Questa
    è la vera Pasqua  
    
     
    
    Non
    capita spesso di potersi fermare a guardare lo spettacolo della natura che
    rinasce alla primavera. Non capita quasi mai di pensare a questa rinascita
    che avviene ogni anno. Eppure se nella luce di un mattino appena nato, ci
    arrestiamo per pochi minuti, ci sembrerà di respirare una boccata di gioia.
    Il cielo ancora pallido ma lucente all’alba di un nuovo giorno; le
    montagne che si stagliano alte e orgogliose pronte ad accogliere le prime
    occhiate rosacee di un timido raggio di sole; la neve immacolata che ancora
    imbianca le vette più alte creando un netto contrasto con il verde cupo dei
    fieri pini; il tenero verde dei delicati germogli che già imperlano i rami
    mormoranti; gli eleganti boccioli bianchi e rosa incastonati come perle fra
    le fragili foglie; l’erba ancora umida di rugiada accarezzata da un
    leggero venticello mattutino: un semplice sguardo basta per abbracciare la
    meraviglia del creato. In questo quadretto primaverile il pensiero corre
    subito alla Pasqua imminente: alla vita che risorge dall’inverno di un
    sepolcro vuoto. La natura, pronta ad accogliere ancora una volta il miracolo
    della vita, sembra volersi preparare con l’abito della festa per
    l’annuncio della Resurrezione. Le campane risuonano gioconde per celebrare
    una simile gioia: erano rimaste ammutolite per tre giorni, in trepidante
    attesa, raccolte in un vibrante silenzio, avvolte da un velo di tristezza
    che però non si chiude alla speranza. Adesso vogliono risvegliare ognuno di
    noi, vogliono comunicarci la felicità più grande… Ma da dove arriva
    questa esultanza? Cosa è questo canto che si diffonde nell’aria? E’
    l’evento del seme affidato alla terra, è la docilità estrema
    dell’agnello mansueto condotto al macello, è il gesto d’amore di Lui
    che dolcemente ha dischiuso le mani per avvolgersi nel Suo infinito
    abbraccio… Non ci stiamo rallegrando per una vittoria umana, non esultiamo
    per qualche gloria corruttibile che ci può essere donata: tutta la nostra
    pace nasce da quella Croce “abitata”, da quel legno che il nostro Dio ha
    scelto come strumento per salvarci, in modo apparentemente per noi
    incomprensibile, morendoci, uomo e Dio, conficcato e trafitto. Ci
    rallegriamo per quel velo del tempio squarciato per sempre: Gesù ha
    distrutto ciò che ci separava da Dio, ci ha aperto la strada per il Cielo e
    lo ha fatto mostrandoci il volto d’amore del Padre. 
    
    Questa
    è la Pasqua! E pensiamolo quando ci scambiamo gli auguri: solo nel completo
    dono d’amore di Cristo troviamo la gioia piena della nostra vita. Adesso
    posso augurare a tutti voi 
    
     
    
     
    
    una
    Pasqua di luce, pace e serenità.
    
     
    Don Giacomo      
     
    
    Parole… 
    
    
    per
    saper meditare
    
     “Se
    dovessi scegliere una reliquia della Tua Passione 
    prenderei
    proprio quel catino 
    colmo
    d’acqua sporca.
     
    Girare
    il mondo con quel recipiente 
    e
    ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio 
    e
    curvarmi giù in basso,non alzando mai la testa 
     
    oltre
    il polpaccio per non distinguere 
    gli
    amici dai nemici, 
    e
    lavare i piedi del vagabondo,dell’ateo, del drogato, 
    del
    carcerato, dell’omicida,di chi non mi saluta più, 
    di
    quel compagno per cui non prego mai, in silenzio, 
     fintanto
    tutti abbiano capito nel mio il Tuo amore, 
    Signore
    Risorto!
    
     
    
    Amen”
    
    
      
    
    
    La
    nostra Via Crucis
    
    
     
    
     
    
    Il
    periodo pasquale è forse quello che offre al cristiano la possibilità di
    una maggior partecipazione alla Liturgia ecclesiale. 
    
    Esso,
    infatti, parte dalla quaresima, tempo di meditazione e di pentimento, per
    culminare nei giorni della settimana Santa e concludersi la domenica di
    Resurrezione. 
    
    In
    particolar modo, durante la processione del Venerdì Santo possiamo
    rivivere, da qualche anno a questa parte, gli ultimi attimi del Calvario di
    Gesù nel portare la croce durante il doloroso cammino verso il Gòlgota. Già
    tre anni fa siamo stati spettatori di un’ottima rappresentazione
    attraverso la mimica dei gesti più simbolici della Via Crucis, interpretata
    dai ragazzi. 
    
    Ricordo
    la scena che più mi ha colpito: la crocifissione sulla croce posta sopra al
    Cimitero, luogo già di particolare raccoglimento e preghiera, in
    quell’istante avvolto in un’atmosfera singolare, quasi fossimo stati
    catapultati nella realtà di quell’attimo segnato dalla figura di Cristo
    crocifisso, fatto uomo e morto per la nostra salvezza. 
    
    Due
    anni fa era toccato ai nostri bambini farsi interpreti di quelle realtà:
    nelle vesti del popolo che seguiva rassegnato, incredulo o forse
    “sollevato” la decisione di crocifiggere Gesù, o ancora nei panni dei
    soldati che lo schernivano. 
    
    Lo
    scorso anno in chiesa il giovedì ed il venerdì Santo gli adulti hanno
    interpretato la Lavanda dei piedi, l’ultima Cena e i lunghi momenti della
    Passione di Cristo. Ma credo che soprattutto ai bambini sia servito
    partecipare attivamente ad un momento di preghiera così viva, che dal
    passato ci porta esempi che ci vengono riproposti nella vita di tutti i
    giorni. 
    
    Primo
    fra tutti la figura di Gesù, che porta la croce così come noi sopportiamo
    e cerchiamo di superare i momenti difficili della nostra esistenza per poi
    arrivare un giorno a godere la gloria del Regno dei Cieli come Lui la gloria
    della Resurrezione. 
    
    Possiamo
    immedesimarci ancora nella figura di Pilato che condanna un innocente,
    quando accusiamo ingiustamente qualcuno, oppure in Maria, che segue il
    figlio, straziata dal dolore ed impotente di fronte al suo destino, come
    molte madri dei nostri giorni che accettano ed a volte subiscono le scelte
    di vita dei propri figli, oppure, ancora, in Simone di Cirene, quando anche
    noi siamo in grado di andare incontro ai bisogni altrui. 
    
    Credo
    che non possiamo che ringraziare ed ammirare coloro che ci offrono
    l’opportunità di vivere la nostra fede in modo così vivo, semplicemente
    abbellendo i balconi o le vie del paese, durante queste iniziative, cantando
    e pregando insieme per sottolineare l’importanza di un momento così
    particolare. 
    
    Sono
    attimi che ti fanno sentire più partecipe, che riempiono il tuo bagaglio di
    esperienza della capacità di unirsi agli altri e saper ascoltare chi ci sta
    attorno. 
    
    Michela
    
      
    Messaggio
    di tenerezza 
    
    
    
    Questa
    notte ho fatto un sogno, 
    ho
    sognato che ho camminato
     
    sulla
    sabbia 
    accompagnato
    dal Signore, 
    e
    sullo schermo della notte 
    erano
    proiettati 
    tutti
    i giorni della mia vita.
    
     
    
     
    Ho
    guardato indietro ed ho visto che 
    ad
    ogni giorno della mia vita, 
    proiettati
    nel film, 
    apparivano
    orme sulla sabbia: 
    una
    mia e una del Signore. 
    
     
    
     
    Così
    sono andato avanti, finché
     
    tutti
    i miei giorni si esaurirono. 
    
     
    Allora
    mi fermai guardando indietro
     
    notando
    che in certi posti 
     
    c’era
    solo un’orma…
    
     
    
     
    Questi
    posti coincidevano con i giorni 
    più
    difficili della mia vita;
     
    i
    giorni di maggior angustia, 
     
    di
    maggior paura e di maggior dolore…
    
     
    
     
    Ho
    domandato allora: 
    “Signore,
    Tu avevi detto 
    che
    saresti stato con me
     
    tutti
    i giorni della mia vita, 
    ed
    io ho accettato di vivere con Te;
     
    ma
    perché mi hai lasciato solo 
    proprio
    in quei momenti peggiori
     
    della
    mia vita?”
    
     
    
     
    Ed
    il Signore rispose: 
    “Figlio
    mio, io ti amo e ti dissi
     
    che
    sarei stato con te
     
    durante
    tutta la camminata 
    e
    che non ti avrei lasciato solo
     
    neppure
    per un attimo, 
     
    e
    non ti ho lasciato…
    
     
    
     
    …i
    giorni in cui tu hai visto 
    solo
    un’orma 
    sulla
    sabbia sono stati i giorni
     
    in
    cui ti ho portato in braccio”.  
     
    
    
    Una
    Pasqua felice 
    
    
    
    C’era
    una volta in un lontano paesino, una bambina molto bella di nome Rosina.
    Aveva lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il mare. I suoi occhi però,
    con l’avvicinarsi della Pasqua, si facevano sempre più tristi. La sua
    famiglia era povera e lei sapeva che la domenica di Pasqua, non avrebbe
    ricevuto il suo uovo con la sorpresa. Sapeva bene che la Pasqua non si
    festeggiava certo con l’uovo, lei stava preparandosi bene in parrocchia
    con Don Giulio, però, sentiva gli altri bambini che già si chiedevano
    quale sorpresa avrebbero trovato nell’uovo. Arrivò il giorno di Pasqua e
    Rosina dopo la Messa tornò a casa. Dopo aver pranzato stava per alzarsi da
    tavola quando la mamma, da un mobiletto, tirò fuori un piccolo uovo con un
    grande fiocco colorato e lo porse a Rosina con un bacio. Rosina non sapeva
    cosa dire, era molto emozionata e così contenta che non aveva neanche il
    coraggio di aprirlo. Chiese alla mamma di poter andare dai suoi amici e
    aprirlo insieme a loro; la mamma disse di sì e così Rosina uscì di casa
    correndo. Correva e saltellava felice, ma appena voltato un angolo, vide
    poco più in là un bambino, più piccolo di lei, seduto in terra con la
    manina tesa che chiedeva l’elemosina. Rosina lo guardò, poi guardò il
    suo uovo colorato, il suo primo uovo di Pasqua. Non ebbe neanche un attimo
    di esitazione, posò il piccolo uovo sulla manina del bambino, gli augurò
    buona Pasqua e corse verso casa. Era felice perché aveva donato un attimo
    di gioia ad un bambino più bisognoso di lei. Da quel giorno i suoi occhi
    non furono più tristi ma brillarono per sempre.
    
