità
progettualità e creatività.
Protagonista
e artefice é il bambino stesso; esso cerca ciò che gli serve per
realizzare l’idea, si confronta con gli altri, immagina e costruisce, si
impone o accetta, propone o imita, trattiene ciò che da quella esperienza
risulta a lui funzionale e significativo. Emergono aspetti simbolici e
magici nel gioco di imitazione dove le attività
del bambino diventano una trasposizione dell’ambiente in cui
cresce. Fondamentale l’aspetto del regolamento e delle norme che
permettono al gruppo di stare bene insieme. Per il bambino il gioco è lo
strumento della sua anima, col quale esprime i suoi sentimenti e la sua
gioia. È la possibilità di costruirsi un mondo fantastico, esprimendosi
per apprezzare se stesso e gli altri
.
Le
maestre
Carnevale
coi nostri bambini
I
bambini dell’asilo sono sempre molto entusiasti dell’arrivo del
carnevale. Quest’anno lo abbiamo festeggiato in modo un po’ diverso dal
solito, coinvolgendo genitori e bambini in una grande festa. Infatti la
giornata di giovedì 19 febbraio, noi genitori l’abbiamo trascorsa in
maschera, all’asilo, divertendo i nostri bambini. Ogni genitore,
all’insaputa del proprio bambino o bambina si è travestito a suo piacere.
Al mattino alcune fatine ed un genitore-robot hanno colto di sorpresa i
bambini che erano in salone. I bimbi erano molto attratti dal robot, il
quale proponeva giochi e scherzi per tutti. Tra risate e divertimento la
mattinata è trascorsa velocemente ed in allegria. Giunta l’ora del pranzo
altri genitori mascherati hanno aiutato a servire le portate premurosamente
preparate dalle nostre suore.
Nel
pomeriggio la festa di carnevale è stata animata da tante mamme e papà che
si sono mascherati allegramente e con molta fantasia: si sono visti
pagliacci, diavoletti, nanetti, cuochi, suore,fate, pantere, rane, ecc. Tra
giochi, balli e tanta musica, abbiamo terminato il pomeriggio con un piccolo
rinfresco. Un ringraziamento a don Giacomo, alle suore ed alle maestre
sempre disponibili ed attente alle esigenze dei nostri piccoli. Noi genitori
ricorderemo con entusiasmo questa bellissima giornata di carnevale vissuta
insieme in spirito di armonia, collaborazione e gioia fra le mura del nostro
asilo parrocchiale.
Erica
e Michela
Una
postina, un pacco gigante...si
parte in treno !!!
Drinn,
drinn, drinn, suona il
campanello della scuola materna che , interrompe la routine dell’appello e
della preghiera. Suor Amelia, annuncia
ai bambini che c’è posta !! Arriva
in salone un enorme pacco bianco, e la postina, dopo essersi sincerata di
essere tra i bambini della scuola materna di Piatta , ci spiega che il
mittente del pacco sono: “I bambini della scuola del mondo che vorrei”.
Si alzano allora delle vocine curiose che dicono: “chissà cosa ci sarà
dentro il pacco? forse ancora i regali degli alpini… nooo sarà stata la
fata!!! noo è Don Giacomo!! ma maestre io quella postina la conosco, è
l’amica della mia mamma e lavora in un negozio! ma io non conosco quei
bambini!!! leggiamo se c’è il nome del paese dove sono!!! fose ci sono
dei gocciolatini e tante caiamelle da mangiaie!! Maestre proviamo ad
aprirlo, io vedo dei colori!!! Sentiamo se è pesante!! forse si sente
l’odore; c’è un animale, un cane Lillo!!
Niente
di tutto ciò; da un buco, le manine dei bimbi tolgono bottiglie di
plastica, pezzi di stoffa colorata, fogli di carta, giornali, palline da
ping pong, scatole di cartone, tappi, pezzetti di legno…immediatamente
questi oggetti anonimi prendono nomi e forme: “Guadate io faccio la
slitta!! Alto là , ti sparo…, sono
per fare i lavori di carnevale…, io divento una fata...,
sentite io faccio il rumore…, io faccio una casetta…”.
Fantasia
e creatività di ogni bambino si alimentano all’interno del gruppo,
e da semplici oggetti, nascono idee, proposte, attività, storie e
divertimento.