      
    Preghiera
    di uno solo 
    
    Gesù
    buono e sovrano, 
    sii
    sempre con noi
     
    se
    ognuno da solo 
    non
    pensa che a sé.
     
    Sii
    guida di tutti 
    e
    unisci i fratelli. 
    Hai
    dato la vita 
    per
    noi peccatori: 
    siam
    solo che polvere 
    ma
    abbiamo la vita. 
    Chi
    vive di più? 
    Sei
    certo il migliore, 
    chi
    guida sei Tu. 
    Io
    voglio seguirti 
    ma
    cado nei falli 
    e
    alzarmi non so: 
    perdono,
    son misero, 
    ti
    prego, sei buono, 
    
    rialzami
    Tu.  
         
    
    
    Viva
    Guglielmo Marconi
    
    
    
     “Cari
    amici vicini  e
    lontani…buonasera.”
    
     
    Mi
    sono permesso di usare questo saluto che molti di voi, almeno i più quotati
    in fatto di “primavere”, avranno sicuramente sentito di persona dal
    leggendario e unico: Nunzio Filogamo. Perché questo titolo, viva Guglielmo
    Marconi sul giornalino parrocchiale! È presto detto: sono esattamente 25
    anni , mese più mese meno, che la nostra parrocchia riesce a diffondere la
    parola di Dio, anche attraverso l’etere, ovvero attraverso la radio. Tutto
    ebbe inizio grazie all’interessamento di Padre A. Bianchi, nel periodo di
    transizione tra la dipartita di don Giuseppe e l’arrivo di don Lorenzo, il
    quale, grazie anche all’aiuto di Roberto come tecnico radio e di Armando
    Trabucchi come giornalista radiofonico,  diedero vita alle prime 
    trasmissioni radiofoniche della nostra emittente parrocchiale.
    Ricordo con piacere anche l’unico “programma”, (se si può definire
    tale) alternativo alla Santa Messa, per altro graditissima anche fuori
    paese, mandato in onda in orario serale, che aveva come scopo di divulgare i
    pensieri , le emozioni e le paure di chi aveva abbandonato tutto per donarsi
    agli altri in terra straniera ma avendo nel cuore il ricordo del paese
    natio. Erano le lettere che Fratel Giosuè spediva dall’Africa ai
    famigliari rimasti ai Buràt, e che i nostri lettori, Giuseppe, Giglio e
    Ottavio (mi scuso se ho dimenticato qualche nome ma al tempo avevo solo 10
    anni e mi ricordo solo di questi) interpretarono in modo egregio
    considerando che alcuni scritti, se non vado errando, erano in dialetto. Mi
    sono dilungato troppo, consentitemi comunque di porgere i più sentiti
    ringraziamenti a tutti coloro che a suo tempo hanno collaborato alla
    realizzazione della radio parrocchiale che in questi anni ha svolto un
    servizio molto utile soprattutto verso chi, 
    non potendo partecipare fisicamente alla Santa Messa  per motivi di salute, ha comunque potuto avere parole di
    conforto attraverso essa. 
    
    Un
    saluto a tutti e alla prossima 
    
     
    
    Max
    
      
    
    L’importanza 
    del Catechismo  in
    Parrocchia 
     
     Lettera
    ai genitori dei nostri ragazzi
    
    
    Gentilissimi
    genitori,
    
     
    permetteteci
    di esporvi questo nostro comune pensiero, per ringraziarvi della fiducia che
    ci accordate. O meglio sarebbe più vero dire “troppa fiducia”, infatti 
    noi ci troviamo ad insegnare e ad aiutare i vostri figli in quella
    componente importante della loro personalità, che è costituita dallo
    spirito e dal senso sacro che è in loro. Cari genitori, quando facciamo
    catechesi, ci rendiamo conto di quanto i vostri figli hanno “sete” di
    questa “fede”, di quanto desiderio c’è in loro di conoscere la figura
    straordinaria di Gesù. Sappiamo che sono verità difficili, ma sono verità
    che loro devono conoscere, per crescere in modo completo del loro essere.
    Noi, comprendete quindi, non possiamo trasmettere pur con tutta la nostra
    buona volontà, nella breve ora settimanale, quello che deve condurre e
    caratterizzare l’essenza della loro vita. Noi possiamo solo aiutarvi in
    questo diritto e  dovere di educazione e non sostituire voi in un compito e un
    privilegio che vi aspetta. Non sentitevi inadeguati, in voi c’è la
    sapienza dell’amore e del cuore, che sa discernere ciò che è buono e
    giusto per vostro figlio. Il modo di approfondire la conoscenza di Dio, lo
    si costruisce giorno per giorno, pregando con i vostri ragazzi, leggendo
    assieme la Parola di Dio, partecipando insieme alla 
    S. Messa e alle attività della nostra Comunità Parrocchiale. Vi
    auguriamo di riscoprire con i vostri figli la bellezza di parlare e
    conoscere Dio in ogni momento della giornata, e vedere che non è difficile,
    anzi è bellissimo perché Lui è con voi e vi aiuta in questo cammino. Dopo
    avervi espresso il nostro grazie e le nostre preoccupazioni, non ci rimane
    che salutarvi con tanta stima e affetto.
    
     
    
                                                   
               
    Anna 
      
    
    
    Martina
    e Michela
    
    
    
    raccontano:
    
    
    
    L’ora
    di catechismo è un’importante incontro settimanale dei ragazzi che
    vogliono confrontare fra amici la propria vita con la vita di Gesù.
    
     
    
    Durante
    l’ora l’alunno deve mantenere un comportamento corretto e disponibile
    verso i compagni e l’insegnante.
    
     
    
    Deve
    dimostrarsi attento e partecipe e assolvere con regolarità i compiti
    assegnati.
    
     
    
    Può
    e deve intervenire in proposte positive in momenti precisi.
    
     
    
    Deve
    saper ascoltare e trasmettere agli altri momenti di gioia passati con gli
    amici a catechismo. 
      
    
    
    Le
    considerazioni
    di
    una mamma 
    
    
    
    Credo
    sia fondamentale l’insegnamento che i nostri ragazzi traggono dal
    catechismo, per la loro crescita umana e cristiana all’interno della
    comunità.
    
     
    
    Noi
    genitori purtroppo siamo sempre presi, o per un motivo o per l’altro, e
    non riusciamo a seguire i figli in ogni attività. 
    
    Il
    momento della preghiera, in particolare, è sempre rimandato 
    per la preoccupazione di fare qualche cosa di più urgente. 
    
    Ecco
    quindi l’importanza  di una
    figura come quella del catechista, che almeno un’ora alla 
    settimana riunisce i ragazzi per farli crescere nel cammino di fede 
    che noi abbiamo scelto per loro al momento del Battesimo.
    
     
    
    Proprio
    da questo momento essi fanno parte di una Comunità Cristiana e sono portati
    a seguire l’insegnamento di Gesù che viene presentato loro durante il
    catechismo settimanale. 
    
    Con
    questa considerazione non penso che noi genitori dobbiamo considerarci
    “sollevati” da quest’impegno,  anzi
    dobbiamo essere di sostegno ai catechisti nell’educazione cristiana dei
    figli, ma anche grazie a loro questo compito è facilitato, perché
    discutendo poi di quello che hanno appreso, ecco che parte della Parola di
    Dio (che solitamente ascoltiamo durante la messa domenicale), entra
    direttamente in casa nostra. 
    
    
     
    Una mamma
     
    
    
    Mercatino
    di Natale
    
    
    
    Lunedì
    8 Dicembre si è svolto per il secondo anno consecutivo il “Mercatino di
    Natale”, una vendita di addobbi e decorazioni natalizie preparate con cura
    dal gruppo di ragazze dell’ oratorio.
    
     
    
    Il
    giorno dell’ Immacolata  dopo
    la S.Messa sono stati esposti sul sagrato della chiesa i numerosi lavori
    preparati con tanto entusiasmo e fantasia nel mese di novembre. 
    
    Le
    idee proposte quest’anno sono state le candele realizzate con la cera e
    con la gelatina, i centrotavola natalizi, le ghirlandine per le porte, gli
    angioletti di gesso e quelli fatti con spille e perline ed infine le befane
    di stoffa.
    
     
    
    Alla
    nostra vendita si sono uniti i ragazzi di terza media, che con l’aiuto
    della catechista  hanno
    preparato un banchetto di dolci e biscotti di natale. 
    
    Il
    ricavato della vendita lo abbiamo consegnato la sera della cena 
    della comunità al pentagono a Don Diego Fognini, il responsabile
    della “Centralina” , una comunità di prima accoglienza per
    tossicodipendenti. 
    
     
    Sabina
     
    
    “Venite
    a me voi tutti che siete tribolati e oppressi ed io vi ristorerò” (Mt.
    11,28) 
    e
    guariva: “…perché da Lui usciva una forza che sanava tutti” (Lc.
    6,19) 
    
    
    Guarire
    con la solidarietà
    
    
    
    Quest’anno
    in occasione dell’11 febbraio, data in cui si ricorda l’apparizione
    della Madonna di Lourdes, si è celebrata anche la giornata dell’ammalato. 
    
    Tema
    principale di questa giornata è stato: Guarire con la solidarietà. 
    
    Sembra
    una cosa strana sentir parlare di guarigione con la solidarietà al giorno
    d’oggi, con tutte le cure specialistiche e le ricerche scientifiche che
    vengono fatte, ma ci sono delle malattie che senza la solidarietà e
    l’amore non possono guarire. 
    
    Durante
    la S. Messa don Giacomo ha accennato ad un male che si fa sempre più
    diffuso nella nostra società: la solitudine. 
    
    Sentendo
    le parole del nostro parroco mi sono ritornate alla mente cose molto
    importanti ribadite in un convegno sulla famiglia solidale, tenuto da un
    missionario laico vissuto in Africa per otto anni. Quest’uomo sottolineava
    come fosse importante per un africano avere almeno sei relazioni
    significative: avere cioè almeno sei persone su cui poter contare
    veramente. Perché se si trovasse in uno stato di necessità o di malattia,
    avrebbe avuto la certezza che quattro amici lo avessero portato con la
    barella fino all’ospedale più vicino, ed altri due che potevano dare il
    cambio. 
    
    Questo
    è un esempio che ci fa capire che essere soli può diventare anche
    pericoloso per la propria sopravvivenza. E’ importante, quindi, che ognuno
    di noi si fermi a riflettere e si prenda a cuore il problema della
    solitudine, decidendo di donare parte del proprio tempo per aiutare chi è
    in difficoltà. 
    
    Uno
    splendido esempio ci viene dato da Madre Teresa di Calcutta che in un
    intervista rispose in questo modo ad un giornalista che chiedeva cosa
    facesse di preciso per i poveri: “ Per prima cosa cerchiamo di far loro
    comprendere che gli si vuol bene. Spesso non sono le cose materiali quelle
    di cui hanno bisogno. In tutti gli anni di lavoro fra la gente, io mi sono
    sempre più convinta che il peggior male che qualunque essere umano può
    sperimentare è quello di sentirsi abbandonato”. 
    
    Può
    capitare a tutti di sentirsi abbandonati: dall’anziano che vive solo e
    nessuno passa a bussare alla porta di casa, al giovane che non si sente
    capito e amato, allo sportivo che dopo una vita di successo non ottiene più
    risultati importanti, al padre o alla madre di famiglia che non riescono a
    “tirare avanti”. 
    
    Dobbiamo
    avere soltanto la forza e la capacità di chiedere aiuto e dare il nostro
    aiuto quando ci viene richiesto. 
    
    Quindi
    guarire con la solidarietà si può. 
    Carla
     
    Brevi
    considerazioni a margine della 
    
     Strage
    di Nassiriya  
    
     
    
    Allorquando
    le forze della coalizione iniziarono le ostilità in terra irachena, non
    ebbi alcun dubbio sulle sorti della guerra data la sproporzione di potenza,
    tecnologia e  risorse fra i
    belligeranti. 
    
    Il
    risultato finale appariva scontato, solo i tempi necessari per sconfiggere
    l’esercito iracheno  potevano 
    costituire un’incognita, ma  la
    preoccupazione scaturiva dalla valutazione delle molte incognite gravanti
    sulle  conseguenze future del
    conflitto. 
    
    Così
    come l’illusione americana di essere al sicuro nel territorio degli Stati
    Uniti è  caduta l’undici
    settembre 2001, così l’Italia ha scoperto di poter essere criminalmente
    assalita ,sia pur in quella lontana e tormentata area del Medio Oriente. Più
    che sentirci in colpa per quello che sta succedendo dopo il breve conflitto,
    penso si debba avere almeno un po’ di paura perché il futuro non sembra
    proprio essere quello che gli americani pensavano 
    e non si sa cosa ci riserverà. 
    
    Il
    12 novembre 2003 diciannove tra carabinieri, soldati e civili italiani sono
    caduti vittime di un vile e proditorio attentato di terroristi islamici. Si
    tratta della più grave perdita  di
    uomini con le stellette , avvenuta in tempo di pace, dopo la strage di Kindu  risalente all’ormai lontano 11 novembre 1961 
    nella quale vennero trucidati, da parte di soldati congolesi, in
    circostanze mai ben chiarite, 13 aviatori italiani inviati come “caschi
    blu” dalle Nazioni Unite. 
    
    La
    notizia del gravissimo attentato terroristico, che ha particolarmente
    colpito l’Arma dei Carabinieri, si è rapidamente propagata quella mattina
    del 12 novembre dello scorso anno  e
    l’Italia intera (a parte qualche sparuta e non qualificata minoranza), si
    è trovata a piangere i suoi figli caduti in quella lontana terra
    mediorientale mentre erano impegnati a dare una attestazione di solidarietà
    ed un messaggio di pace a quella gente così duramente provata da anni di
    dittatura e da quest’ultimo, sia pur breve, conflitto. 
    
    Così
    l’Arma dei Carabinieri, sempre presente nelle missioni di pace
    all’estero ha dato anche in questa circostanza il suo contributo nel nome
    delle istituzioni che rappresenta e del popolo italiano che anela ad una
    pace duratura per tutti i popoli della terra. 
    
    L’Italia
    intera si è inchinata di fronte ai suoi figli caduti e, nel piangere queste
    vite spezzate dall’odio assurdo, gli italiani si sono sentiti
    improvvisamente più uniti. 
    
    Quella
    tragedia, quel terribile evento ci ha immersi repentinamente
    nell’incertezza del futuro, mentre tutte le nostre paure e le nostre
    angosce venivano proiettate nei nostri fratelli caduti. 
    
    E
    non si è trattato soltanto di un fattore emotivo, anche se l’evento è
    stato reso quasi più grave e doloroso perché imprevisto e perché occorso
    in  un periodo di pace per la
    nostra Patria che ha fatto dimenticare a più generazioni cosa sia la guerra
    e quali disastrose conseguenze essa provochi. 
    
    L’atto
    terroristico, nella sua tragicità ci ha come bruscamente risvegliati e ci
    ha posti di fronte a una realtà che appariva così lontana da non essere
    neppure presa in considerazione.
    
     
    
    Una
    realtà che ci pone molti interrogativi perché la tragedia di Nassiriya
    potrebbe non significare l’atto conclusivo o risolutivo di una certa
    situazione, ma che obbliga invece a dover attentamente valutare l’adozione
    di misure di attenta vigilanza, misure che da sole potrebbero comunque 
    non essere sufficienti ad evitare ulteriori perdite di vite umane, ma
    che appaiono indifferibili per  evitare
    mali maggiori.
    
     
    
    Prepariamoci
    pertanto a vivere un periodo di incertezza e di pericolo che richiede grande
    unità e solidarietà e  induce
    a riscoprire l’orgoglio Nazionale e l’amore per la nostra Patria. Ciò
    in difesa della nostra vita e dei  nostri
    italici valori così gravemente minacciati da un nemico subdolo che porta i
    suoi attacchi improvvisamente e inaspettatamente . 
    
    Non
    appare impresa facile ritrovare l’amor di Patria , sentimento che il tempo
    e l’oblio sembrano aver disperso, ma ricordiamoci che i caduti di
    Nassiriya, punto di riferimento per coloro che vogliono compiere il proprio
    dovere fino in fondo senza protagonismi, ma con spirito di umana solidarietà,
    ci hanno consegnato un messaggio mentre perdevano la loro vita tentando di
    essere vicini a quelle popolazioni : quello di operare insieme 
    per  costruire
    un’Italia e un mondo migliori. 
    Un Generale di Brigata dell’Arma
     
    
    
    Signore
    Gesù 
    dammi
    il tuo perdono: 
    crea
    in me 
    un
    cuore nuovo 
    capace
    di obbedire, 
    
    di
    chiedere scusa,
     
    
    
    di
    servire, di amare.
         
    
    Piccoli
    ricordi della mia prima confessione
    
    
      
    Mariano
        
    Domenica 7 marzo, giornata della
    prima Confessione, è stata per me una grande festa perché finalmente mi
    sono sentito perdonato da Gesù…..Ho provato tanta gioia.
    
      
    Ilaria
        
    Ero un po’agitata perché sono
    stata la prima a salire insieme al Sacerdote, ho confessato le mie mancanze
    e ne sono uscita molto contenta: mi sentivo più leggera, non avevo più
    quel peso dentro il cuore. 
      
    Stefania
        
    Il giorno della prima Confessione
    ero molto agitata. Con l’aiuto di Don Giacomo ho fatto l’esame di
    coscienza e subito dopo ho confessato i miei peccati. Quando Don Giacomo mi
    ha assolto dei miei peccati mi sono sentita più tranquilla e in pace con
    Dio. 
      
    Michela
        
    Ero molto agitata e emozionata, ma
    quando è entrato Don Giacomo mi sono calmata. Prima ho fatto l’esame di
    coscienza poi abbiamo letto un libricino per la preparazione. Mi sono
    confessata. Infine all’asilo abbiamo festeggiato.
    
      
    Emanuele
        
    Alle ore 14,30 io e i miei compagni
    di catechismo siamo andati in chiesa, accompagnati dai nostri genitori per
    la prima Confessione. Io ero molto emozionato, all’inizio mi sono
    preparato con l’esame di coscienza. Dopo essermi confessato ero più
    felice, tranquillo, mi sono sentito più in forma del solito.
    
      
    Federico
        
    Ho fatto la mia prima Confessione.
    Mi hanno accompagnato papà e mamma. Io ero molto agitato quando è toccato
    a me, sono andato all’altare dove c’era Don Giacomo che mi aspettava. In
    quel momento mi tremavano le gambe, ma dopo aver parlato con Don Giacomo mi
    sentivo molto più sollevato. È stata una bella esperienza.
    