Manipoliamo,
costruiamo, disfiamo, classifichiamo e mischiamo; questi oggetti diventano
il materiale di gioco negli angoli del salone. Gruppetti misti di bambini,
sperimentano l’uso di materiale povero e diverso, che si trasforma in
continuazione e che vede il bambino artista e protagonista di queste
trasformazioni. Ora il materiale è nascosto all’insaputa dei bimbi sotto
un grande telo, e correndo con fantasia intorno al mondo, ci si
ferma nelle varie città e si esplora: prima con i piedi, poi con le
mani, con il viso, la schiena…. sentiamo dei rumori,
sentiamo parti molli e dure…..diciamo come ci siamo sentiti durante
questa esperienza “mi è piaciuto correre intorno al telo, mi ha fatto
male i pollici, ho sentito una bottiglia con il ginocchio…”.
Durante
la ginnastica questo materiale lo si usa per fare delle staffette e dei
percorsi; in classe, plastica, carta, legno e stoffa sono utili per le
schede delle competenze, costruiamo con questo materiale i nostri amici
assenti; con plastica e carta realizziamo la maschera di carnevale…..
Infine
il materiale si è trasformato in un castello; in una mongolfiera che porta
una principessa al castello; in una città con il ponte; in un bellissimo
treno con il capomacchina e in tante altre piccole forme “ maestre noi
abbiamo fatto il pacco regalo, noi il computer, la scatola che si prendono i
biglietti, la luce di tanto tempo fa che si andava in stalla dalle mucche,
la stanza con il tesoro nascosto…”.
Dopo
tanto lavoro, e tante creazioni, decidiamo di uscire a spasso nella nostra
città e di osservare con attenzione lungo la strada. “maestre ci sono
i prati con le cacche delle mucche, guardate il cielo è azzurro,
vedo il campanile di Oga, ci sono le chiese, le finestre sono un
po’ chiuse e un po’ aperte, ci sono le nonne sulle strade, vicino alle
case ci sono scritti i numeri, e anche le colorate
(le decorazioni) intorno alle finestre, in questa casa ci sono i
segni, le tagliate, non sono le crepe, guardate c’è in cielo un
elicottero che lascia una riga perché va veloce come un treno….”
Vista
la nostra città, sembra
importante e divertente per poter meglio costruire un treno ed un castello,
andarli a visitare. Con il parere positivo del nostro don Giacomo, in tutta
velocità prepariamo la gita a
St. Moritz, con il trenino. La preziosa e puntuale
collaborazione dei genitori ha
reso possibile la partenza per il 12 marzo. Bambini e maestre, con uno zaino
carico di entusiasmo e di gioia, hanno trascorso una giornata da non
dimenticare: “ma maestre io non sono mai gito sul treno, ci sono tanti
vagoni, è di colore rosso, c’è il controllore con la pistola, dobbiamo
stare seduti, guardate c’è un ponte, ci sono gli asini e le galline in
questo paese, ma sul treno c’è
un bagnetto piccolo, a casa mia è grande, quando io sono andato al mare il
treno era più lungo, una specie di castello, nooo è una casa, quando siamo
arrivati? ma dopo torno dalla mia mamma? maestra c’è un cane sul treno
che dorme, guardate sta arrivando un treno con la fresa, ma cos’è una
stazione, ma è ancora lungo il tempo per arrivare?
Non
resta che rimetterci al lavoro per realizzare i nostri progetti; a fine
maggio sarete invitati ad essere ospiti
della nostra città , del nostro castello e chissà, forse potrete anche
salire a fare un viaggio fantastico sul
meraviglioso treno della scuola materna di Piatta!