      
    
    I
    ragazzi d
    i terza
     
     
    
      
     Cresima
    2004
    
     
    
    Carissime
    Elisa, Nadia, Susy 
    
    domenica
    14 marzo avete ricevuto il Sacramento della Confermazione, il vostro cammino
    è iniziato; infatti, il giorno della vostra cresima dovrebbe segnare
    l’inizio anche di un vostro  nuovo
    e più grande impegno nel vivere la vostra vita cristiana. Forse anche a voi
    è capitato di domandarvi: “Vale proprio la pena crescere, non sarebbe
    meglio restare eternamente bambini?”, o anche: “ Perché tanta fatica
    per diventare grandi?”, “E’ proprio necessario passare questo tunnel
    di incertezze e di confusione?”, “E come mai a volte sento ostile il
    mondo intero?”…Crescere è un’esperienza di distacco, chiede
    abbandono, è un cammino verso l’ignoto! Crescere è una lotta interiore.
    Non è forse vero che, a volte, vi capita di sentirvi divise in voi stesse,
    come se in voi ci fossero due persone diverse? 
    -  
    a volte vi sentite un convinto ottimista, altre volte un inguaribile
    pessimista. 
    -  
    a volte avete l’impressione che il vostro entusiasmo prima o poi vi
    faccia prendere il volo, altre volte siete così a terra che neppure una gru
    riuscirebbe a sollevarvi. 
    -  
    a volte sentite così forte la vostra voglia di libertà che vorreste
    fare tutto in piena autonomia, a volte vi scoprite che vorreste 
    imitare gli altri. 
    -  
    l’elenco potreste continuarlo voi…. 
    
    Una
    cosa è sicura: questo tempo non potete lasciarlo trascorrere inosservato,
    come se nulla stesse accadendo. E’ un tempo importante! La chiesa vi
    propone di santificare il tempo della vostra crescita con un sacramento: 
    
    La
    Cresima.
    
     
    
    Avete
    mai pensato che lo Spirito Santo, Spirito che dona forza, energia e vita, è
    l’”accrescitore” per eccellenza? Ecco perché il tempo della vostra
    crescita è il tempo della vostra cresima.Dentro ognuno di noi c’è un
    seme, un seme potente: Dio vive e lavora dentro di noi per la nostra
    crescita. Egli, dentro di noi, giorno dopo giorno, silenziosamente, cresce
    con forza inesauribile, e da piccolo seme diviene grande albero. Come ogni
    seme anche questo deve essere coltivato con costanza e attenzione. A voi il
    Signore affida il compito di essere il contadino della vostra vita! Non per
    essere zizzania ma per essere il buon grano, come lui ci ha insegnato nelle
    parabole. Cammin facendo vi accorgerete che, se da Dio vengono i doni, se da
    Lui viene la grazia, quasi nulla sboccerà senza la vostra collaborazione,
    il vostro impegno, la vostra fatica.Voglio proporvi una riflessione sui
    doni: Vi domanderete: “ ma di quali doni si parla?. Sì a catechismo
    abbiamo parlato dei doni, dei frutti… ma a me personalmente cosa è stato
    dato?”.Posso dirvi questo, non li potete vedere apertamente ora, li potete
    intravedere, li potete immaginare, ma prima di ogni altra cosa ci vuole la
    fiducia  e la pazienza di chi li
    vuol vedere crescere; ogni cosa che cresce, prima è come nascosta, poi è
    piccola e nel tempo diventa sempre più grande. Ci capita spesso di ricevere
    dei regali, al compleanno, o in altre occasioni, che non apprezziamo, poi
    però passato un po’ di tempo li riguardiamo e ci sembrano diversi e
    magari utili, magari molto utili. Ecco lasciatevi fare oggi questi grandi
    regali da Dio anche se non capite la loro forma, il loro contenuto, la loro
    utilità. State serene e lasciate che questi 
    regali siano come un seme, voi  lo
    ricevete dentro una scatolina, lo guardate e dite :”Che me ne faccio di un
    seme?” e lo buttate lì nella terra senza pensarci due volte e di lui non
    vi ricordate più. Dopo un po’ di tempo ci passate a fianco, senza
    ricordare che avevate buttato il seme e vi domandate:”Cos’è quella
    piccola cosa?” e tirate dritto. Dopo ancora un po’ di tempo però ci
    passate accanto e scoprite una stupenda pianta carica di fiori bellissimi e
    vi meravigliate non ancora comprendendo; dopo ancora del tempo, incuriosite
    dalla bella pianta, la andate a vedere di proposito e la scoprite carica di
    magnifici frutti e decidete di assaggiarli, sono deliziosi; ma scoprite nel
    loro interno dei semi….ecco, avete compreso tutto… era quel regalo che
    vi era stato fatto, il seme, che non vi piaceva, che trovavate disprezzabile
    e inutile e del  quale non vi ricordavate più, ma che ora siete felici che vi
    abbiano fatto. Lì, in quella stupenda pianta, ci sono molti frutti, e molti
    semi  sono a vostra
    disposizione, potete scegliere se buttarli nelle immondizie o se utilizzarli
    e magari offrirli ad altri, perché abbiano la vostra stessa meraviglia e la
    vostra stessa gioia…. Vedete la nostra vita è come quest’alberello più
    la curate, le donate il vostro affetto, le vostre attenzioni, più migliora,
    cresce, e a modo suo vi dona qualcosa, vi fa vedere che grazie a voi cresce
    vigorosa, lucente, forte, resistente alle tempeste. Così infatti è per la
    nostra vita: più la curiamo, la amiamo, le mettiamo a disposizione 
    cose  utili e importanti,
    più cresce forte e vigorosa, lucente e bellissima. Provate a mettere la
    vostra piantina (la vostra vita) circondata da oro, gioielli, tutto quello
    che di bello vi viene in mente… che bell’effetto, che bella figura, è
    ancora più bella di prima, sta bene e si sente la protagonista. Dopo un
    po’ la guardate e non capite cosa le succeda, sembra triste, perde qualche
    foglia, marcisce da un lato e via via sembra quasi morire. Non ci siamo
    dimenticati di qualche cosa? Sì! Manca proprio la cosa essenziale:
    l’amore! Se quella pianta (la vostra vita) non la curate, non la
    innaffiate, non le proponete le cose che sono importanti per vivere bene
    oltre che fuori, soprattutto dentro, la pianta si svuota di quella linfa
    vitale che la rende così bella anche senza l’oro e i gioielli, anche se
    quelli la rendono ancora più brillante. Cosa voglio dirvi? Abbiate cura di
    voi, non trascurate niente nella vita che vi faccia belle dentro per poter
    essere belle e lucenti fuori. Niente è più importante di questo. E allora,
    coraggio, rimboccatevi le maniche e cominciate fin d’ora a vivere con
    entusiasmo e con impegno questo tempo che segue la vostra cresima e che dura
    tutta la vita. 
    
    Renata
    
      
    
    Il
    Campanile della chiesa
    
     
    
    Lo
    scorso anno il campanile della nostra chiesa di Piatta è stato oggetto di
    alcuni lavori conservativi e migliorativi. Il risanamento conservativo del
    campanile è consistito nella protezione dei cornicioni con scossalina di
    rame. 
    
    Gli
    intonaci sono stati risanati seguendo queste procedure: 
    a)
    Rimozione degli intonaci deteriorati e rifacimento con identica
    composizione 
    b)
    Trattamento di pulizia delle parti macchiate ed esportazione della
    effluorescenza. 
    c)
    Spugnatura a calce con colorazione, per uniformare le superfici
    oggetto di risanamento a quelle preesistenti. 
    d)
    Trattamento protettivo di finitura con idropellente traspirante ad
    assorbimento su tutte le parti esposte agli agenti atmosferici. 
    e)
    Identico trattamento è stato riservato agli intonaci degli orologi. 
    
    Alcuni
    parrocchiani, inoltre, hanno provveduto alla pulizia del castello dove sono
    alloggiate le campane, al fine di poterne permettere la tinteggiatura. 
    
    Conservare
    questo simbolo significa anche rafforzare la nostra fede cristiana, infatti
    il suono delle campane, che rintocca ad ogni ora del giorno de della notte,
    non ricorda solamente che il tempo trascorre inesorabile, ma ne testimonia
    la provenienza: riporta alla mente dei cristiani che da quel luogo arriva la
    fede, che si propaga per le contrade in ogni istante della vita. 
    
    Le
    campane, che suonano festose prima delle celebrazioni eucaristiche,
    richiamano l’attenzione dei fedeli all’ascolto della parola del Signore
    ed li invita ad accostarsi alla mensa di Gesù Eucaristia. 
    
    Il
    richiamo mattutino dell’Ave Maria indica che il buon Dio ci ha regalato
    una nuova giornata terrena da trascorrere con i nostri famigliari, con i
    nostri amici, con i nostri fratelli Cristiani. 
    
    Il
    suono lento e ritmato, che di tanto in tanto rintocca dal campanile,
    annuncia la partenza di qualche buon anima verso il Paradiso, verso la Vita
    Eterna, nel regno dei Santi. 
    
    Un
    grazie a coloro che hanno eretto questo simbolo; sta a noi, ora, conservarlo
    a testimonianza di una fede forte che i parrocchiani di Piatta hanno sempre
    avuto e che dimostrano non solo di mantenere intatta, ma di tramandare anche
    alle generazioni future. 
    
     
    
    C.G.
    
      
    
    Nuovi
    progetti
    
     
    
    Lo
    scorso autunno sono stati realizzati, nell’interrato fra l’edificio
    dell’asilo e la sacrestia della chiesa parrocchiale, due nuovi locali. 
    
    Il
    primo, di primaria necessità, sarà adibito, una volta ultimati i lavori, a
    locale caldaie a servizio sia della casa parrocchiale che dell’asilo. 
    
    Il
    secondo diventerà parte integrante dei locali della scuola materna . 
    
    Questi
    progetti rientrano nell’ambito di un più estesa e complessiva
    ristrutturazione degli edifici parrocchiali. 
    
    Anche
    la chiesa del paese ha avuto una sistemazione 
    durante la stagione autunnale, attraverso la sostituzione del sistema
    di riscaldamento. 
    
    La
    ventilazione ad aria calda per mezzo della caldaia ormai obsoleta e
    inutilizzabile, è stata rimpiazzata da un moderno impianto con pannelli
    elettrici ad irradiazione di calore. 
    
    Le
    spese sostenute per queste migliorie si sono potute coprire in parte grazie
    all’impegno costante e a volte oneroso, soprattutto in termini di tempo,
    dei numerosi parrocchiani che offrono il loro aiuto nelle diverse iniziative
    intraprese, in particolare, negli ultimi anni. 
    
    Durante
    l’anno verranno completati i lavori in corso d’opera.
    