Le
maestre
Sport
da Piatta
alla
Cina
Sono
Gabriella e sono molto contenta di poter scrivere sul giornalino per farvi
conoscere il mio sport. Pratico short-track da 12 anni e da 2 faccio parte
della squadra nazionale junior. Ho mosso i miei primi passi sul ghiaccio
all’ età di 5 anni come divertimento ma con il passare del tempo ho
capito che stava diventando una vera passione e ho deciso di portarla avanti
con interesse. Purtroppo lo short-track è uno sport giovane e povero e
questo fa capire che le persone che lo praticano lo fanno per piacere e
soddisfazione, non per soldi come sta succedendo nella maggior parte degli
altri sport. Lo short-track è diventato ufficialmente specialità olimpica
dal 1998 a Nagano, dove abbiamo visto partecipi anche i nostri atleti, nel
2002 a Salt Lake City dove abbiamo ottenuto la medaglia d’argento nella
staffetta e il prossimo appuntamento sarà per il 2006 a Torino. Io a questo
sport dedico molto tempo, infatti l’attività, sia estiva sia invernale
dura 10 mesi all’anno, facciamo circa 5 allenamenti per settimana di 1 ore
e 30, tranne quando mi convocano a ritiro in nazionale dove pratico 2
allenamenti al giorno di 2 ore ciascuno, inoltre da novembre a marzo il
sabato e la domenica sono impegnata a fare gare. Per me questo sport ha
rappresentato e rappresenta ancora una crescita umana, mi ha aiutato a
capire che nella vita non bisogna mai lasciarsi andare, bisogna lottare per
conquistare i propri obbiettivi anche nei momenti dove sembra impossibile ma
per farlo bisogna impegnarsi, faticare, avere costanza e alcune volte anche
soffrire. In questi anni di attività ho conosciuto molte persone, ho
imparato a socializzare e mi sono integrata in un gruppo sportivo splendido
e unito. Ho ottenuto molte soddisfazioni in questo sport: sono stata più
volte campionessa regionale e italiana, ho partecipato alle gare
internazionali a Budapest, Mannheim, Trnava, Dresda, ma l’esperienza più
fresca ed emozionante è stata la partecipazione ai campionati del mondo
juniores in Cina, precisamente a Pechino, dove ho ottenuto mediocri
risultati anche per non aver corso l’ultima giornata di gare a causa di
una caduta. Per quanto mi riguarda i mondiali hanno rappresentato per me un
esperienza splendida che ha premiato tutti i miei sacrifici che ho fatto in
questi anni, nella speranza di riceverne tanti altri, magari di ottenere la
convocazione ai mondiali anche per la prossima stagione. Un consiglio che
voglio dare a tutti i giovani è di praticare uno sport agonistico perché
vi aiuta molto nella vita ma soprattutto nell’ età adolescenziale, vi fa
provare esperienze ed emozioni nuove, magnifiche, indimenticabili ma
soprattutto irripetibili.
Gabriella
Mente
sana in corpo sano
Il
clima non è ancora dei migliori, la mattina e la sera sono ancora piuttosto
fresche, ma sta tornando, pian piano la primavera;
il gelo torna in letargo, speriamo fino al prossimo inverno e tocca a
noi, agli sportivi, risvegliarsi, darsi una mossa e riprendere gli
allenamenti. È vero che siamo ancora in periodo pasquale, dove la preghiera
e la meditazione regnano sovrane; ma se è puro per l’anima il fatto di
confessarsi e comunicarsi almeno per Pasqua, è pur sano e non certo
scandaloso per il corpo se ricominciamo ad usare il nostro campetto per
allenare i muscoli in vista del ormai classico appuntamento con il torneo di
calcetto di fine aprile. Contiamo sempre di avere un buon numero di
partecipanti e crediamo che qualche squadra abbia fatto anche una buona
campagna acquisti, durante la stagione morta. Non abbiamo certo i milioni di
euro che ruotano attorno al calcio professionistico, ma pur sempre uno
spirito giovane ed anche un po’ atletico che ci incitano a continuare ad
essere un po’ come i bambini. Allora forza di spirito e coraggio:
rituffiamoci in un’altra stagione di corsa, di serate in compagnia
all’aria aperta, di pomeriggi all’insegna dello sport e del
divertimento. Ah! Dimenticavo. Lo scorso anno al giovedì sera, si giocava
anche a pallavolo; se qualcuno fosse interessato fate passare la voce, con
un po’ di allenamento si può arrivare a proporre per l’estate anche un
torneo di questo tipo. Mente
sana in corpo sano.
Giuly
Il
Miele
“ UN
MIRACOLO” DALLA NATURA
…
Un po’ di storia…
Prima
dell’impiego della canna, per la produzione dello zucchero, il miele è
stato il dolcificante impiegato più largamente e nei modi più svariati.
Per gli antichi Egizi era un alimento talmente prezioso che doveva
accompagnare i defunti anche nelle tombe, dove sono stati rinvenuti vasi dal
contenuto ancora commestibile. Per i Greci era il cibo degli eroi e degli
dei; i medici del tempo, come Ippocrate, lo descrivevano anche come
antisettico e cicatrizzante ad azione topica. Per i Romani era un alimento
di largo consumo. Con l’introduzione e l’estensione massiccia del
consumo di zucchero di canna, il miele ha visto restringere il suo mercato e
ha acquistato la funzione di un prodotto destinato alla produzione di dolci
tradizionali o per usi particolari (cosmetici e medicamentosi).
…
Ai giorni nostri…
La
scienza nutrizionale e la medicina tradizionale ne stanno riscoprendo e
valorizzando i pregi alimentari e medicamentosi, tanto che, secondo alcuni
esperti, il miele, deve essere considerato come un componente obbligatorio
nell’alimentazione quotidiana.
…
il suo valore nutritivo…
Il
miele è un alimento di elevato pregio nutrizionale caratterizzato da
un’azione energetica, da una facile digeribilità e completezza di
oligoelementi e sostanze bioregolatrici. Per il suo contenuto di glucidi,
soprattutto glucosio e fruttosio, il miele costituisce un alimento
energetico per eccellenza. Rispetto allo zucchero raffinato (saccarosio)
fornisce un quantitativo minore di calorie di rapida utilizzazione, con
potere dolcificante 25 volte superiore a quello del saccarosio e con
un’azione cariogena inferiore a quella dello zucchero raffinato. Inoltre,
il miele contiene elevate quantità di fruttosio che esercita una funzione
protettiva e disintossicante sul fegato. La facile digeribilità è dovuta
al fatto che la maggior parte dei glucidi sono presenti in forme semplici e
non richiedono ulteriori demolizioni. La presenza di enzimi concorre ad
attivare i processi digestivi. Il buon contenuto di vitamine (gruppo B, C,
acido folico e acido pantotenico) spiega la favorevole azione del miele
sulla resistenza dei capillari e sulla nutrizione delle cellule nervose. Le
sostanze ad azione antibiotica esercitano un potenziamento delle difese
contro le malattie infettive.
…
è indicato…
Per
gli sportivi, per coloro che fanno vita intensa anche intellettualmente, per
convalescenti e durante la gravidanza e allattamento. I bambini se ne
avvantaggiano per la crescita ed il moto, gli anziani per una sana
vecchiaia.
…
i settori dell’organismo che traggono beneficio dal consumo di miele…
Prime
vie respiratorie, azione decongestionante e
calmante della tosse.
Muscoli,
aumento della potenza fisica e della resistenza.
Cuore,
azione cardiotropa.
Fegato,
azione protettiva e disintossicante.
Apparato
digerente, azione protettiva, stimolante e regolatrice
Rene,
azione diuretica.
Sangue,
azione antianemica.
Ossa,
fissazione del calcio e del magnesio.
…
piccoli consigli…
L’ottimo è un consumo costante di 30 g di miele al
giorno.
La cristallizzazione del miele avviene per processo naturale, per
riaverlo liquido è sufficiente riscaldare il vaso a bagnomaria senza
superare i 45° centigradi.
Indicato in caso di febbre ed influenza: latte bollito con alcune
foglie di salvia, quando diventa tiepido addolcire con un cucchiaio di
miele.
Per gli sportivi, prima di una competizione (per reintegrare le
sostanze minerali che si “perdono” con lo sforzo), preparare una
camomilla, quando è tiepida addolcire con miele.
…
per finire…
La
natura ci offre tanti piccoli miracoli, uno di questi è il miele,
ringraziamo il Signore per questo dono.
…
non dimentichiamolo..
Il
miele è frutto del lavoro di milioni di api. Anche noi, come comunità
parrocchiale, possiamo essere paragonati ad un alveare, con la preghiera e
il lavoro di squadra possiamo diventare come una goccia di miele per
l’umanità.
Nadia
I Canedèl
(Canederli)
Ingredienti:
Quattro
o cinque panini raffermi
Due uova intere
Un
salamino nostrano e mezzo
80 gr. di pancetta piana
100
gr. di mortadella
Una manciata di sale
Prezzemolo
tritato
Cannella
Quattro cucchiai di farina bianca
Brodo di carne misto
Noce
moscata
Formaggio
grana
(Manzo,
Pollo, Vitello)
Preparazione:
Preparare il brodo di carne senza
verdure, tagliare a pezzetti il pane raffermo, tagliare a dadini
piccolissimi i salumi e cospargerli con la farina bianca. Unire al pane le
uova, i dadini di salame, il formaggio grana, il prezzemolo, la noce moscata
e la cannella. Aggiungere un mestolo di brodo caldo e amalgamare bene.
Spolverare le mani di farina bianca e formare delle sfere (Canèdèl) poco
più grosse di una pallina da ping pong. Cuocere nel brodo bollente per
venti minuti abbondanti. Servire con del brodo ben caldo.
La Poìna
(Ricotta)
Ingredienti:
Siero
Latticello
Aceto
citrico
Acqua
Attrezzi:
Pentolone
Mestolo
Paletta forata
Termometro
Recipiente bucato
Preparazione:
Portare ad ebollizione fino
a 70° C il siero (saròn) liquido rimasto dalla produzione
del formaggio. A
questo punto aggiungere il latticello (pen), liquido rimasto dalla
produzione del burro. Quando
la temperatura raggiunge gli 87° C aggiungere l’aceto citrico (magneto di
solfato) disciolto nell’acqua. Avvenuta
la coagulazione, raccogliere il prodotto ottenuto con una paletta forata.
Disporre
in un recipiente bucato e lasciare raffreddare la ricotta (poìna)
ottenuta.
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