      
     La
    ğesina
    de la Bucelìna
     
    
    
    
    La
    Vecchia cappella
    
     
    
    La
    vecchia cappella, progettata dall’architetto Adriano Valcepina, venne
    edificata su volontà del Cavalier Fontana allora proprietario e presidente
    della SIB S.p.A., agli inizi degli anni ’70. 
    
    Lo
    stile architettonico scelto ricalcava le forme adottate per la realizzazione
    delle stazioni di partenza e arrivo delle 2 funivie Agudio “Va e Vieni”
    realizzate anch’ esse negli stessi anni. 
    
    La
    vecchia cappella era costituita da 2 pareti laterali realizzate in cls e
    legno, con la facciata frontale a cielo libero ed il tetto in lamiera
    verniciata. 
    L’arredo
    interno della cappella, che è stato integralmente recuperato per la nuova
    cappella in progetto, è costituito da:
    
     
    
    1.
         La statua
    lignea di Maria,;
    
     
    
    2.     
    Il crocefisso in acciaio inox, omaggi del cavalier Fontana, anno
    1980;
    
     
    
    3.     
    La storica campana, omaggio del cavalier Fontana, datata 1727 (!)
    
     
    
    4.     
    La cassetta per la raccolta delle offerte, “opera” semiartistica
    realizzata           
    nelle nostre officine agli inizi degli anni ’70, di cui è stato
    apprezzato più l’impegno che il risultato… 
     
    
    
     Nuova Cappella 
    
     La
    nuova cappella è caratterizzata da due pareti laterali con vetrate
    realizzate a mosaico; il tema delle figure rappresentate è frutto di una
    scelta tecnica e religiosa elaborata dal nostro ufficio tecnico con la
    consulenza “ spirituale ” del parroco di Piatta Don Giacomo. 
    
     
    
    I
    santi raffigurati sulle vetrate sono San Bernardo e Santa Margherita
    rispettivamente protettore degli sciatori e protettrice dei pastori.
    
     
    
    La
    pareti in calcestruzzo sono rivestite in pietra locale a vista; il tetto è
    realizzato con capriate in legno e rivestito con copertura in zinco
    titanio.L’arredo interno è lo stesso già presente nella vecchia
    cappella.Il pavimento è realizzato in legno con lavorazione antisdruciolo.
    Le dimensioni significative della nuova cappella, sono le stesse della
    cappella precedente.
    
     
    
    Ufficio
    Tecnico S.I.B. S.p.a. 
     
    
    Una
    richiesta d’aiuto, la ricerca di un attimo di conforto, il bisogno di una
    voce che si sente solo dentro... Una cappella, una chiesetta, un immagine
    sacra lungo la via possono dare ad ognuno di noi, a chiunque se le trovi
    davanti agli occhi, conforto, forza spirituale, energia per proseguire il
    cammino intrapreso. 
    
     
    
    Se
    pensiamo che nella nostra parrocchia, sul versante del monte Vallecetta,
    troviamo spesso questi “quadri” o questi luoghi di rifugio spirituale
    dove poter sfogare il nostro pianto e trovare conforto, dove rivolgere la
    preghiera per questo o quest’altro motivo e trovare gioia, dove
    ringraziare per tanti motivi Colui che da lassù ci protegge ogni istante
    della vita...
    
     
    
    La
    cappella rinnovata alla Bucelìna è solo uno dei tanti esempi di cristianità
    per fortuna ancora vivi nelle nostre comunità.  
    
    La
    pace dipende 
    anche
    da me
    
     
     Una
    splendida giornata di sole, domenica 8 febbraio 2004, ha accompagnato
    l’arrivo di tanti ragazzi delle diverse parrocchie della zona Valtellina
    Superiore, che si sono ritrovati presso l’oratorio Don Bosco di Bormio per
    proclamare la pace. La giornata è stata organizzata dal gruppo A.C.R. della
    zona.
    
     
    
    Al
    mattino, dopo l’accoglienza, hanno partecipato e animato tutti insieme la
    S. Messa celebrata, nella parrocchiale di S.S. Gervasio e Protasio di
    Bormio, dall’arciprete don Giuseppe Negri. 
    
    La
    giornata è proseguita con musica e giochi, al termine dei quali il numeroso
    gruppo di bambini si è riunito, con animatori ed adulti, per dedicare un
    momento di riflessione sul significato della parola “pace”, conosciuta
    da tutti ma applicata veramente da pochi. 
    
    In
    questa gioiosa giornata i bambini con la loro semplicità, hanno manifestato
    il vero senso della pace; animatori e adulti, che non godono
    dell’innocenza di questi fanciulli, ma sono immersi in un mondo che
    provoca distrazioni, attraverso questo confronto diretto hanno capito che la
    pace, la vera pace, non si costruisce quando si chiude la porta del cuore,
    quando si chiudono le mani, la bocca, e non si fa niente per unire,
    perdonare, amare. 
    
    Non
    si costruisce la pace quando si tace di fronte alla menzogna,
    all’ingiustizia, alla disonestà; non si costruisce la pace quando non si
    apprezza lo sforzo degli altri, quando si pretende l’impossibile, quando
    si è indifferenti al bene e al male degli altri. 
    
    La
    pace si costruisce quando al posto dei “No” si mettono i “Si”,
    quando al posto del rancore si mette il perdono, quando al posto della morte
    si mette la vita, quando al posto dell’Io di mette Dio. 
    
    Questo
    sicuramente è un monito alla pace, che non può e non deve essere
    un’utopia. 
    
    Va
    sottolineato il punto centrale dell’omelia di don Giuseppe, sul quale si
    è soffermata la riflessione, ha voluto rivolgere una preghiera ai grandi
    capi del mondo per far capire quanto è importante l’amore fraterno fra le
    nazioni che possono essere esempi per la pace e l’unità. 
    
    “Amate
    i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano. Benedite coloro che
    vi maledicono, pregate per coloro che vi fanno del male”. (Lc 6,27-28) 
    
    Questa
    non è un’ingiustizia basata solo sulle ragioni; non è nemmeno
    rassegnazione. 
    
    È
    un atteggiamento attivo che mi spinge a decidere davanti alle situazioni non
    in maniera “reattiva” – mi hai fatto questo allora io ti faccio
    quest’altro – ma in maniera “attiva”: in questa situazioni decido
    non come rispondere a te, ma come cercare il bene mio e tuo. 
    
    Che
    decisioni prendo allora, dinnanzi al male? Gesù dice: amate, fate del bene,
    benedite, pregate. “Dove c’è inimicizia semino parole di pace e gesti
    di riconciliazione, dove c’è l’odio faccio il bene, dove dicono male di
    me benedico, dove mi fanno del male prego”. 
      
    
    La
    raccolta di indumenti per bambini
    
     
    
    L’autunno
    passato, il Don Giacomo ha proposto a noi ragazzi un progetto che consisteva
    nella raccolta di indumenti per bambini dai zero ai due anni, da destinarsi
    all’associazione “ Charitas “ di Milano. Noi ragazzi abbiamo subito
    accolto con entusiasmo la proposta.
    
     
    
    Il
    nostro compito era di sensibilizzare la gente all’iniziativa con un
    passaparola di famiglia in famiglia anche al di fuori della nostra
    parrocchia. Abbiamo ricevuto un grande aiuto dalle famiglie del paese, dalle
    mamme dell’asilo di Bormio e dai vari negozi che hanno risposto con
    generosità. Tutta la raccolta è stata smistata in oratorio da noi ragazzi.
    
     
    
    Pronto
    il tutto, il giorno … noi ragazzi con il Don Giacomo e alcune mamme
    abbiamo consegnato la raccolta all’associazione dove siamo stati accolti
    con grande entusiasmo e gratitudine dai responsabili, i quali ci hanno
    illustrato come venivano distribuiti gli indumenti secondo le diverse
    necessità del bambino. Questa giornata è stata molto importante per
    ritrovarsi tutti insieme e per capire come siamo fortunati rispetto ad altri
    ragazzi.
    
    
     
    Maria
     
    
    È
    con curiosità, interesse, ma anche trepidazione che ho accolto la richiesta
    di don Giacomo di rendermi disponibile a curare la parte del giornalino che
    proporrà qualche riflessione sul tema “FAMIGLIA”. 
    
    Parlare
    di famiglia mi sembra interessante, ma anche complesso; è una dimensione
    della vita che chiama in causa una miriade di cose: 
    gli affetti, la casa, i desideri, l’educazione, i figli, il lavoro,
    i valori, i sacramenti, … (chi più ne ha, più ne metta). 
    
    Considero
    però importante iniziare a parlarne, mi auguro con l’aiuto di quanti
    condividono l’idea che comunicare, confrontarsi, dire la propria sia
    costruttivo e stimolante per tutti. 
    
    A
    mio avviso sarebbe bello raccontare in queste pagine il punto di vista di
    persone con età ed esperienze diverse. 
    
    Io,
    dal canto mio, cercherò di suggerire qualche idea che potrebbe diventare lo
    stimolo al confronto successivo. 
     Silvana
    
    
      
    
     Maschio
    e Femmina 
    Dio
    li creò 
    
    “Maschio
    e femmina li creò’ . Per questo l’uomo lascerà la sua casa e si unirà
    alla sua donna”.  (Genesi)
    
     
    
     …
    Innamoramento, cotta, testa tra le nuvole sono il nostro modo dire che un
    uomo e una donna stanno vivendo una relazione affettiva importante,
    coinvolgente, aperta a progetti futuri.
    
     
    
    Molte
    volte divenire coppia lascia sullo sfondo la consapevolezza che questa è
    l’esito dell’unione profonda di due persone portatrici di storie,
    emozioni, pensieri, abitudini, vissuti. Si dà per scontato che volersi bene
    sia il prerequisito e la soluzione “magica”, nonché esaustiva, dello
    stare insieme. 
    
    Ma
    allora qual è la molla che attrae un uomo e una donna? Cosa significa
    “vivere una relazione”? Come e con che scopo pensare a un progetto di
    vita in coppia? 
    
    In
    realtà io credo che la sfida dell’essere coppia consista nel coniugare la
    diversità di ciascuno, nel profondo rispetto dell’individualità, alla
    luce di un progetto di coppia e di famiglia. 
    
    (Sul
    prossimo numero del giornalino pubblicheremo i contributi che questa prima
    suggestione ha suscitato; chi vorrà  potrà
    consegnare a Don Giacomo il proprio scritto. Confidiamo nelle vostre
    testimonianze.) 
      
    
    Per
    cominciare, 
    
    
    
    la
    differenza.
    
     
    
    Come
    l’uccello e l’albero 
    Come
    le farfalle e il fiore 
    Come
    il fiume e la valle 
    Come
    la notte e le stelle 
    Come
    il sole e le nuvole 
    Come
    la musica 
    e
    la parole di una canzone 
    L’uomo,
    la donna 
    Fatti
    l’uno per l’altra 
    
    Come
    il seme per il solco 
    Come
    la pioggia per il seme 
    Come
    la nuvola per la pioggia 
    Come
    il vento per la nuvola 
    L’uomo,
    la donna 
    Lo
    stesso essere in due versioni 
    Lo
    stesso tessuto in due colori 
    Lo
    stesso fiore in due profumi 
    Lo
    stesso pianeta con i suoi due poli 
    Donna-uomo,
    uomo-donna 
    Una
    differenza che è l’inizio 
    Di
    una grande avventura
    
     
    
     (Anonimo)
    
      
    
    Dalla
    carta stampata 
    (La
    Provincia di Sondrio 29/12/2003)
    
     
    
    Un
    piccolo paesaggio da sogno, in cui le torri e le cupole in legno che
    rimandano a mondi lontani e alla Betlemme del presepe giocano a confondersi
    con le vecchie baite di Piatta. Presepe nel presepe. Il “Natàl a Plata”
    è ricco di suggestioni più di ogni altro. La prova è nel concorso di
    gente, che sabato notte ha preso parte al “Presèf de’ insùmi”, il
    presepe dei sogni, organizzato dalla comunità parrocchiale del paese. Tutte
    e tre le rappresentazioni hanno fatto registrare il tutto esaurito nella
    piccola frazione di Valdisotto, per l’occasione trasformata in un isola
    pedonale: un occhio ad ammirare il vecchio forno a legna che spicca a sbalzo
    dalla muratura come una misteriosa nicchia e che, rimesso all’opera per
    l’occasione, sforna profumi di biscotto e di segale, un altro a seguire la
    mano esperta dello “sciober” che rammenda le scarpe, del “bekeir”
    (macellaio) che impasta le salsicce o delle nonne che, riunite in un
    crocicchio per sfruttare meglio la luce fioca di una candela, filano il
    lino, pettinano la lana, fanno matasse e gomitoli. Un lavoro paziente,
    sincrono con i colpi ritmici dell’ “escut” che viene battuto sulla
    segale. Si percorre il paese e insieme la storia. Ogni porta che si apre
    spalanca infatti uno squarcio di passato contadino, vecchi mestieri,
    strumenti e abilità che solo i vecchi cercano gelosamente di custodire e
    illudendosi di insegnare ai nipoti. È un fascino misterioso. Contagioso. Il
    sogno diventa ancora più coinvolgente una volta giunti in piazza. Lo spazio
    è il palcoscenico di un grande teatro. La scenografia è maestosa: dalla
    commissione di due celebri affreschi di Giotto, uno nella Basilica di San
    Francesco ad Assisi, l’altro nella Cappella degli Scrovegni di Padova, è
    stato realizzato un fondale di legno compensato alto quasi dieci metri, con
    torri, cupole e palme che portano alla mente lontano, sino a Betlemme. Così
    il miracolo della Natività si rinnova. Grazie ai sogni dei Grandi della
    Storia, “quelli che - ha ricordato il don Giacomo Folini - destano in noi
    l’attenzione su squarci di umane realtà rischiarando le nostre menti”,
    quelli che hanno saputo rendere meno grigia la storia. Mosè che sogna per
    il suo popolo la Terra Promessa. Giosuè che realizza il grande sogno di
    Israele. San Giuseppe che si abbandona senza timore al sogno di Dio. Padre
    Massimiliano Klolbe che ha il coraggio di guardare oltre al filo spinato del
    bunker. La catechista Teresin dei Buràt che riversa sulla piccola comunità
    di Piatta la sua incrollabile fede come esempio di vita, lasciando in eredità
    un sogno da realizzare. Martin Luther King che sogna la libertà e la
    fratellanza tra i popoli. Madre Teresa, la matita di Dio per disegnare la
    Città della Gioia. Papa Giovanni Paolo II che, ai piedi del muro di
    Berlino, sogna la pace tra le Nazioni. Salvo D’Acquisto, soldato di pace,
    presenza discreta nel mondo con il suo sogno di solidarietà. E poi Maria,
    il tenero sogno di una mamma che tiene in braccio il suo bambino: è un
    tenero vagito di salvezza che s’effonde nell’universo. Bravissimi gli
    attori, scelti con cura per essere assolutamente verosimili: chi fa Martin
    Luther King è veramente uomo di colore, chi D’Acquisto è davvero un
    carabiniere mentre il nonno che interpreta il papa - identico in tutto a
    Giovanni Paolo II - si regge a fatica sulle ginocchia, aggrappato soltanto
    alla fede. Sul palco, dove giganteggiano fotografie in bianco e nero che
    fanno venire i brividi (il cancello di Auschwitz, Beirut distrutta dai
    bombardamenti…), portano l’emozione e la forza dei loro grandi sogni,
    così forti e belli che anche il filo spinato del bunker si colora di verde
    speranza. 
    
    D.V.
    
      
    
    Cena
    al pentagono
    
     
    
    Sabato
    17 Gennaio si è tenuta al Pentagono la cena della comunità di Piatta. 
    
    E’
    questo ormai da qualche anno un appuntamento irrinunciabile che vede riunita
    buona parte della popolazione che forse mai, come in questa occasione, ha la
    possibilità e il privilegio di ritrovarsi per un momento tanto importante e
    ricco di significato. 
    
    Grazie
    all’ottima organizzazione, la serata si evolve in un susseguirsi di
    momenti che sono l’espressione di un vissuto, di sentimenti……che fanno
    parte del nostro piccolo nucleo sociale. 
    
    La
    finalità di questo “incontro” è senza dubbio quella di gustare del
    buon cibo che, non dimentichiamo, viene preparato e servito, con classe e in
    modo impeccabile, dagli allievi dell’Istituto Alberghiero di Bormio, ma
    soprattutto e molto più importante, è quella di condividere un po’ di
    “tempo” con gli altri. 
    
    Quest’anno
    poi, in modo particolare, è stato anche motivo per sentirci vicino, dando
    un nostro contributo concreto, ai ragazzi della Centralina di Morbegno con i
    quali don Giacomo e i nostri giovani sono in contatto, e che attraverso la
    persona di don Diego hanno ricevuto questa dimostrazione di solidarietà per
    la quale hanno fatto giungere in parrocchia molti ringraziamenti. 
    
    Altro
    momento di grande sensibilità è stato, a mio avviso, l’esserci stretti
    attorno ad una famiglia che ancora chiusa nel dolore per la perdita della
    propria cara ha potuto sentire il calore dei compaesani nel rivivere dei
    momenti e dei ricordi. 
    
    In
    un clima comunque festoso e sempre di grande giovialità dove anche i
    bambini indisturbati si sono divertiti scorazzando su e giù dalle tribune e
    dalla balconata dello stabile, è giunto anche l’attesissimo momento per
    visionare il filmato di quello che ancora una volta la comunità di Piatta
    è riuscita a realizzare in occasione del Natale: il Presepe Vivente, il
    Presepe dei Sogni. 
    
    Ed
    è con grande orgoglio e con grande commozione che ci siamo rivisti e anche
    un po’ identificati in quelle situazioni e in quei personaggi che con
    tanto impegno e volontà siamo andati a rappresentare. 
    
    E
    poi indipendentemente da qualsiasi risultato e valutazione, la cosa
    importante è il saper mettersi in gioco, fare qualcosa per gli altri, per
    la collettività. 
    
    E
    a coronamento della serata cosa di più bello della musica che con il suo
    linguaggio universale lega tutti, grandi e piccoli, giovani e vecchi in un
    espressione di grande positività. 
    
    Concludendo
    vorrei infine citare una frase stampata sulla carta dei menù che erano in
    tavola quella sera e che ha un significato, secondo me, molto profondo e
    dice: “ La Vita è un tessuto di sentimenti che...diventano fatti. Nella
    comunità in gesti concreti sono comunicazione di vita e risposta a bisogni
    reali “. 
    
    E
    accogliendo il ringraziamento e l’augurio del nostro parroco, possiamo
    proprio dire che anche quest’anno abbiamo realizzato un “SOGNO” :
    stare insieme! 
    
     
    Maria Teresa
     
    
    Giocare
    per crescere
    
     
    
    Quarantuno
    grembiulini azzurri rosa rossi verdi e bianchi animano la scuola materna
    della“Comunità di Piatta”.  Storie
    diverse,  nomi, altezze, pesi
    ,modi di esprimersi, limiti e potenzialità caratterizzano ogni bambino
    rendendolo unico e irripetibile. Chiamano la scuola ad assumersi la
    “responsabilità di educare” di prendersi cura di ogni bambino affinché 
    possa  crescere 
    nella capacità di interagire con gli  
    altri, di ascoltare, di mettersi nei panni di altri, di 
    riconoscere ed esprimere propri sentimenti, di collaborare e di
    comunicare. Le insegnanti vivono con il gruppo esperienze significative e si
    adoperano  affinché la
    relazione possa motivare il bambino ad una partecipazione serena e
    tranquilla  del percorso
    scolastico.
    
     
    
    Il
    gioco sembra essere la modalità ideale; l’attività di gioco parte dal
    bambino stesso e si modifica a contatto del mondo esterno , 
    del  gruppo; 
    si modifica pure man mano che il bambino diventa grande. 
    Emerge dal gioco la versatilità del bambino e quella degli oggetti.
    Giochi meravigliosi che nascono e crescono da parole, oggetti apparentemente
    inattendibili, messi insieme da abilità, da calcoli rapidi e ragionamenti
    sottili, da ipotesi; convivenze di misure, volumi, movimenti, equilibri e
    resistenze per arrivare a forme e rappresentazioni ricche di intenzionalità
    progettualità e creatività. 
    
    Protagonista
    e artefice é il bambino stesso; esso cerca ciò che gli serve per
    realizzare l’idea, si confronta con gli altri, immagina e costruisce, si
    impone o accetta, propone o imita, trattiene ciò che da quella esperienza
    risulta a lui funzionale e significativo. Emergono aspetti simbolici e
    magici  nel gioco di imitazione dove le attività 
    del bambino diventano una trasposizione dell’ambiente in cui 
    cresce. Fondamentale l’aspetto del regolamento e delle norme che
    permettono al gruppo di stare bene insieme. Per il bambino il gioco è lo
    strumento della sua anima, col quale esprime i suoi sentimenti e la sua
    gioia. È la possibilità di costruirsi un mondo fantastico, esprimendosi
    per  apprezzare se stesso e gli altri
    
    . 
    
    Le
    maestre  
    
    Carnevale
    coi nostri bambini
    
     
    
    I
    bambini dell’asilo sono sempre molto entusiasti dell’arrivo del
    carnevale. Quest’anno lo abbiamo festeggiato in modo un po’ diverso dal
    solito, coinvolgendo genitori e bambini in una grande festa. Infatti la
    giornata di giovedì 19 febbraio, noi genitori l’abbiamo trascorsa in
    maschera, all’asilo, divertendo i nostri bambini. Ogni genitore,
    all’insaputa del proprio bambino o bambina si è travestito a suo piacere.
    Al mattino alcune fatine ed un genitore-robot hanno colto di sorpresa i
    bambini che erano in salone. I bimbi erano molto attratti dal robot, il
    quale proponeva giochi e scherzi per tutti. Tra risate e divertimento la
    mattinata è trascorsa velocemente ed in allegria. Giunta l’ora del pranzo
    altri genitori mascherati hanno aiutato a servire le portate premurosamente
    preparate dalle nostre suore.
    
     
    
    Nel
    pomeriggio la festa di carnevale è stata animata da tante mamme e papà che
    si sono mascherati allegramente e con molta fantasia: si sono visti
    pagliacci, diavoletti, nanetti, cuochi, suore,fate, pantere, rane, ecc. Tra
    giochi, balli e tanta musica, abbiamo terminato il pomeriggio con un piccolo
    rinfresco. Un ringraziamento a don Giacomo, alle suore ed alle maestre
    sempre disponibili ed attente alle esigenze dei nostri piccoli. Noi genitori
    ricorderemo con entusiasmo questa bellissima giornata di carnevale vissuta
    insieme in spirito di armonia, collaborazione e gioia fra le mura del nostro
    asilo parrocchiale. 
     Erica
    e Michela 
     
    
    Una
    postina, un pacco gigante...si
    parte in treno !!!
    
    
     
    
    Drinn,
    drinn, drinn,  suona il
    campanello della scuola materna che , interrompe la routine dell’appello e
    della preghiera. Suor Amelia,  annuncia
    ai bambini che c’è posta !!  Arriva
    in salone un enorme pacco bianco, e la postina, dopo essersi sincerata di
    essere tra i bambini della scuola materna di Piatta , ci spiega che il
    mittente del pacco sono: “I bambini della scuola del mondo che vorrei”.
    Si alzano allora delle vocine curiose che dicono: “chissà cosa ci sarà
    dentro il pacco? forse ancora i regali degli alpini… nooo sarà stata la
    fata!!! noo è Don Giacomo!! ma maestre io quella postina la conosco, è
    l’amica della mia mamma e lavora in un negozio! ma io non conosco quei
    bambini!!! leggiamo se c’è il nome del paese dove sono!!! fose ci sono
    dei gocciolatini e tante caiamelle da mangiaie!! Maestre proviamo ad
    aprirlo, io vedo dei colori!!! Sentiamo se è pesante!! forse si sente
    l’odore; c’è un animale, un cane Lillo!!
    
     
    
    Niente
    di tutto ciò; da un buco, le manine dei bimbi tolgono bottiglie di
    plastica, pezzi di stoffa colorata, fogli di carta, giornali, palline da
    ping pong, scatole di cartone, tappi, pezzetti di legno…immediatamente
    questi oggetti anonimi prendono nomi e forme: “Guadate io faccio la
    slitta!! Alto là , ti sparo…,  sono
    per fare i lavori di carnevale…, io divento una fata..., 
    sentite io faccio il rumore…, io faccio una casetta…”.
    
     
    
    Fantasia
    e creatività di ogni bambino si alimentano all’interno del gruppo, 
    e da semplici oggetti, nascono idee, proposte, attività, storie e
    divertimento.
    
     
    
    Manipoliamo,
    costruiamo, disfiamo, classifichiamo e mischiamo; questi oggetti diventano
    il materiale di gioco negli angoli del salone. Gruppetti misti di bambini,
    sperimentano l’uso di materiale povero e diverso, che si trasforma in
    continuazione e che vede il bambino artista e protagonista di queste
    trasformazioni. Ora il materiale è nascosto all’insaputa dei bimbi sotto
    un grande telo, e correndo con fantasia intorno al mondo, ci si 
    ferma nelle varie città e si esplora: prima con i piedi, poi con le
    mani, con il viso, la schiena…. sentiamo dei rumori, 
    sentiamo parti molli e dure…..diciamo come ci siamo sentiti durante
    questa esperienza “mi è piaciuto correre intorno al telo, mi ha fatto
    male i pollici, ho sentito una bottiglia con il ginocchio…”. 
    
    Durante
    la ginnastica questo materiale lo si usa per fare delle staffette e dei
    percorsi; in classe, plastica, carta, legno e stoffa sono utili per le
    schede delle competenze, costruiamo con questo materiale i nostri amici
    assenti; con plastica e carta realizziamo la maschera di carnevale….. 
    
    Infine
    il materiale si è trasformato in un castello; in una mongolfiera che porta
    una principessa al castello; in una città con il ponte; in un bellissimo
    treno con il capomacchina e in tante altre piccole forme “ maestre noi
    abbiamo fatto il pacco regalo, noi il computer, la scatola che si prendono i
    biglietti, la luce di tanto tempo fa che si andava in stalla dalle mucche,
    la stanza con il tesoro nascosto…”.
    
     
    
    Dopo
    tanto lavoro, e tante creazioni, decidiamo di uscire a spasso nella nostra
    città e di osservare con attenzione lungo la strada. “maestre ci sono
    i prati con le cacche delle mucche, guardate il cielo è azzurro, 
    vedo il campanile di Oga, ci sono le chiese, le finestre sono un
    po’ chiuse e un po’ aperte, ci sono le nonne sulle strade, vicino alle
    case ci sono scritti i numeri, e anche le colorate 
    (le decorazioni) intorno alle finestre, in questa casa ci sono i
    segni, le tagliate, non sono le crepe, guardate c’è in cielo un
    elicottero che lascia una riga perché va veloce come un treno….”
    
     
    
    Vista
    la nostra città,  sembra
    importante e divertente per poter meglio costruire un treno ed un castello,
    andarli a visitare. Con il parere positivo del nostro don Giacomo, in tutta
    velocità prepariamo la  gita a
    St. Moritz, con il trenino. La preziosa e puntuale 
    collaborazione dei genitori  ha
    reso possibile la partenza per il 12 marzo. Bambini e maestre, con uno zaino
    carico di entusiasmo e di gioia, hanno trascorso una giornata da non
    dimenticare: “ma maestre io non sono mai gito sul treno, ci sono tanti
    vagoni, è di colore rosso, c’è il controllore con la pistola, dobbiamo
    stare seduti, guardate c’è un ponte, ci sono gli asini e le galline in
    questo paese,  ma sul treno c’è
    un bagnetto piccolo, a casa mia è grande, quando io sono andato al mare il
    treno era più lungo, una specie di castello, nooo è una casa, quando siamo
    arrivati? ma dopo torno dalla mia mamma? maestra c’è un cane sul treno
    che dorme, guardate sta arrivando un treno con la fresa, ma cos’è una
    stazione, ma è ancora lungo il tempo per arrivare?   
    
     
    
    Non
    resta che rimetterci al lavoro per realizzare i nostri progetti; a fine
    maggio sarete invitati ad essere  ospiti
    della nostra città , del nostro castello e chissà, forse potrete anche
    salire a fare un viaggio fantastico sul 
    meraviglioso treno della scuola materna di Piatta!
     
    
    Le
    maestre 
     
    
    Sport
    da Piatta 
    
    alla
    Cina
     
    
     
    
    Sono
    Gabriella e sono molto contenta di poter scrivere sul giornalino per farvi
    conoscere il mio sport. Pratico short-track da 12 anni e da 2 faccio parte
    della squadra nazionale junior. Ho mosso i miei primi passi sul ghiaccio
    all’ età di 5 anni come divertimento ma con il passare del tempo ho
    capito che stava diventando una vera passione e ho deciso di portarla avanti
    con interesse. Purtroppo lo short-track è uno sport giovane e povero e
    questo fa capire che le persone che lo praticano lo fanno per piacere e
    soddisfazione, non per soldi come sta succedendo nella maggior parte degli
    altri sport. Lo short-track è diventato ufficialmente specialità olimpica
    dal 1998 a Nagano, dove abbiamo visto partecipi anche i nostri atleti, nel
    2002 a Salt Lake City dove abbiamo ottenuto la medaglia d’argento nella
    staffetta e il prossimo appuntamento sarà per il 2006 a Torino. Io a questo
    sport dedico molto tempo, infatti l’attività, sia estiva sia invernale
    dura 10 mesi all’anno, facciamo circa 5 allenamenti per settimana di 1 ore
    e 30, tranne quando mi convocano a ritiro in nazionale dove pratico 2
    allenamenti al giorno di 2 ore ciascuno, inoltre da novembre a marzo il
    sabato e la domenica sono impegnata a fare gare. Per me questo sport ha
    rappresentato e rappresenta ancora una crescita umana, mi ha aiutato a
    capire che nella vita non bisogna mai lasciarsi andare, bisogna lottare per
    conquistare i propri obbiettivi anche nei momenti dove sembra impossibile ma
    per farlo bisogna impegnarsi, faticare, avere costanza e alcune volte anche
    soffrire. In questi anni di attività ho conosciuto molte persone, ho
    imparato a socializzare e mi sono integrata in un gruppo sportivo splendido
    e unito. Ho ottenuto molte soddisfazioni in questo sport: sono stata più
    volte campionessa regionale e italiana, ho partecipato alle gare
    internazionali a Budapest, Mannheim, Trnava, Dresda, ma l’esperienza più
    fresca ed emozionante è stata la partecipazione ai campionati del mondo
    juniores in Cina, precisamente a Pechino, dove ho ottenuto mediocri
    risultati anche per non aver corso l’ultima giornata di gare a causa di
    una caduta. Per quanto mi riguarda i mondiali hanno rappresentato per me un
    esperienza splendida che ha premiato tutti i miei sacrifici che ho fatto in
    questi anni, nella speranza di riceverne tanti altri, magari di ottenere la
    convocazione ai mondiali anche per la prossima stagione. Un consiglio che
    voglio dare a tutti i giovani è di praticare uno sport agonistico perché
    vi aiuta molto nella vita ma soprattutto nell’ età adolescenziale, vi fa
    provare esperienze ed emozioni nuove, magnifiche, indimenticabili ma
    soprattutto irripetibili.  
    
    Gabriella
    
     
     
     Mente
    sana in corpo sano
    
     
    
    Il
    clima non è ancora dei migliori, la mattina e la sera sono ancora piuttosto
    fresche, ma sta tornando, pian piano la primavera; 
    il gelo torna in letargo, speriamo fino al prossimo inverno e tocca a
    noi, agli sportivi, risvegliarsi, darsi una mossa e riprendere gli
    allenamenti. È vero che siamo ancora in periodo pasquale, dove la preghiera
    e la meditazione regnano sovrane; ma se è puro per l’anima il fatto di
    confessarsi e comunicarsi almeno per Pasqua, è pur sano e non certo
    scandaloso per il corpo se ricominciamo ad usare il nostro campetto per
    allenare i muscoli in vista del ormai classico appuntamento con il torneo di
    calcetto di fine aprile. Contiamo sempre di avere un buon numero di
    partecipanti e crediamo che qualche squadra abbia fatto anche una buona
    campagna acquisti, durante la stagione morta. Non abbiamo certo i milioni di
    euro che ruotano attorno al calcio professionistico, ma pur sempre uno
    spirito giovane ed anche un po’ atletico che ci incitano a continuare ad
    essere un po’ come i bambini. Allora forza di spirito e coraggio:
    rituffiamoci in un’altra stagione di corsa, di serate in compagnia
    all’aria aperta, di pomeriggi all’insegna dello sport e del
    divertimento. Ah! Dimenticavo. Lo scorso anno al giovedì sera, si giocava
    anche a pallavolo; se qualcuno fosse interessato fate passare la voce, con
    un po’ di allenamento si può arrivare a proporre per l’estate anche un
    torneo di questo tipo. Mente
    sana in corpo sano. 
    
    Giuly 
     
    
    
    Il
    Miele 
    
    
    “ UN
    MIRACOLO” DALLA NATURA
    
     …
    Un po’ di storia… 
    
    Prima
    dell’impiego della canna, per la produzione dello zucchero, il miele è
    stato il dolcificante impiegato più largamente e nei modi più svariati.
    Per gli antichi Egizi era un alimento talmente prezioso che doveva
    accompagnare i defunti anche nelle tombe, dove sono stati rinvenuti vasi dal
    contenuto ancora commestibile. Per i Greci era il cibo degli eroi e degli
    dei; i medici del tempo, come Ippocrate, lo descrivevano anche come
    antisettico e cicatrizzante ad azione topica. Per i Romani era un alimento
    di largo consumo. Con l’introduzione e l’estensione massiccia del
    consumo di zucchero di canna, il miele ha visto restringere il suo mercato e
    ha acquistato la funzione di un prodotto destinato alla produzione di dolci
    tradizionali o per usi particolari (cosmetici e medicamentosi). 
    
    
     
    
    …
    Ai giorni nostri…
     
    
    La
    scienza nutrizionale e la medicina tradizionale ne stanno riscoprendo e
    valorizzando i pregi alimentari e medicamentosi, tanto che, secondo alcuni
    esperti, il miele, deve essere considerato come un componente obbligatorio
    nell’alimentazione quotidiana. 
    
     
    
     
    
    …
    il suo valore nutritivo… 
    
    Il
    miele è un alimento di elevato pregio nutrizionale caratterizzato da
    un’azione energetica, da una facile digeribilità e completezza di
    oligoelementi e sostanze bioregolatrici. Per il suo contenuto di glucidi,
    soprattutto glucosio e fruttosio, il miele costituisce un alimento
    energetico per eccellenza. Rispetto allo zucchero raffinato (saccarosio)
    fornisce un quantitativo minore di calorie di rapida utilizzazione, con
    potere dolcificante 25 volte superiore a quello del saccarosio e con
    un’azione cariogena inferiore a quella dello zucchero raffinato. Inoltre,
    il miele contiene elevate quantità di fruttosio che esercita una funzione
    protettiva e disintossicante sul fegato. La facile digeribilità è dovuta
    al fatto che la maggior parte dei glucidi sono presenti in forme semplici e
    non richiedono ulteriori demolizioni. La presenza di enzimi concorre ad
    attivare i processi digestivi. Il buon contenuto di vitamine (gruppo B, C,
    acido folico e acido pantotenico) spiega la favorevole azione del miele
    sulla resistenza dei capillari e sulla nutrizione delle cellule nervose. Le
    sostanze ad azione antibiotica esercitano un potenziamento delle difese
    contro le malattie infettive. 
    
     
    
     
    
    …
    è indicato… 
    
    Per
    gli sportivi, per coloro che fanno vita intensa anche intellettualmente, per
    convalescenti e durante la gravidanza e allattamento. I bambini se ne
    avvantaggiano per la crescita ed il moto, gli anziani per una sana
    vecchiaia. 
    
     
    
     
    
    …
    i settori dell’organismo che traggono beneficio dal consumo di miele…
    
     
    
    Prime
    vie respiratorie, azione decongestionante e
    calmante della tosse. 
    Muscoli,
    aumento della potenza fisica e della resistenza. 
    Cuore,
    azione cardiotropa. 
    Fegato,
    azione protettiva e disintossicante. 
    Apparato
    digerente, azione protettiva, stimolante e regolatrice 
    Rene,
    azione diuretica. 
    Sangue,
    azione antianemica. 
    Ossa,
    fissazione del calcio e del magnesio. 
    
    …
    piccoli consigli…
     
    L’ottimo è un consumo costante di 30 g di miele al
    giorno. 
    La cristallizzazione del miele avviene per processo naturale, per
    riaverlo liquido è sufficiente riscaldare il vaso a bagnomaria senza
    superare i 45° centigradi. 
    Indicato in caso di febbre ed influenza: latte bollito con alcune
    foglie di salvia, quando diventa tiepido addolcire con un cucchiaio di
    miele. 
    Per gli sportivi, prima di una competizione (per reintegrare le
    sostanze minerali che si “perdono” con lo sforzo), preparare una
    camomilla, quando è tiepida addolcire con miele. 
    …
    per finire…
     
    
    La
    natura ci offre tanti piccoli miracoli, uno di questi è il miele,
    ringraziamo il Signore per questo dono. 
    
    …
    non dimentichiamolo..
     
    
    Il
    miele è frutto del lavoro di milioni di api. Anche noi, come comunità
    parrocchiale, possiamo essere paragonati ad un alveare, con la preghiera e
    il lavoro di squadra possiamo diventare come una goccia di miele per
    l’umanità. 
        
        Nadia 
     
    
    
    I Canedèl
    (Canederli)
    
    
    
    Ingredienti:
     
     
        
    Quattro
    o cinque panini raffermi 
        Due uova intere 
        Un
    salamino nostrano e mezzo 
        80 gr. di pancetta piana 
        100
    gr. di mortadella 
        Una manciata di sale 
        Prezzemolo
    tritato 
        Cannella 
        Quattro cucchiai di farina bianca 
        Brodo di carne misto 
        Noce
    moscata 
        Formaggio
    grana 
        (Manzo,
    Pollo, Vitello)
     
    Preparazione: 
        
    Preparare il brodo di carne senza
    verdure, tagliare a pezzetti il pane raffermo, tagliare a dadini
    piccolissimi i salumi e cospargerli con la farina bianca. Unire al pane le
    uova, i dadini di salame, il formaggio grana, il prezzemolo, la noce moscata
    e la cannella. Aggiungere un mestolo di brodo caldo e amalgamare bene.
    Spolverare le mani di farina bianca e formare delle sfere (Canèdèl) poco
    più grosse di una pallina da ping pong. Cuocere nel brodo bollente per
    venti minuti abbondanti. Servire con del brodo ben caldo.
     
    
      
        
    La Poìna
    (Ricotta)
    
         
    Ingredienti:
     
    
         
    Siero 
        Latticello 
        Aceto
    citrico 
        Acqua 
         
     
        
    Attrezzi:
    
         
        
    Pentolone 
        Mestolo 
        Paletta forata 
        Termometro 
        Recipiente bucato 
     
    Preparazione:
    
    Portare ad ebollizione fino
    a 70° C il siero (saròn) liquido rimasto dalla produzione
    del formaggio. A
    questo punto aggiungere il latticello (pen), liquido rimasto dalla
    produzione del burro. Quando
    la temperatura raggiunge gli 87° C aggiungere l’aceto citrico (magneto di
    solfato) disciolto nell’acqua. Avvenuta
    la coagulazione, raccogliere il prodotto ottenuto con una paletta forata.
    Disporre
    in un recipiente bucato e lasciare raffreddare la ricotta (poìna)
    ottenuta. 
         
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